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Poesia del giorno. Vicente Aleixandre


Cosí invade

Felice chiarità dell’aurora,
corpo raggiante, amoroso destino,
adorazione del mare agitato,
del suo petto che vive, nel quale so che vivo.

Dove, montagna immensa sempre, ognora presente,
errante continente che trascorri e rimani,
spiaggia che mi si offre alla pianta leggera
che facile sul lido resta, quasi conchiglia?

Vado?
O vengo?
Ignoro se la luce che ora nasce
è quella del ponente nei miei occhi,
se mi spinge l’aurora la sua lama nel dorso.
Ma vado, vado sempre.
Vado a te come l’onda ormai verde
che tornando al suo seno riprende la sua forma.
Come risacca che strappando il giallo chiaro delle spiagge
mostra il duro torso oscuro che riposa, che fluttua.
Vado come le curve braccia che irrompendo
trascinan via le alghe che altre onde lasciarono.

E tu m’attendi, dí,
beato corpo disteso,
felice chiarità per i piedi,
spiaggia raggiante che brilli baciando
la tenue pelle che sul vivo petto grava.

Mi tendo?
Bacio infinitamente
l’inabbracciabile rumore dei mari,
quelle sempre reali labbra, labbra che sogno,
quella spuma leggera che sono sempre i denti
quando stanno per dirsi le parole piú oscure.

Dimmi, dimmi; ti ascolto.
Che verità profonda!
Quanto amore se mentre chiudi gli occhi ti stringo,
mentre ritrai tutte le onde lucide
che rimangono immote, fisse a quel nostro bacio.

Il tuo cuore che brucia come un’alga di terra,
come brace invincibile capace di seccare il fondo degli oceani,
non arde le mie mani
né i miei occhi quando calo le palpebre,
né le mie labbra – che il suo fuoco profondo non purifica –,
perché son come uccelli, come marine libere,
come il suono o il passare di nuvole che avanzano.

Oh vieni, vieni sempre come il clamore dei pesci,
come la battaglia invisibile che agita le squame,
come la lotta tremenda dei verdi piú profondi,
degli occhi che rifulgono e dei fiumi che irrompono,
dei corpi che erompono, che sorgono dai mari,
che raggiungono i cieli o muggendo si abbattono
quando di notte inondano lidi che si concedono!