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Stati Uniti VS Corea del Nord: conflitto imminente?

11 Agosto 2017


Continuano le reciproche minacce tra Stati Uniti e Corea del Nord. Rimarranno solo parole?

«Le misure militari sono ora state allestite in pieno e pronte a colpire, in caso la Corea del Nord agisse incautamente. Speriamo che Kim Jong Un trovi un’altra strada». Così il presidente Donald Trump su Twitter risponde alle nuove minacce del dittatore nordcoreano il quale, nelle ultime, ore ha dichiarato: «Cancelleremo dalla faccia della terra senza alcuna pietà i provocatori che fanno tentativi disperati di soffocare il Paese socialista. Gli Usa soffriranno una vergognosa sconfitta e un destino tragico e definitivo se persisteranno nelle loro avventure militari, sanzioni e pressioni».

«La Corea del Nord deve stare attenta, o sarà nei guai come pochi Paesi sono mai stati prima. Andrà incontro a fuoco e fiamme» aveva detto Donald Trump ribadendo quanto detto dal Consigliere per la Sicurezza nazionale americano, il Generale Herbert Raymond McMaster, ovvero che «gli Stati Uniti sono pronti a tutte le opzioni per porre fine alle minacce di un attacco nucleare. (…)Il presidente Trump è stato molto chiaro su questo. L’opzione militare è sul tavolo». Anche se il Segretario di Stato Rex Tillerson aveva sostenuto chiaramente che «non cerchiamo un cambio di regime, non cerchiamo un crollo del regime, non cerchiamo una riunificazione accelerata della penisola». Ma non sembrano state abbastanza convincenti, ma, anzi,controproducenti le recenti sanzioni economiche approvate dal Congresso americano (inflitte anche contro Iran e Russia) e, all’ unanimità, dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Poco meno di due giorni fa, Pyongyang aveva annunciato attraverso l’agenzia ufficiale nordcoreana ‘Kcna‘, che di esser in procinto di colpire verso la metà di agosto la base Andersen della Us Air Force sull’isola di Guam. Base che ospita 6.000 militari americani, il 36esimo stormo aereo formato dai caccia B-52, i B-1B Lancers e più raramente i B2 Spirith.

Dal canto suo la Cina pare aver mutato atteggiamento rispetto alla questione Corea del Nord: nonostante ne sia il primo protettore, ha approvato, in sede ONU, le sanzioni e ha rafforzato il contingente militare ai confini, per il timore che un possibile conflitto possa dar vita ad un’ immigrazione di massa pronta a bussare alla porta. Pechino, attraverso il portavoce del  Ministero degli Esteri Geng Shuang, ha tuttavia invitato «tutte le parti a fare di più per allentare le tensioni e evitando di prendere iniziative sulla dimostrazione di forza». Anche la Russia, considerata la crescente tensione, ha attuato le dovute precauzioni, rafforzando i sistemi aerei e anti-aerei dislocati nell’Estremo Oriente del Paese.

La Corea del Nord costituisce una minaccia per i Paesi vicini e non: pur rimanendo tra i paesi più poveri del mondo, spende, secondo le stime del Dipartimento di Stato USA, quasi un quarto del proprio PIL per il comparto militare. Sono numerosi i test che Pyongyang, soprattutto dopo l’ ascesa nel 2011 di Kim Jong-Un, ha effettuato inclusi quelli sui missili balistici a raggio corto, medio, intermedio e intercontinentale e sottomarini.

Con l’ obiettivo di intercettare i missili nordcoreani, nelle prime settimane del 2017, è stato installato, sul territorio della Corea del Sud, il THAAD Terminal High Altitude Area Defense, dispositivo in grado di neutralizzare missili balistici a corto e medio raggio. «Per il Giappone vi sarebbe il Patriot o il sistema Aegis basato sulla nave» – ha spiegato in un’ intervista, David Wright, co-direttore del Global Security Program presso l’ Union of Concerned Scientists -«Il problema è che nessuno sa veramente come funzionano contro un attacco come questo. Non sono stati testati abbastanza o non testati in condizioni reali. Non è il tipo di strumento cui un Paese può ricorrere per affrontare la minaccia».

Non c’è ancora accordo unanime tra gli analisti internazionali circa l’ entità dell’ arsenale nucleare del regime: potrebbe far conto su un numero di bombe che oscilla tra 36 e 60 e secondo un recente studio svolto dalla Defence intelligence Agency, avrebbe realizzato delle testate miniaturizzate adatte ad armare i missili di lunga gittata. Tali missili balistici intercontinentali (ICBM)  sarebbero stati oggetto di due test nel corso del mese di luglio e avrebbero una portata di 10.400 chilometri (6.500 miglia), in grado, dunque, di colpire il territorio americano. Circa le capacità offensive di questi missili non vi è accordo unanime tra gli esperti internazionali: alcuni ne hanno sostenuto la non precisione perché dipendenti da sistemi di orientamento acquisiti dall’Unione Sovietica mentre altri sono convinti del contrario, grazie all’ uso di apparecchiature GPS cinesi.

