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Catalogna ma non solo: le spinte indipendentiste in Ue

30 Settembre 2017

Dai baschi in Spagna ai corsi in Francia. Passando per la Scozia e per le istanze del Bayernpartei bavarese. Breve panoramica dei separatismi sparsi per la Unione europea.

Nonostante il nome, l’Unione europea è tutt’altro che unita. Non solo da un punto di vista politico e della solidarietà, ma anche da quello della coesione nazionale. I separatismi sembrano essere un male endemico del Vecchio continente. In Europa si contano almeno 14 “Padanie”, entità territoriali pronte a staccarsi, con le buone o con le cattive. E alcune si trovano proprio in quell’Italia degli 8 mila campanili.

1. Catalogna: un altro referendum dopo quello del 2014
Non è la prima volta che in Catalogna viene organizzato un referendum sull’indipendenza. Era già accaduto il 4 novembre 2014. Allora la situazione non era degenerata come nei giorni che hanno preceduto la consultazione del primo ottobre 2017. Il referendum si era svolto nonostante la Corte Costituzionale ne avesse ordinato la sospensione. L’80% dei catalani si era pronunciato per la separazione, ma si era espresso solo un terzo degli aventi diritto.

2. Paesi Baschi: la lotta del Partito nazionalista
La Catalogna non è la sola spina nel fianco del re di Spagna. Per molto tempo, Madrid ha dovuto fare i conti con i terroristi dell’Eta, una organizzazione paramilitare nata nel 1958 che ha rinunciato alla lotta armata solo l’8 aprile 2017, dopo essersi resa responsabile della morte di circa un migliaio di persone. Resta in piedi sebbene sia marginale, invece, l’antico Partido Nacionalista Vasco/Euzko Alderdi Jeltzalea (letteralmente: “partito basco per Dio e le antiche leggi”) la cui fondazione risale al 1895. Al contrario dell’Eta, il Partito nazionalista basco ha combattuto civilmente, nelle sedi istituzionali, per l’indipendenza dei Paesi Baschi. Come il catalano, l’euskera, la lingua parlata nel territorio tra Francia e Spagna chiamato Euskal Herria, fu bandito durante il franchismo.

3. Scozia: il “cuore impavido” batte ancora
L’istanza separatista più antica è probabilmente quella scozzese e risale ai tempi di Braveheart: un Alberto da Giussano nato oltre il Vallo di Adriano che ha combattuto contro la tirannia dei reali inglesi del XIII secolo. Fallì. L’ultimo tentativo di scardinare un’unione che dura dal 1603 (quando Giacomo VI di Scozia divenne anche Giacomo I d’Inghilterra) risale al referendum del 18 settembre 2014. Il 55% dei votanti ha detto no e tutto è rimasto com’era. Rispetto al referendum spagnolo, quello scozzese era stato concertato con il parlamento centrale. Con la Brexit, i secessionisti sono tornati a chiedere la separazione dal Regno Unito per permettere alla Scozia di restare in Europa. La stessa Bruxelles guarda con sospetto alla consultazione referendaria annunciata per l’autunno del 2018, in quanto potrebbe consentire a Londra di continuare ad avere i benefici di Paese membro pur restando formalmente fuori dall’Unione.

4. Irlanda del Nord: l’ “Ira” mai sopita degli indipendentisti
Un altro fronte caldo è quello degli indipendentisti dell’Irlanda del Nord. Si tratta di una delle entità politiche più giovani d’Europa, nata solo nel 1921 e mai pacificata. Gli irlandesi, legati alla loro indipendenza (per secoli era rimasto in piedi un modello “tribale”) non hanno mai accettato l’annessione al Regno Unito. Il malumore diffuso è sfociato nella guerra civile del 1921 e ha continuato a manifestarsi per buona parte del secolo scorso mediante attentati e scontri tra i cattolici dell’Ira, i paramilitari protestanti e le forze della Corona. Quando, dopo la Brexit, il premier scozzese ha rilanciato il referendum sull’indipendenza, l’irlandese Michelle O’Neill, leader del partito nazionalista Sinn Fein, ha dichiarato che si sarebbe spesa per ottenere da Londra una analoga facoltà.

5. Fiandre: l’affermazione del movimento separatista Alleanza Neo Fiamminga
Se Bruxelles tace sulle spinte indipendentiste catalane è forse anche perché si trova nell’imbarazzo di vivere una secessione in casa. Quella, storica, agognata dalle Fiandre che, il 13 giugno 2010 ha portato all’affermazione come primo partito del movimento separatista Alleanza Neo Fiamminga, guidato dal sindaco di Anversa, Bart De Wever. Tuttavia, non si riuscì a esprimere un nuovo governo e il Paese rimase senza guida per 541 giorni (ma il Pil crebbe del 2,7%).

6. Corsica: contro la «colonizzazione» francese
I corsi indipendentisti continuano a lamentare la «colonizzazione» francese. Il loro eroe è il generale Pasquale Paoli considerato «U babbu di a Patria» avendo proclamato nel 1755 l’indipendenza della Corsica da Genova per finire però presto conquistata dalla Francia.

