Nigeria, le testimonianze delle vittime di Boko Haram
26 Febbraio 2017
L’Italia espelle i cittadini del Paese africano. Ma i miliziani affiliati all’Isis controllano ancora parte del Nord. E lasciano dietro si sé distruzione e carestia. A L43 i racconti di segregazioni, schiavitù e violenze.
Per l’Europa i nigeriani valgono genericamente come migranti economici. Non sono associati alle masse di profughi siriani o iracheni, nonostante sempre di più fuggano dai terroristi di Boko Haram. Un regime oppressivo non li costringe da decenni, come gli eritrei, a chiedere asilo per non fare il servizio militare a vita. Il leghista Matteo Salvini era addirittura deciso ad andare «ad aiutarli a casa loro», se solo non gli avessero negato il visto. Come con l’Afghanistan (dichiarato «in parte sicuro»), con la Nigeria l’Ue cerca accordi bilaterali per rimpatriare migliaia di migranti.
RIMPATRI SUI CHARTER. Il copione è sempre lo stesso e il governo di Roma fa da rompighiaccio per Bruxelles: si danno milioni – 10 quelli promessi solo dall’Italia ai Paesi del bacino del Lago Ciad, che include la Nigeria – e in prospettiva miliardi, come alla Turchia e presto alla Libia, a dittature o a fragili e insicure democrazie. Così dopo il tour in Africa nel 2016 del premier Paolo Gentiloni, allora ministro degli Esteri, una direttiva del febbraio 2017 invita le questure a «rintracciare tutti i cittadini nigeriani in posizione irregolare». «D’intesa con l’ambasciata della Repubblica federale della Nigeria», sono pronti i charter che diverse associazioni e organizzazioni per i diritti umani denunciano illeciti.