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I migranti spariscono dai titoli, ma tornano a riempire i gommoni…

Marco Perduca 20/12/2017
Secondo il rapporto Onu sulle migrazioni internazionali pubblicato lunedì 18 dicembre, sono circa 258 milioni le persone hanno lasciato i loro paesi di nascita e ora vivono in altre nazioni – un aumento del 49% rispetto al 2000, quando rappresentavano il 2,8% della popolazione mondiale, oggi siamo al 3,4%.

Il rapporto segnala che la percentuale di persone che vivono in paesi ad alto reddito è passata dal 9,6% del 2000 al 14% nel 2017. “I nostri dati mostrano in modo schiacciante che i migranti generano benefici economici, sociali e culturali per le società dove arrivano”, ha detto il segretario generale António Guterres nel suo messaggio per commemorare la Giornata internazionale dei migranti che si celebra ogni anno il 18 dicembre, “eppure, l’ostilità nei loro confronti sta purtroppo crescendo in tutto il mondo. La solidarietà con i migranti non è mai stata quindi più urgente”. Secondo Guterres, i cambiamenti climatici, l’instabilità e le crescenti disuguaglianze significano che “la migrazione è qui per rimanere” e che “nessun paese può gestire la migrazione internazionale da solo”.
A settembre 2016, tutti i 193 stati membri delle Nazioni unite, Stati Uniti inclusi (uno degli ultimi atti della presidenza Obama) hanno adottato la Dichiarazione di New York per rifugiati e migranti. Firmando la Dichiarazione, disconosciuta da Donald Trump all’inizio di dicembre, i governi del mondo hanno concordato di attuare politiche migratorie ben gestite e si sono impegnati a condividere quanto più equamente possibile l’onere di ospitare i rifugiati. Hanno inoltre accettato di proteggere i diritti umani dei migranti e di contrastare la xenofobia e l’intolleranza verso i migranti in vista dell’adozione di un patto globale, global compact, sul tema da definire nel corso del 2018.
Tra il 2016 e il 2017, due terzi dei migranti vivevano in soli 20 paesi, il numero più grande – 49,8 milioni, pari al 19% del totale globale – era negli Stati Uniti; seguono Arabia Saudita, Germania, Russia e Regno unito.
E in Italia?
Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 30 novembre 2017 sono sbarcate in Italia 116.076 persone – Una netta diminuzione rispetto allo stesso periodo del 2016, quando arrivarono 173.015 persone (-33%). A novembre 2017 sono sbarcati 5.371 migranti, contro i 13.500 del novembre 2016. Da luglio a novembre 2017 sono arrivati 32 mila migranti, erano 100mila nel 2014, 73mila nel 2015 e 114 mila del 2016.
Secondo quanto registrato al 31 ottobre di quest’anno, i paesi di provenienza sono: Nigeria (16,6%, 17 mila persone), Guinea (9%, 9 mila persone), Bangladesh (8,5%, 8.800 persone) e Costa d’Avorio (8,5%, 8.800 persone). Seguono Mali, Sudan, Senegal, Eritrea, Gambia. Si tratta soprattutto di uomini (il 74%) con un numero considerevole di minori non accompagnati (il 14,5% degli arrivi).
Gli sbarchi avvengono soprattutto in Sicilia (64%, ma fino a pochi mesi fa questa percentuale era del 90%) e Calabria (20%), seguite da Campania (6%), Puglia (5,5%) e Sardegna (4,5%). I dati circa il riconoscimento di status di rifugiati dovrebbero essere resi noti a breve. Si registra un leggero aumento nel riconoscimento di permessi di asilo e protezioni a fronte dalla discriminazione negativa nei confronti di chi si vede rigettare la richiesta a cui è stata cancellato un grado di giudizio.
La riduzione degli arrivi è frutto delle mutate politiche del governo Gentiloni messe in atto dal Ministro degli interni Marco Minniti che all’inizio dell’anno ha siglato accordi bilaterali colle autorità libiche del Governo di al Serraj e obbligato le organizzazioni non-governative attive nelle acque italiane e internazionali nel salvataggio di migranti a sottostare a una serie di regole contrarie alla loro natura e, molto probabilmente, al diritto internazionale.
Ma se il mutato atteggiamento dell’Italia ha avuto drammatiche conseguenze “solo” per chi è costretto a passare dalla Libia per cercare una vita migliore in Europa, la decisione degli Usa è potenzialmente un disastro. Nell’annunciare l’uscita di Washington dagli accordi del settembre del 2016, l’ambasciatrice degli Stati Uniti Nikki Haley ha detto che la dichiarazione “semplicemente non è compatibile con la sovranità degli Stati Uniti” e “incoerente con le politiche di immigrazione e di rifugiati degli Stati Uniti” sotto il presidente Donald Trump.
Il salvataggio di chi fugge, la sua accoglienza e il rispetto dei diritti umani di chiunque, sono invece compatibilissimi con la Costituzione italiana che all’articolo 10 recita che “lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”.
Il migrante certe cose non le sa, chi governa, o si candida a governare un paese sì, non smettiamo di ricordarglielo.