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Libia, le guerre interne che ostacolano il piano Ue sui migranti

20 Marzo 2017

Il premier Serraj è sotto tiro. Le milizie rivali destabilizzano Tripoli, ma non hanno la meglio. Come Haftar. Mentre Putin prova a pilotare la partita. Così l’accordo per fermare i barconi può restare lettera morta.

Al summit a Roma del 20 marzo tra l’Europa e il Nord Africa sui migranti è riuscito alla fine a sedere con il ministro dell’Interno Marco Minniti e gli inviati di Algeria, Austria, Francia, Germania, Libia, Malta, Slovenia, Svizzera e Tunisia, presente il supercommissario Ue per le Migrazioni Dimitri Avramopoulos, anche il premier libico di unità nazionale Fayyez al Serraj. La sua partecipazione è rimasta in forse fino all’ultimo, perché dal Paese presentato come l’ammiraglia del piano per la gestione dei flussi di stranieri, il capo del governo di unità nazionale non può muoversi liberamente neanche dalla sua base bunker di Abu Sitta (un’area protetta sulla costa a Est del centro storico di Tripoli) verso l’adiacente aeroporto di Mitiga.

SERRAJ SOTTO TIRO. Gli spostamenti sono sempre più pericolosi: la sera precedente uomini armati hanno nuovamente tentato di entrare con la forza nel suo quartier generale e le guardie di sicurezza hanno risposto al fuoco. Il 20 febbraio Serraj era scampato a un assalto mentre era a bordo di un convoglio preso a colpi d’arma da fuoco nella capitale. A gennaio le milizie islamiste di Tripoli, scissioniste dal blocco degli islamisti di Misurata firmatario degli accordi in Marocco per la pacificazione, avevano nuovamente attaccato alcuni ministeri dopo un primo tentativo di golpe nell’ottobre del 2016. I gruppi armati che stanno seminando insicurezza nella capitale libica non sono comunque ancora in grado di riconquistare il potere.