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Il dilemma o non dilemma di Israele oggi

5 Giugno 2017

Il dibattito con cui Israele si trova a fare i conti è l’accordo di pace con la Palestina: le terre occupate e le sue ambizioni. Ci ha aiutato a capirne di più il Porfessor Paul Sham, dell’Università del Maryland
In occasione del centenario della Guerra ‘infinita’ dei Sei Giorni, tra Israele e Palestina, analizziamo lo scenario odierno, interrogandoci sull’esistenza o meno di un dibattito interno ad Israele.

«All’interno di Israele c’è un dibattito dal 1967 sul lasciare o meno alcuni territori occupati per il raggiungimento di un accordo di pace. A questo punto, sebbene la maggior parte degli israeliani ebraici accetta in linea di principio la soluzione dei due Stati, sente che i palestinesi non la pensano ugualmente e credono che non esista una prospettiva realistica. Probabilmente la maggior parte sente lo status quo più sicuro di un cambiamento. Forse il 20-30% crede fortemente in un processo di pace ora e alla fine dell’occupazione, e un numero simile, più o meno, crede che Israele abbia un diritto assoluto alla terra e deve tenerlo e risolverlo». Così sintetizza la questione il Professor Paul Scham, direttore dell’Istituto Gildenhorn, per gli studi su Israele presso l’università del Maryland. Ma come si legge dal report ‘The Over Dramatization of Israel’s  Dilemma’, del Begin Sadat Center for Strategic Studies, questo dibattito non verrebbe preso poi così tanto sul serio da Israele, non si sta realmente chiedendo quante e a quali terre rinunciare, soprattutto perché non possono imporre ai palestinesi di prendere terreno, poiché la comunità palestinese vede la pace con Israele, un po’ come una sconfitta dopo una lotta di cent’anni. In effetti l’occupazione israeliana viene utilizzata dai palestinesi come un’arma, una delle migliori armi contro Israele, che si trova a sostenere i costi morali, e non solo, di questa occupazione, inoltre costringerebbe Israele ad ammettere davanti a tutto il mondo, che potrebbe scegliere di ritirarsi da quei territori. Perciò l’occupazione, intesa come forza militare e le vittime che Israele continua a registrare è, per i palestinesi, il giusto prezzo che gli ebrei devono pagare per vivere in quei territori. Eppure, come ci ha detto Scham, una parte di israeliani ebrei che crede nel processo di pace esiste, come è altrettanto vero, che la comunità palestinese è in cerca di pace, ma senza nemmeno ipotizzare la possibilità di una pace che riconosca Israele, e che metti fine allo sforzo palestinese per ottenere tutte le terre dal Giordano al Mar Morto.