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Paesi fragili 2017: una provocazione da accogliere

29 Maggio 2017

A commento del report 2017 del Fund For Peace, John Mclaughlin, former acting director della CIA e Carmen Medina, former CIA Deputy Director of Intelligence

Il Fragile States Index (FSI) è una classifica annuale di 178 Paesi basata sulle differenti tensioni che essi incontrano e che impattano i loro livelli di fragilità. L’Indice è basato sull’approccio di analisi del Fund For Peace esplicativo di una metodologia che mette in relazione dodici indicatori sociali, economici e politici. Basandosi sui punteggi, poi, viene fatta una stima della fragilità di ogni Paese analizzato. Come gli autori del report sottolineano, la parte più importante non è la comparazione tra le Nazioni, ma l’evoluzione del punteggio di ogni Stato durante il periodo di tempo considerato. Sebbene il Sudan sia tornato in prima posizione dell’Indice di Fragilità per il 2017 e la Finlandia continui a mantenere il suo primo posto come lo Stato meno fragile al mondo, il tumulto globale dell’ultimo anno ha avuto un riflesso anche nella classifica di cui parliamo ed in particolare per l’Etiopia, il Messico e la Turchia, registate come le aree più in peggioramento nel 2016. La cosa che più balza all’occhio, però, è che anche un certo numero di Paesi sviluppati ha registrato un notevole peggioramento. Parliamo di Stati Uniti e Regno Unito, entrambi venuti fuori da campagne elettorali politiche molto controverse nel 2016. I trend di lungo periodo del FSI hanno anche alzato la bandierina rossa per un numero di Paesi, tra cui Senegal e Sud Africa in cui le condizioni di instabilità, notevolmente peggiorate, potrebbero precipitare da un momento all’altro.