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Colombia: il riuscito sciopero della fame che ha cambiato l’università di Tolima

7 agosto 2016

Dal 6 al 15 luglio, presso l’Università di Tolima [it] in Colombia, nove persone tra studenti, professori e impiegati, hanno intrapreso uno sciopero della fame per protestare contro la grave crisi amministrativa, finanziaria, democratica e governativa che questo istituto sta attraversando e per la quale si ritiene responsabile il rettore, José Herman Muñoz Ñungo.
I protagonisti hanno dato inizio allo sciopero [es, come gli altri link eccetto dove diversamente segnalato] dopo aver esaurito tutti i possibili canali diplomatici. Nella loro lista di richieste, una chiedeva al rettore di rispondere a 21 domande e di consegnare la sua lettera di dimissioni. Quest’ultimo però, si è dimostrato refrattario sia alle dimissioni che al rispondere alle domande proposte, ed anche il Consiglio Superiore ha deciso di rimanere in silenzio. Questo ha fatto sì che lo sciopero della fame si protraesse per nove giorni, alla fine dei quali, e grazie alla mediazione di una commissione regionale e alla presenza del Ministero del Lavoro, è stato firmato l’accordo che sancisce la fine dello sciopero con la rinuncia del rettore, dal 31 luglio, al suo incarico e l’accettazione per iscritto di alcuni punti della lista di richieste.

José Javier Cepera, dal portale Rebelión, ha riassunto così il conflitto:

Alla fine, la sete di giustizia nell’università è una necessità, e si tratta di provare ad aprire nuovi varchi, realizzare azioni collettive in difesa del settore pubblico, esigendo comunque una trasformazione strutturale che non consiste solo nel cercare di attrarre risorse finanziarie, ma nel riprogettare l’università, le sue basi, le direttive, gli accordi, le normative, le ragioni, i sentimenti e i progetti che non continuino ad essere a servizio del mercato, dei gruppi politici e dei politicanti, ma che siano a favore dei popoli esclusi al giorno d’oggi.
Il gruppo di scioperanti ha scritto sul portale El Salmón che questo gesto è stato fatto non solo a beneficio dell’Università di Tolima, ma anche “a difesa dell’università pubblica, oggi minacciata da politiche del Ministero dell’Educazione Nazionale volte alla privatizzazione”. Nello stesso modo, si è parlato dell’impegno che sperano di ottenere dalla comunità per seguire da vicino questo processo:

Dobbiamo informare la comunità universitaria e la collettività in generale, che questo movimento non si limita unicamente alla rinuncia di un rettore, ma è un esercizio volto ad una trasformazione radicale dell’Università di Tolima, nel contesto dell’AUTONOMIA, dell’AUTOGESTIONE e della QUALITÀ ACCADEMICA; per questo facciamo un appello a tutte le comunità per costituire un patto sociale che permetta, partendo dal dibattito, la configurazione di una università moderna, al servizio della regione e non degli interessi dei politici di turno. Rifiutiamo qualunque intento di violazione dell’AUTONOMIA UNIVERSITARIA, come nel caso della Legge 550 e 1740 o delle ristrutturazioni organizzate in maniera illecita; non accetteremo neanche l’imposizione autoritaria di un rettore da parte di nessun settore; ovvero il rettore incaricato e il resto del personale, dovranno attenersi ad un processo di legittimizzazione interno alla comunità accademica.
Global Voices (GV) ha voluto addentrarsi di più nella questione ascoltando le argomentazioni degli scioperanti, così è stata proposta un’intervista ad uno di loro: Carlos Arturo Gamboa Bobadilla, blogger pioniere della rete colombiana, scrittore, attivista, docente e presidente dall’Associazione Sindacale dei Professori Universitari (ASPU). Nonostante fosse parecchio provato, ha continuato a dare aggiornamenti in merito allo sciopero dal suo blog e dal profilo Facebook perché, come egli stesso ha detto in uno dei suoi post: “Credo che non potrò mai scioperare dal parlare, non sono nato per essere un sommo sacerdote del silenzio”.


Carlos Arturo Gamboa Bobadilla durante lo sciopero della fame. Immagine dal suo profilo Facebook, pubblicata con la sua autorizzazione.

GV: Per cominciare, una cosa molto importante, come ti senti in questo momento a livello fisico e mentale?

Carlos Arturo Gamboa Bobadilla (CAGB): Il corpo risente abbastanza di nove giorni di sciopero della fame ma, fortunatamente, secondo il parere medico non ho subito nessuna ripercussione. Adesso devo riposare qualche giorno e seguire le disposizioni del medico. Mentalmente noi scioperanti ne usciamo fortificati, siamo riusciti a raggiungere alcuni obiettivi concreti, ma sopratutto abbiamo dato visibilità al problema dell’Università di Tolima a livello nazionale. Per far sì che i problemi inizino ad essere risolti bisogna prima di tutto accettarli, e credo che in questo momento davvero poche persone potranno continuare a rimanere ai margini della realtà che stiamo subendo.
GV: Come definiresti la tua esperienza durante lo sciopero della fame? Credi che ne sia valsa la pena di sacrificarti e mettere a rischio la tua vita?

(CAGB): Anche se estrema, nel senso che rischi molto la tua salute, questa esperienza mi ha permesso di riflettere su diverse cose, tra le quali il tema della solidarietà che mi ha coinvolto da sempre. Noi ci indignamo per tutto, ma non facciamo niente, e quando qualcuno decide di fare, non ci aggreghiamo. Nell’università ho trovato la solidarietà di molte persone, compresi alcuni che non la pensano come noi. Patire la fame vuol dire sentirsi umano, avvicinarsi alla condizione dell’animale che ci ha preceduti, ed anche riflettere sul senso della vita perché se non ti alimenti ti decomponi e questo ti fa pensare all’essere “qui”, al vivere.

