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La storia di un libro leggendario in una lingua illeggibile

di Ludovica Lugli, 16 giugno 2016.



È il
“Codex Seraphinianus”, scritto e illustrato da Luigi Serafini,
pubblicato 35 anni fa e diventato un oggetto di culto in tutto il mondo.

Il Codex Seraphinianus
di Luigi Serafini è un libro illustrato pubblicato nel 1981 che negli
anni è diventato famoso in tutto il mondo in una nicchia di appassionati
(alcuni organizzano viaggi a
Roma per vedere la casa dove fu scritto), affascinati sia dall’oggetto
in sé sia dal mistero che circondava il suo autore prima che Rizzoli
ripubblicasse il libro dieci anni fa. Il Codex è l’enciclopedia
di un mondo fantastico, scritto in una lingua inventata e senza
significato, in un alfabeto indecifrabile. Ci sono pesci che sono anche
occhi o viceversa, e rinoceronti che contengono altri rinoceronti.


Fu pubblicato per la prima volta dall’editore di volumi artistici
Franco Maria Ricci, che nel frattempo ha smesso di pubblicare libri ma
ha costruito il più grande labirinto del mondo (il Labirinto della
Masone che si trova a Fontanellato,
in provincia di Parma). Tra i suoi estimatori ci sono stati Roland
Barthes – che lo lesse in anteprima, quando ancora non era stato
pubblicato – e Italo Calvino. Dal 1981 il 
Codex ha venduto circa 70mila copie in tutto il mondo.

Il Codex è stato ripubblicato da Rizzoli nel 2006 e nel 2013, costa 100 euro nella versione economica, 300 in quella deluxe. Tra il 2006 e l’ultima edizione di Franco Maria Ricci nel 1993, la fama del Codex
si è in qualche modo diffusa attraverso Internet. Quando Rizzoli ha
chiesto a Serafini di ripubblicarlo, girava in rete una versione del
Codex
digitalizzata in modo amatoriale: era un pdf ottenuto scannerizzando
l’edizione americana del 1983, pubblicata dalla casa editrice Abbeville
Press. Molte persone stampavano in bianco e nero il pdf e lo rilegavano,
come fanno gli studenti con i libri universitari piratati, per poi
scattare le foto delle loro copie fatte in casa.


Grazie a internet il Codex è stato conosciuto da moltissime
persone in tutto il mondo, anche grazie al fatto che, essendo scritto in
una lingua non decifrabile, può essere letto in tutte le lingue. Gli
Stati Uniti per esempio sono uno dei paesi dove il
Codex è più conosciuto. A dicembre alcuni giornalisti di Great Big Story – un
video network finanziato da CNN – hanno intervistato Luigi Serafini: il
video dell’intervista ha più di 600mila visualizzazioni su YouTube, e
molti dei 182 commenti sono in arabo.

Cos’è il Codex Seraphinianus (una descrizione inevitabilmente incompleta)

Il Codex, che Serafini scrisse e disegnò in due anni e mezzo
a partire dal 1976, è diviso in più parti che trattano
diversi argomenti, come una normale enciclopedia: ci sono la botanica,
la zoologia e la mineralogia, la moda, la gastronomia e la
tecnologia. Del finale del Codex Seraphinianus Italo Calvino, nel 1982, scrisse:



«Alla fine (è l’ultima tavola del “Codex”) il destino
d’ogni scrittura è di cadere in polvere, e pure della mano scrivente non
resta che lo scheletro. Righe e parole si staccano dalla pagina, si
sbriciolano, e dai mucchietti di polvere ecco che spuntano fuori gli
esserini color arcobaleno e si mettono a saltare. Il principio vitale di
tutte le metamorfosi e tutti gli alfabeti riprende il suo ciclo».



Nell’ultima edizione del Codex è presente una prefazione di
Serafini con nuove illustrazioni e un racconto sulla nascita dell’opera
in un fascicolo a parte, il Decodex. Spiega per esempio di aver
avuto l’idea di accostare alle immagini fantastiche una lingua
fantastica pensando a cosa si prova da bambini guardando
le illustrazioni di un libro senza poterlo leggere.

La storia del Codex

Luigi Serafini ha raccontato al Post che a un certo punto nel ’76 si mise a disegnare le illustrazioni del Codex
senza sapere bene cosa stesse facendo. Aveva studiato architettura e si
manteneva lavorando per vari studi di Roma, dove è nato nel 1949. Le
creature del Codex si «muovevano sui fogli come se fossero
tavole di un’enciclopedia» e così gli venne spontaneo «aggiungere una
scrittura inventata» ai disegni, per spiegarli senza farlo davvero.
Non sapeva però cosa fare con le tavole: se il Codex fosse nato oggi, ha detto al Post, sarebbe stato un blog.

