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Somalia in trappola, tra siccità e Al Shabaab

Francesco Cutello, Lindro
28 Luglio 2017

La presenza dell’organizzazione terroristica sta aggravando la condizione dei cittadini somali e nega l’arrivo di aiuti umanitari

In Somalia non c’è più acqua. Negli ultimi due anni, il Paese del Corno d’Africa vive una situazione infernale in cui la popolazione non ha accesso a risorse idriche, semplicemente perché queste non esistono. Si tratta di una delle più gravi situazioni di siccità registrate negli ultimi quarant’anni, probabilmente la peggiore di sempre che mente umana ricordi. Sono milioni i cittadini che si trovano in condizioni precarie tra la vita la morte, o raggiunti e già sconfitti da epidemie di colera, dissenteria e altre malattie. La mancanza d’acqua ha debilitato le famiglie somale, ridotto al minimo le derrate alimentari e ucciso milioni di capi di bestiame. L’intero Paese è ridotto all’osso, molti provano la strada dell’emigrazione, ma a tutto questo si aggiunge un elemento che da anni ha messo a serio rischio la sopravvivenza in Somalia.

L’esercito di Al Shaabab, la costola terroristica operante in Somalia e affine ad Al Qaeda e Boko Haram, sta minacciando col terrore la popolazione già afflitta dai danni del cambiamento climatico. Le ultime notizie a riguardo riportano una situazione in cui i militanti dell’organizzazione negano gli aiuti umanitari portati da associazioni e da altri Paesi al popolo somalo, minacciando di morte chiunque abbia relazioni con gli organismi internazionali. La popolazione si trova di fronte al bivio tra scegliere di morire di stenti o per mano dell’organizzazione terroristica. La ragione di imposizioni così crudeli sta nella volontà di Al Shabaab di eliminare qualsiasi rapporto tra la popolazione somala e agenzie umanitarie non legate ad organizzazioni islamiche, per il sospetto che queste agiscano o siano collegate al Governo somalo che Al Shabaab combatte. Sfruttando l’occasione a suo favore, i miliziani islamici hanno voluto utilizzare le scarse risorse idriche, di cibo e sanitarie come metodo per corrompere i suoi cittadini e portarli dalla propria parte. Nella strategia portata avanti da Al Shaabab, i civili sono usati come scudi umani. La volontà dei miliziani è quella di trattenere i cittadini, per paura che centri e villaggi rimangano vuoti e semplici roccaforti dove si nascondono i leader dell’organizzazione. Una situazione che farebbe diventare i luoghi controllati da Al Shabaab obiettivi militari e facili bersagli di raid e attacchi aerei. La condizione di terrore vuol far sì che i civili intrappolati nelle città e costretti alla fame siano il deterrente contro gli attacchi del Governo somalo e dei suoi alleati.

Questo controllo ha tuttavia determinato l’esodo di gran parte dei residenti delle città controllate dai terroristi. Una fuga non priva di conseguenze, a causa delle minacce di morte e di esecuzione per chiunque abbandoni il Paese e le zone controllate dai miliziani. Si parla di una diaspora di duecentomila persone solo negli ultimi due mesi, mentre si contano settecentomila cittadini somali che sono riusciti ad abbandonare il Paese. La lotta per la sopravvivenza nel Corno d’Africa si è intrecciata tragicamente con una guerra civile, in cui le forze terroristiche hanno intrapreso una guerra aperta contro il Governo somalo, arrivando a minacciare gli stessi cittadini innocenti torturati dall’inedia.

La situazione attuale della Somalia è contraddistinta da diverse zone d’influenza. L’organizzazione terroristica è riuscita, nel tempo, a conquistare una vasta area nel sud est del Paese, in un’area… che circonda la capitale Mogadiscio da sud a nord. La storia dell’influenza degli islamisti di Al Shabaab in Somalia inizia nel 2006, quando rinasce dalle ceneri del gruppo Union of Islamic Courts, sconfitto dalle forze armate etiopi ed espulso da Mogadiscio. La nuova organizzazione dei giovani miliziani ha fin da subito preso le redini per portare l’ideologia wahabita in un territorio in gran parte Sufi come è la Somalia, ed intraprendendo una guerra aperta contro il Governo somalo per la conquista di aree del Paese. La situazione in cui versa oggi il gruppo terroristico in Somalia la vede confinata nel sud ma potente, dopo che le forze governative dell’African Union sono riuscite a riconquistare le principali città e liberare la capitale dalla loro influenza, nel 2011. L’influenza di Al Shabaab rimane tuttavia ancora forte e geograficamente estesa, in una delle zone più colpite dagli effetti della siccità.

La guerra contro Al Shabaab va avanti dal 2009. I primi sforzi per debellare la presenza terroristica furono intrapresi dal TFG, il Transitional Federal Government, governo di transizione instauratosi nel 2004, insieme ai corpi dell’African Union, organizzazione militare continentale che conta corpi armati provenienti da tutta l’Africa. Grazie all’aiuto anche delle forze dell’esercito Etiope, supportate dagli Usa in chiave anti terroristica, il Governo somalo riuscì ad impadronirsi di diversi centri importanti che Al Shabaab era riuscita ad occupare, relegandola, come allo stato attuale, nelle zone rurali a sud del Paese. La vicinanza territoriale ha fatto sì che gli sforzi per contrastare i miliziani siano stati sostenuti – e lo sono ancora – dalle forze armate kenyote, anch’esse ampiamente impegnate nella guerra ad Al Shabaab che ha sconfinato in Kenya con attentati ed esplosioni. Una delle prime e più importanti collaborazioni militari fra i due Paesi prese avvio nel 2011, quando le forze armate del Kenya oltrepassarono il confine sud in Somalia per l’operazione denominata Linda Nchi, volta alla cattura di importanti leader di Al Shabaab.

Nonostante gli sforzi congiunti delle forze armate di Somalia, Kenya, Etiopia e Nazioni Unite, la guerra al potere di Al Shabaab non sembra destinata a finire presto. Nell’ottica di una campagna anti terrorismo, il Presidente Usa Donald Trump ha voluto incrementare la presenza militare delle truppe americane in Somalia e consentito al Pentagono una maggiore autorità per le operazioni di raid e attacchi aerei nei luoghi controllati dai miliziani. Le direttive date da Trump nel marzo 2017 hanno determinato uno sforzo militare maggiore degli States nel supporto all’esercito somalo. Una decisione che ha voluto rispondere alle richieste dirette del Pentagono di una maggior libertà nel condurre le operazioni armate nel sud del Paese, con l’obiettivo di stabilizzare la situazione e ridurre il più possibile l’influenza di Al Shabaab. Si tratta dell’ultimo atto di intervento, in ordine di tempo, del Governo statunitense in Somalia, dopo che le prime truppe arrivarono qui a seguito dell’impegno operato dalle Nazioni Unite, nel 1992.

La situazione rimane oggi una delle più difficili a livello globale, con oltre sei milioni di individui minacciati dalle armi e dalla fame, che lottano e fuggono alla ricerca di aiuti medici ed umanitari e imprigionati da una guerra civile che non vede la fine.