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Terrorismo e migranti, i soldati italiani in Niger e il segnale forte

FIORENZA SARZANINI 25.12.2017

La scelta del governo di inviare un contingente di soldati in Niger pone l’Italia al centro della scena internazionale. 

E serve anche a rivendicare il ruolo del nostro Paese in Africa, nella lotta contro il terrorismo e contro i trafficanti di essere umani. 

Strategicamente si tratta di una decisione giusta, anche perché segue la linea già tracciata in Libia, affiancando il governo di Al Serraj nel tentativo di pacificazione dello Stato per arrivare a controllare in maniera efficace del territorio. 

I militari si uniranno alle truppe locali e agli altri reparti di dieci Paesi – Stati Uniti, Francia Germania in testa – già impegnati in quell’area. 

E potranno far valere la propria specializzazione nel controllo delle frontiere.

Una missione importante, dunque, che necessita delle forze migliori.


Ecco perché sarebbe altrettanto giusto lanciare un segnale forte spostando in Niger i soldati che sono attualmente impegnati in Iraq nel presidio della diga di Mosul. 

I piani del governo prevedono che il numero di quei soldati sia ridotto, ma rimanendo comunque almeno in 300. 

In vista del voto del Parlamento si potrebbe invece valutare la possibilità di farli tornare tutti a casa, anche per dare un messaggio efficace a dimostrare che in quella Regione i terroristi dell’Isis sono stati sconfitti. 

E per evitare di esporli a ulteriori pericoli che possono nascere da contrapposizioni interne tra forze governative e peshmerga.