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Donald Trump, definizione vivente dell’autentico populista.

di Eileen
Quinn
, vociglobali
, 29 Marzo
2016

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Sembra
essere sbucato dal nulla; è estremista e irascibile, e fa uso di una
retorica piena di rabbia e di un messaggio ambiguo e quasi
incomprensibile.
Le sue
posizioni politiche non si allineano a quelle del partito che afferma
di rappresentare, e al momento domina il discorso e processo
politico.
Stiamo
parlando, ovviamente, di Donald Trump.
Ma di che
tipo di politico si tratta?
E perchè
la risposta a questa domanda dovrebbe essere importante?
Per quanto
concerne la prima domanda, le teorie al riguardo sono varie e abbonda
la confusione. 
Se alcuni lo definiscono autoritario, populista
autoritario, nascente fascista e finanche leader fascista di estrema
destra, altri hanno visto in lui, stranamente, l’esempio vivente di
un moderato ideologico.
Alla
domanda se Trump può essere considerato un populista puro,
Michael Kazin, un’autorità del populismo americano, resta
perplesso perchè non ha “ben compreso chi sarebbe il popolo” nel
discorso politico di Trump.
Quel che è
più certo è che Trump, diversamente dai suoi rivali, non è un vero
conservatore. 
Che cosa è allora?

Il
suggerimento, in linea con Kazin e altri critici perplessi, è che
Trump sia l’esempio più autentico di una leadership populista
ribelle la quale appartiene totalmente ad una lunga tradizione di
populismo negli States, e che sta rinascendo.
La saggezza
nel trattare di populismo comincia con il significato che viene
attribuito al termine. Questo deve essere abbastanza preciso e al
tempo stesso, compito non meno arduo, specificare cosa il populismo
non sia. Come suggerito altrove, il populismo può essere definito
superficialmente come liberalismo democratico, il che rivela anche il
suo polo opposto ovvero il liberalismo politico.
L’allusione
principale di questa prospettiva è che, nonostante il populismo sia
per definizione democratico, esso riveli un concetto di democrazia
chiaramente ostile ai principi democratici. 
Il populismo, in altre
parole, è l’idea di un certo tipo di democrazia in cui
l’illiberalismo surclassa il liberalismo.
Il passo
successivo deve consistere nel dare un contenuto più sostanziale ai
termini “liberalismo” e “illiberale”.
In sintesi,
un politico liberale è qualcuno (o partito) che si attiene a
ciascuno e al complesso di questi principi: in primo luogo, la
consapevolezza che la società moderna è divisa da molte, e spesso
trasversali, fratture; in secondo luogo, il bisogno di impegnarsi a
superare quelle fratture per mezzo della promozione del moderatismo
politico, del consenso e di accordi; infine, la dedizione alla legge
e la difesa dei diritti delle minoranze come mezzi per realizzare il
liberalismo politico.
In netto
contrasto con quanto sopra, i politici o partiti illiberali
considerano la società come divisa da una sola frattura, la quale
sembrerebbe separare le persone comuni da qualche idea di “classe
dirigente”; questi leader quindi incoraggiano la polarizzazione e
l’avversità politica rifiutando il compromesso; infine, basandosi
sulla convinzione che rappresentino la principale e migliore porzione
del “popolo”, i leader illiberali ignorano le minoranze e la
legalità istituzionale, preferendovi il sistema maggioritario.
Qui entra
in gioco Trump. È arrabbiato con la classe dirigente (espressione
divenuta ormai propria del suo discorso) e con varie altre élite le
quali, a suo avviso, hanno tradito il popolo americano. 
Si rivolge a
quella fetta di americani bianchi, appartenenti alla classe operaia e
che regolarmente pagano le tasse, che stanno rimanendo indietro e che
sentono di essere trascurati dalle élite conservatrici.
Tuttavia,
essendo Trump stesso un miliardario, non é un anti-élite! 
È
infatti pronto a formare la sua propria élite e piazzarla
all’interno del suo governo.
Trump fa leva sull’avversità.
Nella sua
campagna politica (e anche nella sua autobiografia intitolata
Crippled America) non appare come il campione compassionevole
e premuroso del popolo.
Al
contrario, è il candidato che approfitta della sventura sociale ed
economica per ottenere polarizzazione. Non solo manifesta contro Wall
Street (“I manager del fondo speculativo sono assassini che la
stanno facendo franca“), ma fa largo uso di termini quali
“debolezza”, “sconfitta”, “patetico”. Così facendo
genera emozioni forti, sentimenti negativi tra concittadini, e
dilemmi morali considerevoli.
Infine,
Trump impreca contro le minoranze etniche e religiose nella
totale noncuranza dei diritti costituzionali.
Tra le sue
proposte vi sono quelle di bloccare totalmente e completamente
l’immigrazione musulmana, di deportare 12 milioni di immigrati
irregolari, e di costruire un “gran bel muro” al confine con il
Messico.
Ha
apertamente abbracciato la tortura, tratta la stampa con totale
disprezzo ed è intollerante riguardo certe libertà civili, inclusa
la libertà di parola.
Il Trump
populista, ha importanza? Sì, molta, per almeno tre ragioni.
In primo
luogo il populismo, per quanto diffuso nelle politiche americane, era
fino ad ora apparso solo nelle crepe di entrambi i partiti.
Adesso è
invece esploso e tenta di conquistare una vita propria; va aggiunto
che non è casuale, presumibilmente, che il populismo di Trump sia
emerso allo stesso tempo del populismo sinistroide di Sanders.
Inoltre,
Trump sta trasformando in modo radicale il Partito Repubblicano,
mettendone a rischio l’unità fondata sulla sua identità e i suoi
princìpi.
Sta
gettando via l’ortodossia conservatrice liberale e sfidando lo
schema tradizionale del Partito Repubblicano su una serie di temi dal
libero mercato, che Trump vorrebbe interrompere, ai sussidi come
Medicare e Social
Security
, che promette di mantenere.
Infine, se
Trump dovesse vincere la prossima nomina presidenziale repubblicana,
trasformerà sicuramente la società e le politiche americane dalle
più liberali attualmente al mondo a completamente populiste.
Infatti,
come il teorico della scelta sociale William H. Riker ha
affermato, ci sono solo due visioni della democrazia moderna,
liberalismo e populismo.
Queste due
visioni, afferma chiaramente Riker, “costituiscono le uniche
possibilità nella teoria democratica“.