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Davide Fusco – tante delle piccole barriere dagli altri immaginate sono in realtà, spesso, eludibili.

Di Milena Rampoldi, ProMosaik. Sulla fiaba contro la
discriminazione e il razzismo e in particolare contro la scuola Apartheid Il
coniglio e il topo
pubblicata da ProMosaik e scritta da due bambine Leyla e
Sarah Uzunlar che vivono in due culture diverse, quella italiana e quella
turca, abbiamo intervistato Davide Fusco, un ragazzo non-vedente che per poi
rappresenta un esempio di come superare gli ostacoli fisici, studiando all’università
e scrivendo per un giornale. Con lui ho parlato di inclusione e di lotta alla
discriminazione delle persone diversamente abili. E sarà lui a creare una
versione Braille della nostra favola „Il coniglio e il topo“ per metterla a
disposizione anche per i non-vedenti. Vorrei ringraziare Davide per la sua
preziosa collaborazione.

Che ne pensi del progetto delle favole di ProMosaik
contro il razzismo e contro ogni tipo di discriminazione?
Penso che simili fiabe
vadano quanto più possibile proposte ai bambini, poiché l’educazione alla
diversità è da coltivare dalla più tenera età. Razzismo e discriminazione del
diversamente abile sono  due facce della
stessa medaglia, entrambe, rientrano, infatti, nell’incapacità d’accettare che
un altro modus vivendi sia possibile, e che si possa vivere, seguendo schemi diversi
dai propri, nel caso d’altre etnie, o che da limiti, concepiti come catene
imprigionanti ci si possa divincolare per  
costruire un mondo, al contempo uguale e diverso a quello degli altri.
Come credi di poter contribuire alla sensibilizzazione
delle persone per la tematica dell’inclusione?
Ritengo che le
iniziative alla maniera di ProMosaik, finalizzate a sensibilizzare sulla
tematica dell’inclusione, siano lodevoli, e che, pertanto, debbano
moltiplicarsi. La sensibilizzazione all’inclusione è, però, a mio avviso, più
efficace se, quotidianamente, coltivata con gesti piccoli, ma concreti, fatti
nel quotidiano, appunto. Voglio dire, insomma, che, a tal proposito, sta allo
stesso diversamente abile insegnare a chi lo circonda che tante delle piccole
barriere dagli altri immaginate sono in realtà, spesso, eludibili.
Il topo e il coniglio decidono di non fare due scuole
diverse, ma una sola  scuola per tutti gli animali insieme.
In Italia il
diversamente abile, in ambito scolastico, può battere due strade: frequentare
la scuola ordinaria della propria città o trasferirsi in uno dei tanti
istituti, dedicati ai portatori del proprio stesso handicap, dove, sono,
comunque, tenuti a frequentare scuole ordinarie. Nel nostro Paese, con la legge
n.118 del 1971, la scuola apriva le porte ai diversamente abili, fino ad allora
relegati alle scuole speciali, che perseguivano un approccio medico, teso a
trattarli alla stregua di  malati,
emarginandoli, dunque. Rimasugli di tali scuole speciali sono gli istituti sopraccitati,
che, pur avendo modernizzato il proprio operato, inducono il diversamente abile
a frequentare, quasi, esclusivamente, solo i suoi “simili”. Dal mio
canto posso ritenermi fortunato nel non aver frequentato tali istituti, perché
ghettizzanti, perché, invece, stando con i “normali”, ho appreso
strategie per stare con loro alla pari, cosa che, nei casi opposti,
difficilmente, accade. Ritengo che tale messaggio vada, quindi, rivolto alle
famiglie, affinché sottraggano i diversamente abili ad emarginanti trattamenti
speciali.
ProMosaik è dell’idea che tutti i diversamente abili
siano parte della scuola di tutti. Come trasmettere questo messaggio?
Raccontaci della tua esperienza.
Sin da piccolo, direi,
d’essermi sentito, sostanzialmente, incluso. Non sono mancati, è inutile
negarlo, momenti in cui la percezione dell’inclusione s’allontanava da me:  l’avverti da bambino, quando gli altri giocano
o discutono dei loro calci  a pallone, o,
quando, cresciuto, vedi le scelte lavorative, orientate dalla
“natura”, che, talvolta, finisci col considerare avversa. Il segreto
sta nel munirsi di un setaccio con la quale arrivare alle, oggi, sempre
maggiori opportunità, senza incaponirsi in aspetti, pratiche e attività da noi
distanti. Per quanto riguarda la mia inclusione in ambito universitario,
questa  è garantita dall’esistenza di
tutors alla pari, studenti retribuiti, che m’accompagnano a lezione, prendono
appunti etc.. Riguardo la mia attività giornalistica, in ultimo, la si può
definire incipiente appena; in ogni caso, vi confido molto, sia perché in essa
ho trovato il mio canale d’espressione, sia perché mi ha consentito di ampliare
i miei orizzonti, le mie conoscenze, i miei interessi a dismisura.
Spiegaci un po’ come funziona la scrittura Braille e come
ci preparerai la versione Braille della favola del topo e del coniglio.

Il metodo Braille
porta il nome di Louis Braille, l’ideatore. Questi, giocando nella bottega del
padre, calzolaio, con in mano un punteruolo, utilizzato per forare il cuoio, si
vide scivolare di mano lo strumento, che trapassato l’occhio sinistro, gli
causò un’infezione, che, estesasi anche all’occhio destro, lo rese cieco. Lo
stesso attrezzo, che causò la sua cecità, fu da egli utilizzato per fissare su
carta la scrittura Braille. Essa è una scrittura puntiforme, realizzata in una
casella in cui sono praticabili sei fori, che combinati in vario modo, danno le
lettere dell’alfabeto, i numeri, le note musicali etc.. La fiaba del topo e del
coniglio sarà da me trascritta in Braille, semplicemente, utilizzando un’apposita
stampante, che passa in Braille ciò che è scritto in nero.