Comunicare bene si può, basta cambiare punto di vista
22 Ottobre 2016
Un’informazione convulsa, frenetica, svilita. Surfa sui social in preda a deliranti onde emotive, rincorre like, brama condivisioni e ritagli di giornale poi accuratamente raccolti in rassegne stampa destinate a essere archiviate sugli scaffali, proprio come polverosi trofei in bacheca. La comunicazione, però, è ben altra cosa. All’amplificazione del segnale aggiunge la forza di un contenuto e alla potenza delle parole somma la bellezza iconografica. Anpas ha raccolto in una mostra gli scatti dei bambini di Amatrice. Ecco, questo è un esempio d’eccellenza. Ecco il perché.
Qualcuno ritiene che lo storytelling sia un termine abusato e inflazionato, ma non è affatto vero. Raccontare a quante più persone possibili storie di straordinaria ordinarietà, oltre che un mestiere nobile è anche un’attività socialmente utile. Non solo informa, ma emoziona. E se raggiunge un adeguato livello di empatia sortisce l’effetto sperato. Una prima pagina di giornale? No, almeno non come priorità. Piuttosto smuove le coscienze, aiuta a comprendere (di più e meglio) fatti e contesti, incide positivamente sul cambiamento culturale e rende perfino contagiosa la solidarietà.
Anpas, che ci ha abituati da tempo a una buona ed efficace comunicazione, stavolta la prima pagina l’ha conquistata davvero: quella di Corriere della Sera. Una prima pagina meritata. Perché oltre a comunicare i numeri dell’emergenza, la quantità dei volontari presenti, i soldi raccolti o le dichiarazioni del presidente, be’, le pubbliche assistenze d’Italia hanno raccontato una storia che più di ogni altro articolo o comunicato riesce a far capire cosa significa vivere tra i terremotati.
Un’attività “ordinaria” svolta con i bambini del campo di protezione civile di Amatrice è diventata improvvisamente straordinaria. L’eccezionalità e il merito di questo progetto narrativo sta prima di tutto nell’aver colto la potenzialità di un’idea che era già lì, a portata di mano. Perché quell’attività educativa e terapeutica si sarebbe svolta a prescindere dalla eco prodotta.
Anpas ha fermato l’attimo: alcune foto della mostra, un video, il “catalogo” in formato pdf.
L’attacco del comunicato, poi, basta di per sé.
«Penta, pinta, pin, però. E’ la formula magica che il Mago Lapone ha svelato un giorno nella struttura protetta per l’infanzia Anpas del campo di accoglienza di Amatrice. Le prime quattro parole magiche che i bambini hanno imparato subito dopo il terremoto del 24 agosto 2016. Sono diventate le parole magiche per raccontare la vita quotidiana del campo di accoglienza attraverso cento fotografie fatte dai bambini stessi: la cucina, la lavanderia, gli spazi comuni, i volontari, i giochi, le tende, la mensa, i soccorritori venuti da tutta Italia, l’esercito. Un campo d’accoglienza visto dai loro occhi, alla loro altezza, un po’ più in su del terremoto».