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Scandalo Oxfam: perché è scoppiato e quali conseguenze per le ong

Di
Lorenzo Bagnoli, Osservatorio Diritti, 26 febbraio 2018

Da Haiti
all’Italia: ecco da dove arriva lo scandalo degli abusi sessuali che ha
travolto la ong britannica Oxfam e quali sono i pericoli che porta ora con sé
anche per le altre organizzazioni non governative. Il direttore generale di
Oxfam Italia, Roberto Barbieri, fa un’analisi in un’intervista a Osservatorio
Diritti

Donazioni
a rischio. Credibilità in picchiata. Sfiducia nel sistema sempre più diffusa.
Sono tre delle conseguenze dello scandalo
Oxfam
. Conseguenze che non toccano solo l’ong britannica: da Londra,
hanno contaminato prima tutta l’organizzazione, poi tutto l’ambiente dell’aiuto
umanitario.
Come per
il caso Weinstein, da un primo episodio di molestia sessuale ne stanno
emergendo tanti altri, finora taciuti. Casi che vanno dallo sfruttamento della
prostituzione al comportamento inappropriato. In quest’ultimo insieme rientrano
una serie di messaggi mandati da Justin Forsyth quando era direttore di Save
the Children. Il 22 febbraio si è dimesso
da numero due dell’Unicef, l’organizzazione per la quale lavorava.
Lo
scandalo Oxfam da Haiti alla Gran Bretagna
Ciò che è
avvenuto ad Haiti con Oxfam
Gran Bretagna, intanto, ha prodotto la sospensione della missione della ong
nell’isola caraibica. Quello che ormai è accertato è che sette persone della
missione post sisma, nel 2011, dell’ong britannica, hanno molestato delle donne
che si sono prostituite e hanno minacciato i testimoni dei loro festini. Come
ricostruito da Osservatorio Diritti, il capo missione Roland van Hauwermeiren è
stato protagonista di altri episodi simili, secondo i quotidiani inglesi.
Per
questo, di fronte alla Commissione del Parlamento britannico, l’amministratore
delegato di Oxfam Gran Bretagna, Mark Goldring, la presidente del consiglio di
amministrazione, Caroline Thomson, e la direttrice esecutiva di Oxfam
International, Winnie Byanyima, hanno chiesto scusa per quanto accaduto.
Goldring
ha anche chiesto scusa per aver reagito, nei giorni scorsi, dicendo che Oxafam
«non ha ucciso bambini di Haiti nelle culle». Un commento inappropriato, che
però indica le proporzioni dello scandalo: ciò che sta andando addosso ad Oxfam
è percepito come fuori misura rispetto alle responsabilità imputabili alla ong.
Colette
Lespinasse, avvocato dei rifugiati ad Haiti, spiega alla Thomson
Reuters Foundation
: «Non trasformiamo Oxfam nel capro espiatorio di
tutto il settore». Le stesse molestie, ad Haiti, riguardano tutti i settori,
sostiene l’avvocato.
Direttore
Oxfam Italia: «Comportamenti inaccettabili»
«In
questa fase non devono essere tenuti nascosti gli errori da parte di Oxfam. Non
si può fuggire da questa cosa, non si può ricondurre tutto unicamente alla
logica del complotto, seppure segnali di un attacco al ruolo del non
governativo nell’aiuto umanitario si possono leggere nella sequenza di atti
accaduti negli ultimi mesi. Ma noi vogliamo partire dai fatti, rispondendo nel
merito come abbiamo fatto in questi giorni», dice a Osservatorio Diritti Roberto
Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia.
L’affiliata
italiana non ha nulla a che fare con l’episodio, ma è inevitabile il suo
coinvolgimento – sul piano mediatico e nella ripercussione sui finanziamenti –
vista l’entità dello scandalo.
Barbieri
riconosce gli errori del personale di Oxfam Gran Bretagna ad Haiti.
Comportamenti «inaccettabili».
«In primo
luogo, non dimentichiamocelo mai, (sono comportamenti inaccettabili, ndr) per
le comunità e le persone vulnerabili con cui lavoriamo e che dobbiamo garantire
e proteggere. Per cui per noi anche un solo caso è troppo ed è inaccettabile».
Dopo
Haiti, prosegue Barbieri, politiche e procedure interne sono migliorate molto,
«ma non siamo ancora soddisfatti. Da qui il nostro annunciato piano di azione
che riguarderà l’intera confederazione», aggiunge.
Barbieri
ricostruisce lo scandalo Oxfam dal 2011 a oggi
L’audizione
