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Eritrea, gli schiavi col fucile

di Angelo Perfetti, 22 giugno 2016.



Siamo abituati a vedere le forze armate come l’esempio più alto
di attaccamento alla Patria, come una scelta di vita disposta anche ad
andare incontro alla morte, come l’esempio più alto di abnegazione. Ma
non è sempre così, non in tutte le parti del mondo, almeno.
Quando fare il militare non è una scelta ma una costrizione, quando la
leva obbligatoria non è di un solo anno ma dura un’intera esistenza,
quando le condizioni di sopravvivenza sono messe a rischio nello stesso
vivere quotidiano più che in battaglia non siamo più davanti
all’appartenenza a un corpo militare ma a una nuova forma di schiavitù. O
forse sarebbe meglio dire “rinnovata”, perché nelle pieghe della storia
ci sono già esempio di uomini costretti a combattere loro malgrado.


Lo dice l’Onu, e parla di una delle tante periferie del mondo, l’Eritrea.
Dove il servizio militare illimitato equivale appunto a una forma di
schiavitù ed è quindi “un crimine contro l’umanità”. “Circa 400.000
persone in Eritrea sono schiave del militare illimitato”, ha detto Mike
Smith, presidente della Commissione per l’Eritrea del Consiglio Onu per i
diritti umani. Nel 2015, più di 47mila eritrei hanno provato a fuggire
per chiedere asilo in Europa, ma altre decine di migliaia si sono
diretti verso il Sudafrica e nei Paesi vicini.


“I funzionari eritrei – afferma il rapporto della Commissione Onu
– esercitano un vero e proprio diritto di proprietà sui cittadini; “ci
sono buone ragioni per credere – afferma la Commissione – che i
funzionari eritrei hanno commesso il reato di schiavitù, un crimine
contro l’umanità, perpetrato in maniera sistematica e in modo
persistente a partire dal 2002”. “Sono pochissimi i cittadini che non
hanno l’obbligo di servire lo Stato nelle forze armate “ha detto Smith
in una conferenza stampa. E questo è uno dei motivi per le quali gli
eritrei fuggono a migliaia da questo piccolo paese del Corno d’Africa,
con 6,5 milioni di persone.



Per la Commissione d’inchiesta, la leva militare dovrebbe essere ridotta
a un anno e mezzo al massimo, come previsto. Ma nella realtà le cose
sono ben diverse: secondo il rapporto, “negli ultimi 25 anni tutto è
ruotato intorno a centri di detenzione, campi di addestramento militare e
altre sedi in tutto il Paese”. Il presidente della Commissione
d’inchiesta ha chiesto al Consiglio di Sicurezza di adottare “misure
mirate” contro i responsabili di questi crimini.



Tra le raccomandazioni che presenterà al Consiglio dei Diritti Umani,
ci sarà anche la Richiesta per il governo eritreo di attuare la
Costituzione del 1997 e ratificare numerose convenzioni che garantiscono
i diritti umani; nonché l’applicazione del codice penale, procedura
penale, civile e procedura civile stilato nel maggio 2015. La situazione
nel Paese è precipitata da quando nel 1993 sotto l’egida dell’Onu si
svolse un referendum per decidere se l’Eritrea dovesse finalmente
diventare un Paese indipendente o mantenere la federazione con
l’Etiopia. Il 99% degli eritrei votò per l’indipendenza, dichiarata
ufficialmente il 24 maggio 1993. Da allora il paese è in mano a Isaias
Afewerki, presidente-padrone che gioca molto sui conflitti regionali.
Aferwerki ha isolato e militarizzato l’Eritrea. La gente è poverissima,
con la corruzione alle stelle.



Secondo l’ultimo rapporto annuale di Amnesty International,
la situazione dei diritti umani nel paese è drammatica: “E’ rimasto
obbligatorio anche l’addestramento militare per i minori. Le reclute
sono state impiegate per svolgere lavori forzati. Migliaia di
prigionieri di coscienza e prigionieri politici hanno continuato ad
essere detenuti arbitrariamente in condizioni spaventose. L’impiego
della tortura ed altri maltrattamenti è un fenomeno diffuso”.
Esattamente un anno fa le Nazioni Unite diffusero documento che
sintetizzava i risultati di indagini sulla situazione dei diritti. Le
conclusioni contenute nel documento dell’Onu erano terribili. È passato
un anno… 

Uno schiaffo alla libertà, ma siamo in una delle periferie del
mondo, uno di quei posti dove nessuno ha un interesse specifico. Un
posto invisibile, e infatti non è cambiato nulla.

FONTE: Interris