Ma di test nucleari ne erano già stati compiuti altri: i primi due, rispettivamente dell’ ottobre 2006 e del maggio 2009, quando il leader supremo era Kim Jong-il; i successivi agli inizi del 2013 e nel settembre 2016 per volontà di Kim Jong-Un. Come confermato da un rapporto del Council on Foreign Relations, la Corea del Nord possiede il know-how per produrre bombe con uranio di arma o plutonio, elementi necessari per la fabbricazione di materiale fissile per le armi nucleari. Quella esplosa nel 2006 era una bomba atomica alimentata a plutonio con una resa equivalente a due chilotoni di tritolo, mentre quella del 2009 aveva avuto una resa di otto cilotoni; entrambi i test successivi (2013 e 2016) hanno avuto rese di circa diciassette chilotoni, di poco più forte della resa della bomba atomica su Hiroshima (16 chilotoni).

Certamente, come affermato da Bruce Bennett, ricercatore senior della RAND Corporation, un think tank californiano, «Kim Jong-un ritiene che le armi nucleari siano la sua garanzia della sopravvivenza del regime». Per sviluppare questo vasto programma nucleare, Pyongyang ha ricevuto l’aiuto di Mosca dalla fine degli anni ’50 agli anni ’80 e di Pechino a partire dagli anni ‘70. Ma un ruolo altrettanto centrale lo ha avuto il Pakistan: l’ assistenza nucleare bilaterale è iniziata quando gli scienziati dei due paesi si trovavano in Iran per lavorare su missili balistici durante la guerra Iran – Iraq della decade ’80 del ‘900. Negli anni ’90, la Corea del Nord ha avuto accesso alle centrifughe pakistane e ai disegni dello scienziato Abdul Qadeer Khan, che aveva diretto la militarizzazione del programma nucleare pakistano.  «La parte più difficile» – ha rammentato David Wright – «è ottenere il plutonio o l’uranio altamente arricchito (HEU) per loro. La Corea del Nord aveva un reattore, un tipo di reattore di ricerca, costruito con l’aiuto sovietico negli anni ’80 e che ha iniziato a produrre plutonio. Nel tempo, e non conosco la storia dettagliata di questo, con l’aiuto dei pakistani, la Corea del Nord ha imparato a fare la tecnologia di arricchimento dell’uranio. Da questi due percorsi hanno fondamentalmente ottenuto materiale fissile. Quindi si tratta (…) di una tecnologia piuttosto vecchia». 

«Non pensiamo»- ha aggiunto Wright – «che abbiano capacità termonucleare. Pensiamo che vanno oltre una semplice bomba di uranio o di plutonio. E un modo per farlo è mettere il materiale nel nucleo di una sfera di plutonio o uranio e quando la reazione nucleare si spegne, si tratterebbe di energia di fissione dal plutonio o dall’uranio che ti darebbe un’energia di fusione. Quindi pensiamo che stiano lavorando su alcune cose del genere, ma non è una vera arma termonucleare.È il tritium o il deuteridio di litio. È il tipo di cosa che usi in un’arma termonucleare, ma quando è compressa in condizioni elevate, si ottiene la fusione. In parte aggiunge energia ma sputa anche un gran numero di neutroni e questi neutroni rendono più efficiente la fissione dell’uranio o del plutonio. Quindi ottieni anche più potere di fissione».

 Russia e Cina sono state decisive anche per la costituzione dell’ arsenale di armi chimiche, valutato tra le 2.500 e le 5.000 tonnellate. Peraltro, l’ esercito popolare coreano è preparato ad un combattimento in ambiente contaminato. Ma il potenziale del regime di Pyongyang comprenderebbe anche armi biologiche, nonostante aderisca dal 1987 alla Convenzione sulle Armi Biologiche e dal 1988 al Protocollo di Ginevra, che vieta l’uso di gas asfissianti, velenosi in guerra.

La Corea del Nord conterebbe, inoltre, sul quarto più grande esercito del mondo con circa 1,1 milioni di uomini perché, come recita l’ articolo 86 della Costituzione, “la difesa nazionale è il dovere supremo e l’onore dei cittadini”. Secondo il Dipartimento della Difesa americano, l’esercito avrebbe più di 1.300 aeromobili, 430 navi da combattimento, quasi 300 elicotteri, 250 navi anfibi e 70 sottomarini , 2.500 veicoli blindati, 4.300 serbatoi e 5.500 lanciatori a razzo multiplo. A ciò si aggiungerebbe la potenzialità cyber che si avvantaggerebbe di infrastrutture extra-paese come quelle cinesi: sono stati, difatti, innumerevoli i denial of service (DDoS), ossia tentativi di oscurare un sito web, inondandolo con traffico proveniente da più fonti.

Donald Trump ha ricordato, in un tweet, che «il mio primo ordine da Presidente e’ stato rafforzare e ammodernare il nostro arsenale nucleare. E’ ora più forte e più potente che mai. Speriamo di non dover mai usare questa forza, ma non ci sarà un momento in cui non saremo la nazione più potente del mondo».  La tensione rimane alta lungo il 38° parallelo e non solo. Rimarranno solo parole? Forse meglio non scoprirlo.