Il Palfest che rompe l’assedio culturale
settimana scorsa in Cisgiordania si è svolta la nona edizione del
PalFest,
il Festival palestinese della letteratura.
Che non è il Festival della
letteratura palestinese (d’altra parte la posizione degli aggettivi
a qualcosa servirà, no?), ma un Festival letterario a vocazione
locale e internazionale che si svolge nelle città della Palestina
storica.
Il Palfest è nato da un’idea di
Ahdaf Soueif,
scrittrice e attivista anglo-egiziana che da poco è stata ospite in
Italia al Salone di Torino. Ed è sempre Soueif che ogni anno conduce
i vari ospiti tra le città palestinesi teatri dei vari eventi
culturali.
Questa nona edizione ha collezionato
il più alto numero di ospiti (ben 31 tra scrittori, musicisti,
giornalisti e intellettuali palestinesi e di altre nazionalità, tra
cui il Premio Nobel JM
Coetzee) che abbiano mai
partecipato a quello che è stato definito l’Iron
Man dei festival letterari.
Perché Iron Man? Perché è
fisicamente stancante e psicologicamente pesante: gli ospiti hanno
partecipato ad incontri a Nablus, Ramallah, Betlemme, Gerusalemme e
Haifa e hanno attraversato checkpoint israeliani, hanno visitato
campi profughi palestinesi, città blindate, sono stati sottoposti a
perquisizioni e controlli da parte delle autorità israeliane.
Le foto che seguono sono tratte
dall’account Facebook del Festival, per la galleria completa potete
cliccare qui.
E come è spesso accaduto, ci sono
stati problemi legati al visto di alcuni degli ospiti: quest’anno è
toccato allo scrittore Ahmed Masoud, nato a Gaza ma residente a
Londra (e dotato di passaporto britannico), che si è visto rifiutare
l’ingresso dalle autorità israeliane. Nonostante il passaporto
britannico, contava di più la sua città di nascita, Gaza. Il
passaggio che segue è tratto dal suo blog:
“What does that even mean?” I was
genuinely confused
“Go back to Gaza” he carried
on
“But I can’t” I bloody
can’t, I damn can’t, I truly and honestly can’t.
Israel denied me entry to
Palestine mainly because I am from Gaza. That’s it, no
other reason what so ever. No further explanation, no
details, they didn’t give a shit even though I was travelling on my
British passport. They took me to a room and showed me all my details
on a screen, an Israeli soldier came carrying a big gun. I said
I wanted to speak to my British Embassy, but they just laughed and
said in a thick Arabic accent “Enta Falasteeni khabebi” (You
are Palestinian darling).
Il Palfest ha un duplice
obiettivo: portare in
Palestina ospiti ed eventi legati alla letteratura e alla cultura
internazionale per un pubblico che altrimenti avrebbe poche
opportunità di conoscere di persona autori e libri della letteratura
mondiale e che a causa delle restrizioni ai movimenti tra le stesse
città palestinesi difficilmente può accedere ad eventi organizzati
anche solo a poche decine di chilometri di distanza (ecco perché è
un Festival itinerante).
E sensibilizzare gli intellettuali non
palestinesi sulle condizioni di vita dei palestinesi.
In entrambi i
casi si tratta di “rompere un assedio culturale” imposto da
Israele ai palestinesi.
FONTE: Editori araba