in Commissione parlamentare è stata molto dura e lo stesso primo ministro
britannico, Theresa May, il 18 febbraio ha definito «orribile» il comportamento
dello staff di Oxfam ad Haiti.
«Ci viene
chiesto in questi giorni – prosegue Barbieri – se l’effetto di tutto questo sia
fuori da ogni prassi, se sia sproporzionato. Non spetta certo a noi giudicarlo,
soprattutto in questo momento», dice Barbieri. Che tiene a chiarire qualche
punto della discussione in corso:
«I
colleghi britannici però non avevano coperto, ma invece denunciato l’apertura e
la chiusura dell’indagine interna. Avevano definito i motivi dell’inchiesta “violazione
del codice di comportamento” e non “prostituzione” perché altrimenti, visto che
la prostituzione ad Haiti è illegale, anche le ragazze – e non solo il nostro
staff – sarebbero state denunciate alle autorità locali».
«La
decisione dell’epoca è stata quella di non farlo. Come ho spesso ribadito in
questi giorni, avremmo potuto decidere diversamente, ma questo è ben diverso
dall’aver coperto o voluto insabbiare i fatti, altrimenti non avremmo
denunciato pubblicamente».
L’effetto
di quella scelta – che oggi appare inappropriata proprio perché giustifica chi
parla di “clima di impunità” – getta fango sull’intera organizzazione. «La
domanda che ci si pone in Inghilterra è: “Tu che non sei in grado di gestire le
situazioni al tuo interno, che credibilità hai per intervenire?”». Una domanda
che rischia di distruggere il senso dell’intervento umanitario, delle denunce
delle ong, delle campagne e dei risultati – importanti – ottenuti. Che oggi si
applica a Oxfam, ma che un domani, se non si pone un rimedio, potrebbe coinvolgere
qualcun altro.
Il
contesto: #MeToo e ong sotto tiro
«La
sensibilità dei media e del pubblico sull’argomento molestie sessuali è
aumentato dopo la campagna #MeToo»,
fa notare Roberto Barbieri. Di per sé, questo è un fatto positivo. Il problema,
in particolare per il dibattito italiano, è che le ong vengono da un periodo di
forte discredito, cominciato con l’estate 2017 e la bufale dei “taxi del
Mediterraneo
”.
Per
quanto fino ad oggi Oxfam abbia cercato di non allargare i confini dello
scandalo ad altri, non si può contenere un’onda anomala di queste dimensioni,
che rischia di mettere in discussione tutto il sistema ong. Dalle quali,
finora, non ci sono state risposte unitarie.
L’isolamento
delle reazioni di oggi ricorda un altro frangente in cui il sistema ha
dimostrato di essere sfaldato: l’introduzione del codice di
condotta
per i salvataggi in mare. Quel codice rappresentava la
conclusione della campagna di delegittimazione, cominciata su degli errori –
eventuali –  di una singola
ong
, non di tutte quelle in mare. La risposta fu che alcune
organizzazioni l’accettarono, altre no. Il risultato è che le missioni in mare
si sono fortemente ridotte dalla sua applicazione.
«Tutti
noi del terzo settore dovremmo riflettere su come l’intero nostro sistema sia
fragile laddove qualche organizzazione, soprattutto se particolarmente nota,
sbaglia. Automaticamente le responsabilità di pochi si spostano all’intero
settore, screditandolo», ragiona Barbieri.
La
risposta dovrebbe essere maggiore unità, come non è avvenuto l’ultima estate:
«È importante essere uniti sulle questioni di fondo, come nel caso della difesa
dei principi umanitari che hanno riguardato le ong in mare la scorsa estate. E
anche condividere maggiormente metodi, alzare ulteriormente gli standard
nell’accountability, nel dare conto, uscendo dalle logiche dei singoli, perché
questo è, e deve essere, un nostro punto di forza verso partner e cittadini»,
aggiunge Barbieri.
Il modo
per far male, per altro, è semplice: tagliare i fondi. L’agenzia britannica ha
sospeso circa 32 milioni di sterline. Una posizione simile sarà probabilmente
adottata anche dall’agenzia svedese. Due direzioni generali della Commissione
europea, Devo e Eco, hanno intrapreso lo stesso percorso. Il risultato primo e
certo sarà quantomeno un ritardo nell’erogazione di fondi ad Oxfam. E il
rischio è che la storia non si chiuda qui.