7. Baviera: le istanze separatiste del movimento Bayernpartei
Anche nello Stato federale tedesco c’è chi sogna maggiore indipendenza. È il caso della Baviera. Le istanze separatiste sono oggi portate avanti dal movimento Bayernpartei che scomoda persino Carlo Magno e la ricchezza di cui godeva il territorio tra Austria e Germania ai tempi del Sacro Romano Impero. C’è però un paradosso: sotto Carlo Magno si verificò la seconda unificazione europea dopo quella di epoca romana ma gli indipendentisti anziché unire vogliono la separazione…

8. Padania: il sogno di Bossi rottamato da Salvini
Prima di diventare un movimento nazionalista e sovranista, stretto alleato di un partito che si chiama Fratelli d’Italia, la Lega Nord sognava l’indipendenza di una parte del territorio italiano. Quella che Umberto Bossi aveva soprannominato «Padania». Nonostante, storicamente, l’entità territoriale non sia mai esistita, il movimento leghista fondava le proprie istanze sulle battaglie del XII secolo tra la Lega Lombarda e Federico Barbarossa. Il guerriero nel logo è Alberto da Giussano, un condottiero che avrebbe preso parte alla battaglia di Legnano del 1176. Una sorta di Braveheart padano, decisamente meno noto anche sul piano cinematografico: mentre l’eroe scozzese è stato infatti impersonato da Mel Gibson che lo ha reso famoso in tutto il mondo, il film su Federico Barbarossa voluto dalla Lega Nord nel 2012 – in cui recitò anche Bossi – fu un flop di ascolti. Come è stato un flop quello del sogno dell’indipendenza padana, rottamata, assieme al Senatùr, da Matteo Salvini.

9. Veneto: il tanko e i referendum del 22 ottobre 2017
Sulla scia dell’indipendentismo padano, anche i Serenissimi volevano la loro secessione. È passata alla storia, più come barzelletta che per aver costituito una reale minaccia, la costruzione del carrarmato “tanko” (poco più di una ruspa con camouflage bellici) che gli indipendentisti avrebbero voluto usare a Venezia nel 2012 per una azione eclatante. Il prossimo 22 ottobre, Veneto e Lombardia proveranno a ottenere maggiore autonomia con il referendum voluto dai governatori Luca Zaia e Roberto Maroni (entrambi in quota Lega). Se la consultazione avesse esito positivo darebbe la volata alla richiesta al governo centrale di poter copiare il modello delle regioni a statuto autonomo. Rispetto a quello catalano, i referendum consultivi in tema “rapporto Stato – Regioni” sono legali e previsti dall’articolo 116 della Costituzione, anche se finora non erano mai stati indetti. Non sono legati al quorum (il numero dei votanti costituirà un dato dal valore politico) e hanno già suscitato polemiche per via dei costi, stimati tra i 45 e i 50 milioni di euro (in Lombardia sarà sperimentato il voto elettronico).

10. L’indipendenza al microscopio: la Provincia si separa dalla Regione
Se Veneto e Lombardia sognano di essere regioni a statuto speciale, le regioni a statuto speciale sognano invece la totale indipendenza. In realtà, si tratta di movimenti marginali, spesso folkloristici, dallo scarso seguito. In Alto Adige nel 2013 venne indetto un referendum “a premio”: chi partecipava poteva vincere un viaggio – guarda caso – a Barcellona o in Scozia. Non mirava all’indipendenza ma all’annessione all’Austria, con buona pace degli irredentisti. Analoga richiesta è stata avanzata il 22 settembre 2017 dal partito indipendentista Südtiroler Volkspartei (a Roma alleato del governo). Nuova denominazione: «Provincia autonoma di Bolzano/Sudtirol», trasferimento di ogni funzione dalla Regione alla Provincia e creazione di una Corte Costituzionale altoatesina.

11. Le Regioni a statuto speciale: dall’indipendentismu sardu alla Patrie dal Friûl
L’indipendentismo siciliano («nnipinnintisimu sicilianu») risale al periodo dei Viceré. Aveva ripreso vigore tra il 1943 e il 1945 e, un’ultima volta, negli Anni 90, sulla scia del fenomeno leghista. Anche la Sardegna ha avuto i suoi moti: negli Anni 2000 si è affacciato l’«indipendentismu sardu», ma si è subito scisso nell’«andipandentìsmu saldu» portato avanti dai catalani-algheresi. Anche nella placida Valle D’Aosta ci sono due movimenti, Pays d’Aoste e Pays d’Aoste Souverain, che lottano per l’indipendenza dei 74 comuni. Il Friuli ha già votato per ottenere un «Parlamento furlan», il 31 ottobre del 2014 e ha detto sì, nella convinzione di staccarsi da Roma e ricostituire l’antica «Patrie dal Friûl» esistita tra il 1077 e il 1420. Ma è rimasto inascoltato. Sarà che alle consultazioni via web ha votato appena l’1% degli aventi diritto (6.700 clic su circa 750 mila friulani interpellati).