Non credo che avrei messo a repentaglio la mia vita, quello che abbiamo fatto noi scioperanti è stato un distaccarsi da un’istituzione che stava affondando, è un segnale di resistenza nella quale l’azione è forte quanto l’idea.
GV: Come immagini il futuro dell’Università di Tolima e dell’educazione pubblica in Colombia?


(CAGB): Quello che accade nell’Università di Tolima è un esempio della situazione scolastica della Colombia, con un ingrediente in più, ovvero il fallimento di un gruppo che ha detenuto il potere direttivo durante gli ultimi quattro anni. Adesso ci tocca ricomporre i pezzi, l’Università di Tolima è aperta da circa 60 anni, diciamo che si trova all’inizio del suo cammino come istituzione. È arrivato il momento di modernizzarla, di crearle uno scudo contro la politica regionale, di riorientarla accademicamente, di connetterla alla regione, a definire la sua missione perché non possiamo continuare ad assomigliare a quelli che non siamo.

Bisogna apportare un grande cambiamento all’educazione pubblica nazionale, gli anni del post-conflitto lo richiedono. Senza un sistema educativo nazionale che scommetta sulla ricostruzione del paese, sarà più difficile radicare il sentimento di pace. Credo che l’educazione, se ben orientata, sia fondamentale per ridefinire la democrazia, la comunità e i cittadini impegnati politicamente. Bisogna spingere affinché questo accada, lo stato non sembra molto interessato, e allora saremo noi, i cittadini, a dare impulso a questo cambiamento.
GV: Quale pensi sia il ruolo dell’istruzione nell’ambito dell’attuale processo di pace in Colombia?

(CAGB): Essenziale. L’educazione permette alle persone di acquisire altre dimensioni, altre visioni del mondo, e sopratutto di riconoscere le possibilità del sapere. I curricula devono essere rivisti di conseguenza, essere messi a disposizione di un progetto nazionale, abbandonare i miti della competitività e del falso progresso come fine ultimo e concentrarsi su questa novità che Jacques Delors chiama “imparare a vivere insieme”, che forse è quello che ci manca come colombiani.

GV: Ti consideri attivista, scrittore, docente o qualcosa di più?


(CAGB): Credo che in me ci sia un po’ di tutto questo. Non riesco ad immaginarmi come un docente senza capacità di azione e di pensiero critico, o uno scrittore chiuso davanti a un computer che prova a raccontare o mettere in versi la vita senza viverla di persona. Se osservi attentamente, tutte queste azioni sono attraversate dalla parola, credo di essere questo: un uomo incantato dalle parole che generano un’azione trasformatrice. Se la parola non riesce a trasformare è meglio rimanere in silenzio.
GV: Citando una tua frase: “Il giorno in cui mi sveglierò senza la volontà di cambiare il mondo, sarà il giorno in cui il mondo avrà cambiato me”, credi che arriverà questo giorno?


(CAGB): La frase è nata mentre cercavo di scrivere un racconto nel quale il protagonista sarebbe dovuto essere un idealista. La storia alla fine non è riuscita, ma è rimasta la frase. L’ho conservata per me, nel profondo sono questo, un idealista, e mi piace esserlo. Non mi piace, invece, il mondo nel quale sono nato, nel quale vivo, che è peggiorato da quando sono venuto al mondo. Vorrei cambiarlo e ogni giorno provo con le piccole cose. Ci troviamo nel tempo della rivoluzione delle piccole cose, per questo lottare per cambiare un’istituzione formativa come l’Università di Tolima merita tutto il nostro sforzo. Spero di poter rimanere idealista fino alla fine, perché mi disgusta vedere così tanto conformismo; mi dispiace anche vedere quelli che un tempo erano rifugiati combattenti, che ora vivono nell’agiatezza che offre l’egoismo del benessere individuale.
GV: C’è qualcos’altro che vorresti condividere?


(CAGB): Il desiderio di cambiamento. Teniamolo sempre presente o moriremo. Dobbiamo smetterla. Il mondo sta andando a rotoli. Ogni giorno contribuiamo col nostro consumismo sfrenato a depredare il pianeta, è facile rimanere a guardare, il difficile è cambiare. A volte vorrei avere il potere di azzerare le menti, questo è impossibile, per questo sono professore, perché credo che dalle aulee sia possibile cambiare il chip dell’autodistruzione che ci è stato impiantato tempo fa dal capitalismo.
Dimostrazioni di solidarietà

Sono state così tante le dimostrazioni di solidarietà alla causa, sia online sia della comunità in generale, che il rettore Múñoz si è visto obbligato a richiedere, all’interno degli accordi, la “cessazione di ostilità e violenza psicologica”.

A favore degli scioperanti e dei loro diritti, ci sono state adesioni e fermenti anche da parte di alcuni sindacati e di organizzazioni professionali a livello nazionale. Dall’interno della stessa Università di Tolima, tre grandi eventi hanno supportato la causa: una raccolta di oltre 3.000 firme a favore delle dimissioni del rettore Múñoz; la decisione dell’università di bloccare le attività dal 12 luglio; e l’appello fatto dai membri dell’università all’Uffico del Procuratore Generale nazionale affinché indaghino sul rettore e gli altri funzionari per appropriazione indebita.

Anche su Twitter sono apparse molte frasi di solidarietà con l’hashtag #HuelgaDeHambreUT (#ScioperoDellaFameUT).