Bentornata prima Repubblica, ce la siamo cercata
14 Dicembre 2016
Il Partito Democratico vuole il ritorno al proporzionale, con cui potrà governare per i prossimi 50 anni. Fuori le opposizioni non alleabili come il M5S, dentro chiunque voglia. Bentornata Italia di 50 anni fa
Dice: non hanno capito niente del messaggio degli elettori. Dico: hanno capito tutto. E in particolare hanno capito che il Piano A, quello del Partito della Nazione che metteva insieme il mondo e batteva l’antipolitica ai ballottaggi, è sfumato.
E tocca acconciarsi al Piano B dove un Partito Democratico intorno al 30 per cento dei consensi, se riesce a conservare la maggioranza relativa – missione non impossibile – può fare accordi dopo il voto, e governare per cinquant’anni, come fece la Dc, senza l’obbligo e le insidie di inseguire le ubbìe dell’elettorato, senza la necessità di autoemendarsi, senza dover decapitare nessuno. E nel paradiso fatato del piano B ci sarà posto per tutti, come a suo tempo ci fu per i Cariglia e per i Prandini, e un Ministero della Marina Mercantile non si negherà a nessuno: che sia Ala, o i mitici Conservatori Riformisti, o il misterioso Ppa-Moderati, o uno dei dieci sottogruppi del Gruppo Misto, posto che riescano in qualche modo a rientrare in Parlamento.
La permanenza al governo della Boschi e di Lotti, quello che Pierluigi Battista ha chiamato il Giglio Continuo, si spiega solo così. Con la deliberata scelta di fregarsene delle conseguenze, perché a questo punto i voti persi sono persi, e non c’è voglia di sudare per riconquistarseli, e la coerenza chissenefrega: nella Prima Repubblica si riprese una poltrona, dopo dimissioni durate un giorno, pure Vito Lattanzio, il ministro della Difesa che si era fatto scappare Kappler dentro una valigia. Figuriamoci se è il caso di preoccuparsi della malafigura di una promessa fatta in tv e poi tradita, o della promozione del principale consigliere del Capo bruciato dal referendum. Quel che conta è mantenere il controllo del processo che porterà alla nuova legge elettorale. Mandarlo in porto con efficienza. Provvedere che il meccanismo non riservi sorprese e che ai seggi arrivino le sante matite copiative. Non a caso l’unica novità vera del Governo è l’addio di Angelino Alfano al Viminale: andava bene per gestire la routine, non lo sforzo eccezionale che si profila. E che è stato affidato a un “competentissimo” come Marco Minniti.
Nel paradiso immaginario del Piano B si troveranno a loro agio anche i grillini, come in fondo lo fu il Pci per cinquant’anni di governi democristiani: una opposizione temibile, stabilmente sopra il 25 per cento dei consensi, con un sacco di deputati e senatori, spazi televisivi, piazze, ma interdetta al governo da una versione moderna del Fattore K. E alla coppia Salvini-Meloni toccherà il ruolo che fu del Msi: fuori dall’arco costituzionale, ma alla bisogna utilizzabili come taxi quando servirà qualcosina nel voto segreto o nei lavori di Commissione. Fantapolitica? Vedremo. Ma obiettivamente non c’è altra chiave di lettura immaginabile per spiegare le scelte del Pd, che di tutto sembra preoccupato fuorchè di recuperare il terreno palesemente perso nel Paese.
Che sia Matteo Renzi o un altro a beneficiare di questo salvifico Piano B non è poi così importante. L’importante per i Democratici, credo in tutte le loro componenti, è mandarlo in porto. Gli elementi per farlo ci sono: un centrodestra alla canna del gas, che spera solo nel proporzionale per riportare in Parlamento un po’ di gente; un Movimento Cinque Stelle trincerato nel gioco dei duri e puri, e quindi ininfluente; 84 parlamentari nei gruppi misti tra Camera e Senato che aspettano solo una promessa per consegnare il loro voto a qualsiasi soluzione li tenga in gioco. E la ciliegina sulla torta, l’argomento politico con cui si difenderà il ritorno alla Prima Repubblica, è già chiaro in queste ore: avete bocciato il Referendum? Avete bocciato l’Italicum? Non lamentatevi. Ve la siete cercata.
C’è chi dice che quel modello, il modello Prima Repubblica, non può funzionare senza grandi risorse da distribuire, senza le elargizioni che segnarono l’età d’oro Dc. In realtà l’anomalia tutta italiana su cui si fonda la persistenza di quella formula ha poco a che vedere con i soldi e molto con il successo di modalità di opposizione radicale che per la loro stessa natura non possono credibilmente candidarsi a governare, e quindi costruire uno schema di alternanza al potere come esiste in gran parte del mondo libero. Se oggi esistesse un centrodestra competitivo, non avremmo avuto ne’ il Piano A – quello dell’immaginario e fallito Partito della Nazione – ne’ il Piano B ma un normale conflitto politico, con l’obbligo di tutti di cercare il consenso anziché aggirarlo utilizzando le alchimie delle leggi elettorali.
Ma il centrodestra non c’è, c’è il Cinque Stelle, non alleabile e non candidabile. E con i se non si fa né la storia né la cronaca. Quindi, ecco qui. Bentornati nel magico mondo dei Cariglia e dei Prandini.