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Soldi sulla pelle dei migranti, il business milionario dei palazzinari

11 Novembre 2016

Le Prefetture cercano case in cui accogliere i profughi, le coop cercano appartamenti. Qualche società immobiliare si è specializzata nel settore facendo da tramite tra cooperative e prefetture. E anche le agenzie sono entrate nel mercato

Il malandato mercato immobiliare degli affitti ha trovato una nuova valvola di sfogo: fornire alle Prefetture case, ville, cascine e appartamenti per l’accoglienza straordinaria dei profughi. Con il ministero dell’Interno che da Roma preme per inviare migranti e richiedenti asilo nei comuni di tutta Italia, le Prefetture sembrano essere alla disperata ricerca di strutture in cui accoglierli, lanciando appelli ai proprietari privati. E gli immobiliaristi non si sono fatti attendere, irrompendo sulla scena: ci società che si stanno specializzando nel “settore”, facendo da punto di incontro tra affittuari e cooperative, e agenzie immobiliari che tra le varie possibilità illustrano ai proprietari anche la possibilità di accogliere i migranti. «Sempre meglio che tenere le case vuote», dicono. È il mercato, bellezza.

Le case per creare i cosiddetti Cas, Centri di accoglienza straordinaria, sono ricercatissime. Anche perché spesso si lavora sul filo dell’emergenza. E contando che si tratta di un incasso di 35 euro al giorno per migrante, di cui solo 2,50 euro vanno in tasca ai migranti, il bottino in palio per tutti è ghiotto.

Il 16 novembre scade l’avviso pubblicato dalla Prefettura di Ferrara – nella provincia dove i cittadini hanno messo le barricate contro l’arrivo dei profughi – per raccogliere manifestazioni di interesse per l’utilizzo di immobili da destinare agli stranieri. «Si invitano gli eventuali interessati a manifestare a questa Prefettura la disponibilità di locare strutture e immobili», si legge nel documento. Lo scorso luglio dalla Prefettura di Lucca è arrivata una richiesta simile : «Chiunque detenga unità abitative situate nel territorio della provincia di Lucca ed intenda locarle per l’accoglienza dei cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale può segnalare la propria disponibilità» a un elenco di cooperative e associazioni cattoliche. Lo stesso hanno fatto Venezia, Fermo, Brescia, Lecco e Monza. La prefettura di Monza ha addirittura siglato un accordo con la federazione locale degli agenti immobiliari per la ricerca di soluzioni abitative adatte a ospitare i profughi.

Immobiliaristi per i profughi: c’è anche un leghista

In Lombardia, la regione che oggi accoglie la maggiore percentuale di immigrati, la società immobiliare bergamasca Minerva Logistica srl, che si occupava della compravendita di immobili, negli ultimi anni si è specializzata nel mettere in contatto i proprietari immobiliari e le cooperative che si occupano dell’accoglienza. Una sorta di centrale di collocamento per migranti.

Il nome della società si trova tra gli elenchi di aggiudicatari nei bandi per l’accoglienza di molte prefetture lombarde e anche emiliane, da Milano a Cremona, da Pavia a Piacenza. Minerva trova gli appartamenti e le coop che si occuperanno dei migranti, poi offre il “pacchetto completo” alle prefetture e vince i bandi. Un business da milioni di euro. Che a quanto pare non conosce appartenenze politiche. Visto che il factotum della società, quello che stringe mani e prende accordi, è un ex leghista, tale Bruno Bosatelli, sindaco del Carroccio del comune di Villa D’Ogna (Bergamo) per dieci anni, finito al centro di uno scandalo sollevato dalle Iene per una casa non pagata e costretto alle dimissioni dalla Lega Nord. Ora, nella sua nuova veste di imprenditore, si occupa delle relazioni con il pubblico per la Minerva. E pare essersi convertito, visto che trovare casa ai migranti è diventato il suo nuovo lavoro.

La cortina di ferro in mezzo al cortile

È Bruno Bosatelli, secondo la ricostruzione fatta dal giornale locale L’Altomilanese, a presentarsi lo scorso 20 luglio al Comune di Magenta con un biglietto da visita della Minerva Logistica srl, parlando con il sindaco a nome della società dell’arrivo di un nuovo gruppo di profughi. L’immobile preso in gestione dalla società nel comune milanese, che già dal 2014 ospita un centinaio di migranti nell’ex ospizio della Curia, è un’ala di una cascina di campagna del Settecento. La Cascina Calderara, questo il nome della struttura, abitata da generazioni dalla famiglia Sangalli, è finita nelle offerte arrivate sulla scrivania della Prefettura di Milano.

Una metà della struttura, dopo un fallimento societario di uno dei membri della famiglia, nel 2011 va all’asta e viene acquistata a metà del valore di mercato dalla Federico II srl di Legnano, posseduta per metà dal notaio milanese Claudio Letterio Scordo e per metà dalla società immobiliare Laviefuille srl. I tentativi di affittare l’ala della cascina non sono andati a buon fine, così l’immobile è finito nella mani della Minerva srl, che l’ha inserito nella rose di immobili offerti per il bando di gennaio 2016 della Prefettura di Milano. Costo del servizio di accoglienza migranti: 34,50 euro a testa al giorno (affidato prima alla coop La Cordata, poi a una coop del Consorzio Concordia di Chiari, Brescia).