Poi una sera un amico gli chiese di andare al cinema e senza pensarci
Serafini gli rispose che non poteva perché era impegnato a “scrivere
un’enciclopedia”: prima di questo momento non si era reso conto
che stava di fatto lavorando a un libro. Decise allora che non avrebbe
proposto il Codex a una galleria d’arte per una mostra, ma a una casa editrice.


Dopo
qualche tentativo fallito – gli editori pensavano non fosse facile
vendere un libro molto lungo e illeggibile – Serafini decise di proporre
il Codex a Franco Maria Ricci. Ebbe l’idea dopo aver visto
nella vetrina di una libreria di Roma che oggi non esiste più un volume
della collana I segni dell’uomo di Franco Maria Ricci Editore.
Rendendosi conto che si trattava di una casa editrice particolare –
pubblicava Jorge Luis Borges e molti altri autori sudamericani, ma anche
nuove edizioni di testi antichi e poco conosciuti – Serafini pensò che
fosse adatta al Codex; ritagliò da un giornale una fotografia di Franco Maria Ricci e andò a Milano per incontrarlo.



Non aveva un appuntamento e si mise ad aspettare fuori dal suo
ufficio, all’epoca in via Santa Sofia, fino a quando non lo avesse visto
comparire: aspettò per un pomeriggio senza risultati, ma il secondo
giorno vide Ricci e lo seguì nel suo ufficio e gli mostrò alcune tavole
del Codex. Ricci si convinse in fretta a pubblicare, in due volumi, il Codex Seraphinianus,
che fu presentato nel novembre del 1981. Per volere di Serafini, non
c’era il nome dell’autore sulla copertina; solo leggendo il colophon si
scopriva l’identità dell’illustratore, scritta in latino. Italo Calvino
scrisse un saggio sul Codex sulla rivista della casa editrice, FMR; Vittorio Sgarbi collaborò alla mostra di presentazione realizzata a Palazzo Grassi a Venezia.





La prima libreria in cui si poté comprare il Codex
era a Parigi: lì il libro fu acquistato da un giornalista
olandese, Maarten Assceher, che ne scrisse su un quotidiano olandese. In
Italia il Codex non aveva ricevuto molta attenzione
dalla stampa, mentre l’articolo di Assceher ebbe grande risonanza nei
Paesi Bassi: il giornalista ha poi ha raccontato a Serafini che molte
persone lo contattarono per chiedergli dove trovare il libro.



 
Le prime edizioni internazionali furono quella americana (per
Abbeville Press), quella tedesca (per Prestel Verlag) e quella olandese
(per Meulenhoff/Landshoff), furono pubblicate nel 1983. Nel 1993 invece
Franco Maria Ricci pubblicò una nuova edizione, questa volta con il
saggio di Calvino come prefazione. Con la cessione della Franco Maria
Ricci Editore (nell’84 Ricci portò FMR negli Stati Uniti investendo 5 miliardi di dollari, ma così perse molti soldi), Serafini pensò che la storia del Codex fosse finita.



 
Non è stato così e le due edizioni Rizzoli hanno venduto 12mila
copie, che non sono poche considerando il prezzo del libro. La copertina
delle nuove edizioni è avorio e oro, come richiesto da Serafini; quella
del 2013 si distingue da quella del 2006 perché le coccinelle che ci
sono raffigurate arrivano molto più lontano sulla pagina. Esistono anche
nuove edizioni internazionali: una americana, pubblicata da Rizzoli,
una ucraina e una cinese.


Sul sito di e-commerce di libri usati e antichi Abebooks si possono trovare vecchie edizioni del Codex:
quella americana dell’83 costa circa 450 dollari (400 euro), quella di
Franco Maria Ricci Editore arrivano fino a 700 dollari (circa 620 euro),
mentre l’edizione deluxe di Rizzoli del 2013 è in vendita a 750 dollari (circa 670 euro). In Cina c’è stata anche un’edizione pirata: Serafini ha raccontato al Post
che quando è andato a Pechino a presentare il libro (ricevendo
un’accoglienza «da rock star») un funzionario governativo presente nel
pubblico è intervenuto per dire che il suo ufficio si stava impegnando
molto per bloccare le copie pirata, in vendita a 20 euro invece che a
100.


Il Codex ha una certa popolarità anche sui social network.
Su Instagram ci sono quasi duemila post taggati con
“#codexseraphinianus”, e molti sono immagini di tatuaggi ispirati ai
suoi disegni.

Rizzoli ha anche pubblicato altri due libri illustrati da Serafini: il manuale di botanica umoristico Storie naturali di Jules Renard e Il coniglio d’oro, un libro enciclopedico sui conigli scritto da Daniela Trasatti.

FONTE: Il Post