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Poesia del giorno. Jack Hirschman

di
Redazione Italia, 31 Maggio 2016















Madre






Non
siamo in questo mondo
tanto tempo fa
ebbe fine:
il mondo la
guerra la guerra mondiale.




Ti
tenni per mano
per attraversarlo
la più piccola mano, la più
piccola stella.
Non ti muovesti, poi
io ero morta, poi eri
morto tu.




Nella
bocca aperta del dolore
c’è una candela.



Non sono col mio
respiro,
sono il lento squamarsi
della pelle
e tutto quello
che tutte le morti
che ho visto è registrato
nei miei occhi.




Sono stata un albero che
ride
accanto a una stufa
di banane mielate,
sono stata una
volpe argentata
e l’eleganza dei tacchi a spillo,
sono stata
quello
che ti ha buttato giù
e le parole che cerchi,
sono
stata vittima di sputi
e di stupri,
il caduto e
l’invincibile,
la cagna delle lune,
la frustata della
compassione
dietro la droga delle puttane,
il filo rosso
che
libera tutti i prigionieri,
il ditale che bilancia
i tuoi
bicchierini,
la kalimba che avvolge
i tuoi incubi in
ninnananne,
il potere della nascita
quando un bambino muore.




Non siamo in questo
mondo
tanto tempo fa
ebbe fine:
il mondo la guerra la guerra
mondiale.




Ti tenni per mano
per
attraversarlo
la più piccola mano, la più piccola stella.



Perché dovrei piangere
ora, ora
che sei entrato nelle tenebre?
Molti come me sono
intorno a te.
Il nostro etere è infinito.



Non dovessimo parlare di
nuovo
tu scriverai la nostra conversazione.
Dovesse la mia voce
non bastare al tuo cuore
(ma questo è impossibile,
sei ancora
così piccolo,
sto piangendo alla finestra),
altre voci la
solleveranno
e la porteranno al centro
del tuo respiro.




O mio caro, quando
scoppiasti in fiamme,
quando le tue ossa si riempirono di
bolle,
in quel preciso istante,
chi guidò i semi in un
rapido
torrente di cosce e gravò
di gloria le uova bramose?



Quando crescesti da
sillabario
a testo di rabbia
per tutta l’ingiustizia di
questo
inferno dei grandi profitti,
quando la tua mente fu
spezzata,
quando il tuo sesso fu diviso
come la Corea, il
Vietnam,
come il Nord e il Sud,
quando i veleni vennero con
piacere
e l’antidoto era morto,
chi sferzò l’aria
come
se torcesse il collo a una gallina?
chi strappò le penne e le
lanciò
per attutire la tua caduta?



Io sono la creatura che
corre lungo le strade
gridando il tuo nome contro lo scherno,
sono
il sonno del suicida
e la cataratta di capelli immemorabili,
sono
l’attacco di libertà ai duri di cuore
e di poesia ai duri di
orecchio.



La solitudine, la grazia,
il sorriso
che risponde al tuo sorriso
dalle profondità della
biologia
di un travaglio e gioia
a cui solo i battiti del cuore
del ditirambo si avvicinano,
solo lo strimpellio dell’anima del
cosmo definiscono.




Non siamo in questo
mondo
tanto tempo fa
ebbe fine:
il mondo la guerra la guerra
mondiale.




Ti tenni per mano
per
attraversarlo
la più piccola mano, la più piccola stella.