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Con Bolton nella stanza dei bottoni si aggraverà lo scontro tra Usa e Iran

Di
Michele Giorgio, Nena News, 24 marzo 2018

Il nuovo
consigliere per la sicurezza nazionale scelto da Trump è un accanito oppositore
dell’intesa del 2015 con Tehran appoggiata da Barack Obama. Israele esulta.
Torna sul tavolo l’”opzione militare” contro le centrali atomiche iraniane
John
Bolton e la ministra israeliana Ayelet Shaked
Gerusalemme – Da Washington giungono nuove buone notizie per il
governo di
destra di Benyamin Netanyahu. Il
riconoscimento di Gerusalemme
come
capitale di Israele fatto a dicembre da Donald Trump è stato
solo l’inizio di un idillio senza
precedenti nella pur stretta alleanza
tra Usa e Stato ebraico. La nomina a Consigliere per la sicurezza nazionale di John Bolton, anima e
volto dell’America più
conservatrice e imperialista,
pochi giorni dopo il licenziamento del
Segretario di stato “moderato” Rex Tillerson e la sua sostituzione con il falco Mike Pompeo, ha messo
Donald Trump alla testa di un
‎‎”consiglio
di guerra” a tutti gli effetti che concentrerà la sua
attenzione sull’Iran e lavorerà
per demolire l’accordo internazionale
del 2015 sul programma nucleare iraniano (JCPOA). Ogni scenario sarà possibile. Bolton dovrà
gestire anche il dossier Corea del Nord
.‏‎ 

Teorico
dell’invasione dell’Iraq ai tempi di George W. Bush
‎‎(raccontò ovunque falsità per
giustificarla), ex inflessibile
ambasciatore Usa all’Onu, nettamente contrario all’indipendenza palestinese, Bolton è anche un
oppositore accanito del JCPOA e per
tre anni ha chiesto, dai microfoni di Fox News, che gli Stati Uniti abbandonino l’accordo. Non sorprende che Israele ieri
abbia
applaudito alla scelta di Trump.
La ministra della giustizia Ayelet
Shaked ha sottolineato che «Il presidente Trump continua a nominare veri amici di Israele in posizioni di alto livello». Su twitter il ministro
dell’istruzione Naftali Bennett ha definito
Bolton, «uno straordinario specialista di
sicurezza, un diplomatico
esperto
e un amico fedele di Israele»
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Con
Pompeo e Bolton nella
stanza dei bottoni, il governo
Netanyahu è sicuro Trump a maggio
non certificherà il JCPOA e, ritirando l’adesione degli Stati Uniti, decreterà la fine dell’accordo
internazionale con Tehran.    
‎‎
L’Ue
vuole salvare l’intesa ma i tentativi messi in campo da Gran
Bretagna, Francia e Germania per
assecondare l’intimazione  di
Trump di  “aggiustare” l’accordo con Tehran, probabilmente risulteranno inutili. Il
presidente Usa vuole pesanti sanzioni contro
il programma iraniano di costruzione di missili balistici,
chiede
accesso libero e in qualsiasi
momento per gli ispettori nucleari
internazionali agli impianti iraniani (in particolare a quello di Parchin) e insiste per prolungare
il limite di tempo imposto a
Tehran
per le sue produzioni atomiche. Nessuno tuttavia conosce
quali siano per Trump i risultati
accettabili per rimanere
nell’accordo. Gli europei
sarebbero pronti a sanzionare lo sviluppo
dei missili balistici iraniani a lunga gittata. Ma Trump probabilmente vuole che Tehran
rinunci anche quelli a medio e
corto
raggio in grado di raggiungere Israele, l’Arabia saudita e le
basi Usa sparse nel Golfo. E
l’Iran, senza una moderna aviazione
militare, non accetterà mai di cessare la produzione di missili a
corto
e medio raggio privandosi di
un’arma efficace in una regione dove
ha molti nemici.
A
Washington un po’ tutti prevedono che gli Stati Uniti e gli
europei non potranno concordare le
modifiche al JCPOA. Quindi
l’uscita
americana dall’intesa internazionale con l’Iran è certa. E ciò,
sottolineano alcuni esperti
israeliani a commento della nomina di
John Bolton, pone di nuovo sul tavolo «l’opzione militare», ossia il bombardamento da parte di Israele
e Usa – o solo di Israele con
l’approvazione
americana – degli impianti nucleari israeliani che
Barack Obama aveva escluso.
Israele in sostanza avrà l’opportunità
di attuare la “dottrina Begin” di attacco “preventivo” contro impianti nucleari veri o
presunti in costruzione da parte dei
suoi avversari, in modo da rimanere l’unica potenza atomica (non dichiarata) nella regione. Per
questo non è un caso che proprio
qualche giorno fa, tra la nomina di Pompeo e quella di Bolton, il governo Netanyahu abbia ammesso di
aver distrutto, 11 anni fa, un
sospetto
sito nucleare in Siria. Una ammisione fatta per mandare un
messaggio chiaro all’Iran ora che
il JCPOA scricchiola. E forse non
è un caso neppure che il quotidiano israeliano Haaretz ieri abbia riferito dei «sospetti» che desta fra i «ricercatori americani» un «misterioso impianto sotterraneo» ancora in Siria, a due chilometri dal confine con il
Libano.
Intanto
vanno a gonfie vele le vendite di armi Usa all’Arabia
saudita. L’erede al trono Mohammed
bin Salman pagherà con un
miliardo
di dollari per l‘acquisto di 6.500 missili americani. A
Riyadh è consentito possedere
missilisti balistici, all’Iran no. Il
principe, nei giorni scorsi in visita a Washington, inoltre ha annunciato investimenti sauditi
per 400 miliardi di dollari
nell’economia
americana nei prossimi dieci anni.