Il problema è che l’altra parte della cascina è abitata ancora dal signor Valter Sangalli e dalla sua famiglia, ignari fino all’ultimo momentro del trasloco dei nuovi coinquilini. All’inizio si era parlato dell’arrivo di cento profughi, poi a settembre nella cascina sono arrivate 29 persone, 17 bambini e 12 donne, tutti provenienti dall’Eritrea.

La proprietà della cascina è divisa in due. Ma l’ingresso, un portone di legno di fronte a una campagna sconfinata, è unico. Per la famiglia Sangalli e i profughi. Che condividono anche il cortile interno. Tanto che la Minerva srl, su richiesta dei Sangalli, ha ben pensato di dividerlo con una cinta di ferro sistemata su piloni di cemento. Come quelle che si usano per i lavori in corso. E sulle lunghe balconate della corte interna, un tempo comunicanti, hanno messo una struttura divisoria coperta di edera. Di qua ci sono i Sangalli, di là i profughi. E le differenze linguistiche non aiutano i rapporti di buon vicinato. Tranne tra i bambini, gli unici ad aver fatto amicizia. Ma la mattina i bambini eritrei, nonostanta alcuni di loro siano in età scolare, a scuola non ci vanno. La struttura è tagliata fuori dal paese dalla strada statale, e nessuno dei profughi lascia mai quelle campagne per andare in centro. Di sera nella cascina si sentono i cani dei Sangalli abbaiare da un lato, e le urla dei bambini dall’altro. «Ho dovuto chiudere i cani perché loro hanno paura», dice la signora Sangalli. «La Minerva ci ha promesso che costruiranno un cancello definitivo, così potremo tornare a usare il nostro cortile come una volta».

Il mercato degli affitti dei privati

Se i centri di accoglienza, quelli grandi, sono al collasso, l’accoglienza di piccoli gruppi di profughi si può fare (ed è meglio) anche in appartamento. Le cooperative per poter partecipare ai bandi delle prefetture vanno alla ricerca di case sfitte da inserire nelle offerte. È una delle principale incombenze per loro al momento. Basta anche una cascina chiusa da anni in mezzo alle montagne piemontesi, come abbiamo raccontato. «Tanto questi prima abitavano nelle capanne», ha commentato un operatore durante una riunione. O un palazzone nascosto nel centro di Milano prima adibito a uffici, come è accaduto in via Balduccio da Pisa a Milano con il centro per migranti poi chiuso dagli ispettori ministeriali per le scarse condizioni igieniche. Si sottoscrivono i contratti tra privati e i profughi arrivano su ordine della prefettura.

Dall’altra parte, i proprietari di case e palazzine sfitte, difficili da piazzare sul mercato, si stanno facendo avanti. Basta fare una telefonata a qualsiasi prefettura italiana e dire che si ha una struttura libera da mettere a disposizione per i migranti. I centralinisti ti mettono subito in contatto con il funzionario che se ne occupa. A questo punto, la prefettura fa da tramite e avverte le coop scelte per occuparsi dell’accoglienza. Le cooperative poi faranno un sopralluogo, il proprietario darà il suo prezzo per l’affitto e una volta raggiunto l’accordo si firma il contratto. Un normale contratto di affitto tra due privati, come accade nel libero mercato. Se poi l’immobile non è messo proprio bene, il prezzo può scendere. Ma l’alternativa per il proprietario sarebbe stata tenere la casa vuota. E in questo caso si può guadagnare anche di più: trattandosi di soldi pubblici, qualche proprietario ne approfitta. A Como, come hanno raccontato le cooperative davanti alla Commissione comunale sui servizi sociali, «se il valore di affitto è di 600 euro, te lo affittano a 800-900», e nel caso di urgenze si arriva anche a «1.500 euro al mese più le spese». Di quello che accade nell’immobile, delle lamentele degli eventuali vicini che non vogliono i profughi, della sistemazione degli edifici messi male e delle attività di formazione dei profughi dovranno occuparsene le cooperative titolari del servizio. Se mai se ne occuperanno.

A Monza, invece, su richiesta della Prefettura, è stato sottoscritto un accordo con la provincia, la camera di commercio e l’associazione che riunisce 350 agenzie immobiliari locali (Fimaa). «Gli agenti immobiliari chiedono ai proprietari di mettere a disposizione gli alloggi sfitti per accogliere i migranti in attesa di protezione internazionale», spiega Beatrice Zanolini, dirigente della Fimaa Milano e Monza Brianza. «È una sistemazione temporanea, con un canone calmierato, non di mercato, e la Prefettura offre garanzie ai prioprietari, assicurando un risarcimento nel caso di eventuali danni agli appartamenti».

Certo, i proprietari sono sempre un po’ diffidenti davanti all’offerta, raccontano tutti. E convincerli è difficile. «Ma visto che il mercato delle locazioni è impantanato, anche per i tassi bassi offerti dalle banche per comprare una casa, occupare un appartamento sfitto anche per pochi mesi rappresenta comunque un guadagno, e si fa una buona azione», spiega Zanolini. Le cooperative che hanno sottoscritto l’accordo con la Prefettura e che gestiscono il servizio nella provincia sono il Raggruppamento di imprese Bonvena, e la Cooperativa sociale I Girasoli. Quest’ultima ha vinto bandi diversi centri in Lombardia, uno dei quali però lo scorso aprile è stato chiuso dalla Prefettura di Lecco perché non avrebbe rispettato gli standard minimi dichiarati al momento della gara. A Monza sono avvertiti.