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Odissea Afghana

In migrazione
Il viaggio drammatico da Kabul
all’Italia dei richiedenti asilo afghani. 
In fuga da persecuzioni e guerre.


Più di 5.000 chilometri percorsi a piedi, nascosti sotto e dentro camion, su gommoni e barchette
sgangherate. Un viaggio lungo anni vissuti tra pericoli, umiliazioni, paura e soprusi. Decine di
migliaia di Euro consegnati a contrabbandieri senza scrupoli. Questa in sintesi l’odissea che
migliaia di afghani vivono ogni anno, in molti casi senza riuscire a giungere a una meta sicura.
Vittime della brutalità dei trafficanti, soffocati nei rimorchi dei camion, calpestati dalle ruote
dei tir, annegati in balia del mare, raggiunti da pallottole di eserciti e polizie delle frontiere,
vittime di brutalità nelle carceri: spesso il viaggio per trovare la libertà e provare a sopravvivere
finisce invece con la morte.
Se capita di nascere nel posto sbagliato e nel tempo sbagliato puoi solo sperare nella fuga
per salvarti la vita. Ma l’uscita dal proprio paese insicuro non coincide affatto con la salvezza.
Il viaggio spesso è altrettanto pericoloso e drammatico della persecuzione che si vive nella
propria terra. Sono tanti i profughi che vivono sulla loro pelle questa situazione nel mondo,
quasi 43 milioni. Ma è l’Afghanistan il paese d’origine con il maggior numero di rifugiati (2,7
milioni), con una media di un rifugiato su quattro nel mondo. Decenni di guerre, dittature e
instabilità mai risolte, in un contesto di poteri parcellizzati, tribali e feudali, collusi spesso con
la criminalità e le fazioni armate, rendono l’Afghanistan tra i più bassi nell’Indice Globale dello
Sviluppo Umano.
Il viaggio degli afghani inizia spesso da bambini e passa attraverso un enorme numero di
nazioni finendo addirittura in età adolescenziale quando va bene, adulta quando gli imprevisti
sono di numero incalcolabile. Una via in fuga per raggiungere le porte dell’Europa, con il sogno
di raggiungere amici o parenti che ti aspettano in Germania o in Scandinavia per aiutarti e
sostenerti. Una destinazione finale che raramente gli afghani riescono a raggiungere. In questi
casi l’Italia, prima terra sicura si trasforma presto in una trappola a causa della Convenzione di
Dublino II che obbliga il richiedente asilo a restare nel Paese d’ingresso europeo, senza potersi
liberamente muovere in un’Europa che in questo caso appare tutt’altro che senza frontiere.
Così nell’odissea afghana da clandestini si parte e si arriva, se si arriva.
Eppure non sarebbe impossibile arrestare l’esodo che rappresenta un dramma nel dramma,
su percorsi lottizzati dalla criminalità organizzata che fa della tratta dei profughi un ricco
business transnazionale. Sarebbe sufficiente permettere nelle ambasciate e nei consolati
europei nei Paesi di transito dei profughi di ottenere un lasciapassare per poter fare la
richiesta d’asilo in Europa.
Una scelta che metterebbe fine alla doppia sofferenza dei profughi, che salverebbe tante
vite e che spezzerebbe gli interessi del traffico di esseri umani. Un’azione coraggiosa che
permetterebbe anche di risparmiare all’Europa in questi momenti di crisi, potendo vivere
flussi costanti e pianificabili di arrivo di domande d’asilo, abbandonando quell’emergenza
che spesso caratterizza l’immigrazione in Italia con costi impressionanti. Un modo per
smarcarsi definitivamente dai ricatti di quei paesi che trasformano l’apertura o la chiusura alle
partenze e il transito dei profughi in un’arma di pressione internazionale. In Migrazione incontra quotidianamente richiedenti asilo e rifugiati provenienti dall’Afghanistan,
azara, pasthun, tajiki, etnie diverse con tante cose in comune: un Paese da cui scappare e un
viaggio drammatico da affrontare.