Colombia, storie di ex combattenti fuggite dalla guerriglia
3 Giugno 2017
Il 40% dell’esercito delle Farc era composto da donne. Ma in 15 anni quasi 8 mila di loro hanno disertato. Perché costrette ad aborti forzosi. O strappate dai bambini che ancora oggi cercano di rintracciare.
Nella guerriglia armata che per oltre 50 anni ha scosso la Colombia, le donne hanno avuto un ruolo di primo piano, almeno numericamente. L’importante presenza femminile nelle Farc (attorno al 40%) era in parte dovuta alla garanzia di libertà che spingeva molte donne a fuggire dalla violenza domestica o alla tratta di persone gestita dal narcotraffico. Ma se da un lato le Farc regolavano internamente gli aspetti riguardanti l’uguaglianza di genere tra i militanti (compiti e norme erano esattamente gli stessi), dall’altro hanno legittimato pratiche come l’aborto forzoso, in funzione del divieto di maternità. E anche per questo motivo, dal 2002 a oggi, quasi 8 mila combattenti hanno deciso di abbandonare la guerriglia.
RECLUTATE A SCUOLA O DA FAMILIARI. Victoria Sandino, entrata nelle Farc nel 1993, oggi è membro della Commissione di genere per gli accordi di pace: «Entrare nella guerriglia era una forma di empowerment in un Paese machista come la Colombia, dove sentirsi riconosciute e capaci di decidere non è scontato. All’interno delle Farc non sono mai state tollerate le violenze sessuali, punite con la fucilazione, ma neanche l’omosessualità». Secondo il ministero dell’Interno, l’87% delle donne combattenti ha impugnato il fucile quando non aveva ancora compiuto i 18 anni. Molte sono state reclutate nelle scuole dei villaggi, contattate da un familiare guerrigliero, alcune si sono arruolate per difendersi dal narcotraffico, altre per convinzione ideologica.