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Europa, la gestione schizofrenica delle richieste d’asilo

12 Febbraio 2017

Il meccanismo dovrebbe essere unitario. Ma i Paesi procedono in ordine sparso. Il centro statistiche Aida: «Per i migranti è una lotteria». In Italia il 60% delle domande viene respinto. E i ritardi sono la norma.

Il  24 gennaio un migrante gambiano si è suicidato gettandosi nel Canal Grande, a Venezia. Aveva visto rifiutata la sua richiesta di asilo politico in Italia. Ma cosa c’è dietro il meccanismo con cui si stabilisce chi ha diritto o meno a entrare in un Paese europeo? L’Aida (Asylum information database), il centro statistiche sulle richieste di asilo nel Vecchio continente, lo definisce «una lotteria». Nonostante le direttive in materia cerchino di creare gli stessi criteri di valutazione, nei fatti vale il principio “Paese che vai, Europa (e asilo) che trovi”. Questo crea una spirale perversa: i migranti, spesso, si presentano nelle commissioni giudicanti di più Paesi, magari con le impronte digitali bruciate in modo che non si possano trovare le loro generalità nel sistema Eurodac, lo schedario dei richiedenti che hanno varcato i confini della Fortezza Europa.

VARIAZIONI DI ANNO IN ANNO. In teoria, le commissioni che stabiliscono se un migrante ha diritto o meno all’asilo dovrebbero valutare caso per caso. Nei fatti – e non potrebbe essere altrimenti – la nazionalità è uno dei critieri dirimenti. Solo che le chance di essere accolti possono cambiare radicalmente di anno in anno, anche se il Paese in cui si fa domanda è lo stesso e le condizioni nello Stato di origine sono rimaste invariate. L’Aida dimostra quanto sia schizofrenico il sistema di asilo made in Eu prendendo a modello il trattamento di afgani e iracheni in Europa nel 2015 e nel 2016. In Germania nel 2015 il 72% dei richiedenti afgani riceveva l’asilo politico. Nel 2016 il 55%. In Svezia, nel 2015, lo otteneva circa il 54% dei richiedenti, nel 2016 il 45%. In Norvegia nel giro di un anno anno si è passati dall’82% al 30%.