Romania, la lunga mano dell‘Europa dietro le proteste (e ora tocca alla Bulgaria)
10 Febbraio 2017
Dopo le manifestazioni lascia anche il ministro della Giustizia rumeno. Il governo alza i toni contro l’Europa ma è Bruxelles ad avere il coltello dalla parte del manico: a rischio l’adesione a Schengen e soprattutto i fondi. Gli altri paesi dell’Unione sono pronti ad approfittarne
A seguito delle proteste in tutta la Romania, il governo Grindeanu ha prudentemente ritirato il decreto ribattezzato “salva-corrotti” che depenalizza i reati di corruzione e l’abuso d’ufficio qualora l’illecito non superi la cifra di 200mila lei (circa 44mila euro). I moti di protesta, tuttavia, sono tutt’altro che spenti: la piazza è solerte nel chiedere le dimissioni degli esponenti di governo ritenuti ideatori della spregiudicata iniziativa normativa. E inizia a mietere vittime.
Su pressante richiesta del presidente della repubblica Klaus Iohannis – apertamente schierato dalla parte dei manifestanti – il ministro della giustizia Florin Iordache è stato costretto il 9 febbraio ad annunciare le proprie dimissioni, seppur negando che le proprie iniziative siano state illegali ed incostituzionali. Le crepe all’interno del governo romeno sono evidenti.
Iordache non è il solo ministro dimissionario: già agli albori della crisi, il ministro per il commercio e l’imprenditoria Florin Jianu ha rassegnatoA le proprie dimissioni, dichiarando che «i romeni non meritano quanto sta accadendo». Egli stesso non era informato del tema in discussione al consiglio dei ministri.
La situazione venutasi a creare, oltre ad essere fonte di instabilità politica interna, costituisce motivo di apprensione esterna. L’Unione europea mal digerisce il protagonismo del nuovo governo romeno e considera pericolosa un’inversione di tendenza nel processo riformatore e di lotta alla corruzione iniziato anni fa.