19 giorni in un centro per migranti del Canada.
di frontierenews, 31 Marzo 2016
Un documentario
racconta il Margaret Chisholm di Calgary, un centro provvisorio per chi
fugge dalla guerra e spera di rifarsi una vita in Nord America.
Jennifer e
i suoi fratelli hanno visto più cose nella loro breve vita rispetto
a quante ne vivranno la maggior parte degli adulti in un’esistenza
intera: un conflitto armato, la migrazione forzata, i campi
profughi. Eppure mancava la neve.
i suoi fratelli hanno visto più cose nella loro breve vita rispetto
a quante ne vivranno la maggior parte degli adulti in un’esistenza
intera: un conflitto armato, la migrazione forzata, i campi
profughi. Eppure mancava la neve.
Vestiti con
degli ingombranti cappotti invernali che hanno ricevuto
all’aeroporto, i bambini fanno le capriole nel cortile innevato
dietro al centro di reinsediamento Margaret Chisholm,
nella periferia di Calgary.
degli ingombranti cappotti invernali che hanno ricevuto
all’aeroporto, i bambini fanno le capriole nel cortile innevato
dietro al centro di reinsediamento Margaret Chisholm,
nella periferia di Calgary.
Il loro
padre, Fabian, li osserva con un mix di divertimento, incertezza e
sollievo.
padre, Fabian, li osserva con un mix di divertimento, incertezza e
sollievo.
Dopo aver
abbandonato il Burundi un decennio fa – per trascorrere anni in un
campo profughi della Tanzania – la sua famiglia ha finalmente
trovato una sorta di rifugio, un luogo dove forse un giorno potranno
sentirsia casa.
abbandonato il Burundi un decennio fa – per trascorrere anni in un
campo profughi della Tanzania – la sua famiglia ha finalmente
trovato una sorta di rifugio, un luogo dove forse un giorno potranno
sentirsia casa.
Un nuovo
capitolo sta iniziando nella vita di questa famiglia di rifugiati.
capitolo sta iniziando nella vita di questa famiglia di rifugiati.
Fabian e i
bimbi sono tra i protagonisti di 19 days, un documentario
sull’insediamento dei rifugiati in Canada prodotto dal Northwest
Studio della NFB. Il film è l’ultimo lavoro di Asha
e Roda Siad (nella foto sotto), due sorelle
giornaliste somalo-canadesi che i lettori di Frontiere hanno
potuto apprezzare grazie a Living the border, un documentario
interattivo sui migranti africani in Italia che ha vinto il Media
Award 2014 di Amnesty International Canada.
bimbi sono tra i protagonisti di 19 days, un documentario
sull’insediamento dei rifugiati in Canada prodotto dal Northwest
Studio della NFB. Il film è l’ultimo lavoro di Asha
e Roda Siad (nella foto sotto), due sorelle
giornaliste somalo-canadesi che i lettori di Frontiere hanno
potuto apprezzare grazie a Living the border, un documentario
interattivo sui migranti africani in Italia che ha vinto il Media
Award 2014 di Amnesty International Canada.
“Sentiamo
un forte legame con i nostri soggetti e le loro storie”,
spiega Roda.
un forte legame con i nostri soggetti e le loro storie”,
spiega Roda.
“La
nostra famiglia è venuta in Canada come rifugiata, per cui
siamo sempre stati interessati alle storie di migrazione.
nostra famiglia è venuta in Canada come rifugiata, per cui
siamo sempre stati interessati alle storie di migrazione.
La nostra
esperienza personale ha reso più facile per noi per stabilire un
rapporto di fiducia con i residenti del centro e capire
i loro punti di vista”.
esperienza personale ha reso più facile per noi per stabilire un
rapporto di fiducia con i residenti del centro e capire
i loro punti di vista”.
Asha, che
lavora anche come giornalista, è entrata per la prima volta
nel Margaret Chisholm Center mentre confezionava un
servizio per Shaw TV.
lavora anche come giornalista, è entrata per la prima volta
nel Margaret Chisholm Center mentre confezionava un
servizio per Shaw TV.
“Sembra
un normale residenza suburbana, ma ci sono costantemente 70 persone
che vi transitano: i rifugiati appena arrivati passano
attraverso un programma di orientamento di 19 giorni e poi vanno via.
Abbiamo pensato che un breve documentario avrebbe potuto dare al
pubblico una più profonda comprensione del complesso processo di
reinsediamento. Abbiamo voluto catturare più racconti e nel film
sono presenti rifugiati provenienti da Sudan, Siria, Burundi e
altri paesi.
un normale residenza suburbana, ma ci sono costantemente 70 persone
che vi transitano: i rifugiati appena arrivati passano
attraverso un programma di orientamento di 19 giorni e poi vanno via.
Abbiamo pensato che un breve documentario avrebbe potuto dare al
pubblico una più profonda comprensione del complesso processo di
reinsediamento. Abbiamo voluto catturare più racconti e nel film
sono presenti rifugiati provenienti da Sudan, Siria, Burundi e
altri paesi.
