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La ricostruzione di Raqqa e delle zone tolte ai jihadisti non sarà facile

Pierre Haski – 19 ottobre 2017
Dopo Mosul, Raqqa. In poche settimane il gruppo Stato islamico (Is) ha perso le sue due roccaforti in Iraq e in Siria. Tuttavia la situazione in Medio Oriente continua a essere inquietante: la ricostruzione è cominciata male in entrambi i paesi e più in generale in tutta la regione. I conflitti, le vittime, il grande numero di profughi, il settarismo e l’autoritarismo non sono affatto scomparsi.
Da questo punto di vista quello che è successo a Kirkuk, grande città e regione ricca di petrolio rivendicata dai curdi e dal governo centrale iracheno, è rivelatore.
Nel 2014 l’esercito iracheno era crollato quasi senza combattere a Mosul, nel nord dell’Iraq, di fronte all’offensiva del nuovo autoproclamato Stato islamico. Le forze irachene avevano lasciato sul posto gran parte del loro materiale militare appena ricevuto dagli Stati Uniti e centinaia di milioni di dollari nelle casseforti della banca centrale. Subito dopo quella sconfitta sono stati i peshmerga, i coraggiosi combattenti curdi, ad assicurare le retrovie per accogliere i profughi e garantire le strutture di base di uno stato sull’orlo della dissoluzione. E ne hanno approfittato per prendere Kirkuk, una metropoli di più di un milione di abitanti, per lo più curdi, ma che fino a quel momento apparteneva alla regione autonoma del Kurdistan iracheno.
Con la conquista di questa citta, i curdi realizzavano al tempo stesso un vecchio sogno territoriale – Kirkuk è soprannominata la “Gerusalemme curda” – e si assicuravano l’accesso a importanti risorse petrolifere in grado di dare alla regione autonoma la possibilità di finanziarsi e di consolidarsi.
In questo modo il governo della regione curda sapeva di gettare le basi di futuri conflitti con il governo centrale, una volta respinta la minaccia principale dell’Is. Ed è quello che succede oggi, appena due mesi dopo la ripresa di Mosul da parte delle forze antijihadiste.
Come Mosul, che era caduta come un frutto maturo nelle mani dei jihadisti nel 2014, questa volta è Kirkuk a essere stata ripresa il 16 ottobre quasi senza combattere. In poche ore l’esercito federale iracheno e le milizie sciite che l’accompagnavano hanno fatto sventolare la bandiera irachena sulla città tra gli applausi dei suoi abitanti non curdi, turkmeni e arabi, riprendendo il controllo dei campi petroliferi rimasti tre anni in possesso dei curdi.