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Elezioni francesi: antifascismo di maniera, o l’ottimismo

di Carmine Tomeo,
Collettivo Stella Rossa, 8 maggio 2017. “Le Pen ha perso. Sospiro di sollievo
del mondo sinceramente democratico e progressista. Bisogna ringraziare Macron
per aver salvato l’Europa della pace e dei popoli.”
Fin qui la favoletta sulle elezioni francesi. Poi c’è la realtà.
Le Pen
non è mai stata un serio pericolo per la Francia, nel senso che la Francia non
mai rischiato di svegliarsi fascista. Non perché Le Pen non sia fascista, non
perché non trovino spazi di consenso sociale i suoi rigurgiti fascisti; ma
perché il fascismo è la reazione del capitale quando è minacciato nel suo
potere: una condizione che oggi non c’è.
Il capitalismo non
sta morendo e le classi dominanti godono di buona salute.
Certo,
sono in crisi di egemonia, ma non a tal punto da richiedere la soluzione
fascista.
Oggi
gli è sufficiente che il populismo xenofobo e reazionario continui a lavorare
alla guerra tra poveri ed alla frammentazione delle classi subalterne, al loro
indebolimento nei rapporti sociali con quelle dominanti e mantenere per sé le
redini di un dominio repressivo più subdolo, come, ad esempio, lo stato
d’emergenza che in Francia è ancora in vigore.
Cosa
prevede lo stato d’emergenza francese? “Cosette” del tipo: potere ai prefetti
di limitare la libera circolazione di persone e mezzi, con arresti in caso di
trasgressione; possibilità di perquisizione senza permesso dei giudici;
limitazione delle manifestazioni pubbliche; militarizzazione di alcuni luoghi;
controllo sui media.
La minaccia alla
democrazia
, insomma, in Francia (e non
solo) è già in corso ed è stata messa in pratica sotto
la presidenza Hollande, durante la quale, con Macron, è stato approvato il Jobs
act francese. Repressione e attacco ai diritti ed alle condizioni delle classi
popolari avvengono, perciò, già oggi, con i mezzi già in mano ai poteri forti,
così forti da non avere bisogno di Marine Le Pen e del Front National.
Ma la
fortissima astensione (oltre il 25%) ed i 4 milioni di schede bianche e nulle
dimostrano che Macron ed il suo modello politico ed economico continua ad
essere (giustamente) in crisi di egemonia. Una crisi che può sfogare a livello
sociale verso destra, verso il lepenismo, cioè verso un ampio consenso alla
risposta xenofoba, alla guerra tra poveri, non come soluzione totalitaria del
governo di uno Stato.
Ma, a
livello sociale, come risposta sbagliata e pericolosa alle politiche
neoliberali, che massacrando le classi popolari, danno fiato, in assenza di una
proposta antisistemica di sinistra, alla destra xenofoba e fascista (che ha già
aumentato i suoi voti, in termini assoluti).
Questo
sarebbe un rischio per le classi popolari, ma che appunto può essere fermato
solo con una critica vera, forte, spietata alla destra tecnocratica di Macron
che si manifesti con azioni di lotta, da sinistra, alle politiche antipopolari
della destra liberista e tecnocratica.
Ecco
perché Macron non è la soluzione al pericolo Le Pen, ma l’ipotesi su cui
si fonda la becera, squallida e rovinosa tesi lepeniana
. E bene ha fatto
Melenchon a non accodarsi alla canea di certo antifascismo di maniera e a non
dare indicazione di voto per Macron.
E’
stato un errore clamoroso, invece, quello di quanti, da sinistra, hanno
chiamato all’appoggio a Macron. Si legge su Il Manifesto che Macron sarebbe “l’ultima chance per la Francia e per l’Europa, l’ultima
possibilità di invertire la rotta dell’austerità e della xenofobia
“.
A
livello politico, lo stesso ottimismo ingenuo trova una sintesi perfetta nella
dichiarazione con la quale Tsipras considera la vittoria del tecnocrate
francese “una ispirazione per la Francia e per l’Europa
dicendosi “sicuro che lavoreremo insieme in maniera stretta”.
Sembra
di assistere all’ottimismo della volontà senza il pessimismo della ragione.
Alla resa definitiva di una sinistra indistinta che ha perso ogni attitudine
all’analisi ed ogni prospettiva di trasformazione.