L’esperienza
dei rifugiati non può essere ridotto ad una semplice storia”.
dei rifugiati non può essere ridotto ad una semplice storia”.
La
pellicola esce in un momento in cui il mondo sta affrontando una
crisi migratoria senza precedenti. Secondo un recente rapporto
dell’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR),in
tutto il mondo ci sono attualmente circa 60 milioni di persone che
sono state sfollate da conflitti armati e persecuzioni, più che in
qualsiasi altro momento della storia.
pellicola esce in un momento in cui il mondo sta affrontando una
crisi migratoria senza precedenti. Secondo un recente rapporto
dell’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR),in
tutto il mondo ci sono attualmente circa 60 milioni di persone che
sono state sfollate da conflitti armati e persecuzioni, più che in
qualsiasi altro momento della storia.
“Asha e Roda hanno fatto un
film importante e tempestivo”, dice il produttore David
Christensen.
film importante e tempestivo”, dice il produttore David
Christensen.
“Portano
enorme empatia e intelligenza al progetto. E’ un film sorprendente
e bello, che fornisce una nuova luce sul ruolo che il Canada può
svolgere per affrontare la crisi globale dei profughi.
enorme empatia e intelligenza al progetto. E’ un film sorprendente
e bello, che fornisce una nuova luce sul ruolo che il Canada può
svolgere per affrontare la crisi globale dei profughi.
I
documentari brevi possono essere di forte impatto e
riescono a raccontare una storia grande e necessaria con economia”.
documentari brevi possono essere di forte impatto e
riescono a raccontare una storia grande e necessaria con economia”.
Le immagini
sono state girate per più di due settimane a marzo e si focalizza
sull’esperienza degli ospiti del Centro, i cui ultimi arrivati
vengono da Siria, Nepal, Burundi, Sudan, Colombia.
sono state girate per più di due settimane a marzo e si focalizza
sull’esperienza degli ospiti del Centro, i cui ultimi arrivati
vengono da Siria, Nepal, Burundi, Sudan, Colombia.
La
fotografia è stata affidata a Patrick Mclaughlin,
nome noto del panorama documentaristico canadese.
fotografia è stata affidata a Patrick Mclaughlin,
nome noto del panorama documentaristico canadese.
“Nei
nostri progetti precedenti ci siamo occupati di tutti gli
aspetti della produzione”, dice Roda, “quindi è stato bello
avere un direttore della fotografia d’esperienza in squadra
per questo film. Siamo stati in grado di concentrarci totalmente sui
nostri soggetti e le loro storie e di concepire l’aspetto
visuale che volevamo”.
nostri progetti precedenti ci siamo occupati di tutti gli
aspetti della produzione”, dice Roda, “quindi è stato bello
avere un direttore della fotografia d’esperienza in squadra
per questo film. Siamo stati in grado di concentrarci totalmente sui
nostri soggetti e le loro storie e di concepire l’aspetto
visuale che volevamo”.
La scelta
di rinunciare a un narratore permette ad Asha e Roda di far
parlare per sé il documentario, che racconta la vita
quotidiana nel centro (le consulenze d’insediamento, i
laboratori negli alloggi, l’assistenza sanitaria) lasciando
spazio per quei dettagli esterni che inaspettatamente rivelano
quelle forze che continuano a condizionare le vite dei rifugiati.
di rinunciare a un narratore permette ad Asha e Roda di far
parlare per sé il documentario, che racconta la vita
quotidiana nel centro (le consulenze d’insediamento, i
laboratori negli alloggi, l’assistenza sanitaria) lasciando
spazio per quei dettagli esterni che inaspettatamente rivelano
quelle forze che continuano a condizionare le vite dei rifugiati.
E’ il
caso di Mustafa, un giovane padre dal Darfur, che prova
disperatamente di raggiungere i parenti lontani via telefono.
caso di Mustafa, un giovane padre dal Darfur, che prova
disperatamente di raggiungere i parenti lontani via telefono.
“Abbiamo
scoperto che non parlava con loro da quasi quattro anni”,
spiega Asha.
scoperto che non parlava con loro da quasi quattro anni”,
spiega Asha.
“Il suono
del telefono che squilla nell’attesa vana che qualcuno risponda
dall’altra parte del mondo è pieno di significato. Racchiude tutto
il nostro film.
del telefono che squilla nell’attesa vana che qualcuno risponda
dall’altra parte del mondo è pieno di significato. Racchiude tutto
il nostro film.
I rifugiati
che raggiungono il Canada sono fortunati, ma è difficile
sentirsi appagati quando hai lasciato così tanto alle
spalle”. 19 days uscirà in questa primavera.
che raggiungono il Canada sono fortunati, ma è difficile
sentirsi appagati quando hai lasciato così tanto alle
spalle”. 19 days uscirà in questa primavera.