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Prof. Dr. Rudolf Bauer: CI TROVIAMO NEL MEZZO DI UNA GUERRA Militarizzazione nell’epoca digitale


Traduzione italiana di Milena Rampoldi, ProMosaik e.V.

 
“Immaginati che ci troviamo in guerra,
e nessuno se ne accorge.“
(Scritta su un muro)

Sull’immagine del titolo:

Monumento nei Bremer Wallanlagen
dietro al Kunsthalle. La scritta anonima
di protesta riportata nella foto è stata
immediatamente rimossa.
Prima edizione (in lingua tedesca):
Introduzione

Il gruppo Venusberg
Linee guida militari per la “politica della sicurezza” europea
Il principio della “sicurezza” militare onnicomprensiva
Scenari minacciosi del gruppo Venusberg
“Progressi” sul fronte della militarizzazione
Orientamenti militari riguardanti la “programmazione strategica in
ambito politico della sicurezza”
“Programma di difesa” per le forze armate
“La solidarietà con i nostri soldati”
Excursus: gli Stati Uniti quale esempio terrificante
L’agenzia della militarizzazione fondazione Bertelsmann
La fondazione e la multinazionale
Obiettivo della fondazione “riorganizzazione di tutti gli aspetti della
vita”
Connessioni tra il settore militare e quello economico
Il complesso imprenditoriale di Bertelsmann
Bertelsmann e la militarizzazione della scienza
Bertelsmann e la militarizzazione della politica
La nostra presunta pace
Lo spazio di lotta civile-militare
Elenco delle fonti utilizzate e di approfondimenti
Introduzione
Nella sua opera del 2007, intitolata “Flat Earth News”
(2007; traduzione italiana: notizie
standardizzate
), il collaboratore londinese del quotidiano “Guardian” Nick
Davies scrive che la commercializzazione dei media ha cambiato in modo
essenziale la loro modalità di funzionamento. Sempre meno giornalisti entro
termini sempre più brevi devono produrre sempre più notizie. Questo fatto
ovviamente limita la possibilità di effettuare delle ricerche approfondite e di
correggere con attenzione le notizie.
Agenzie di pubbliche relazioni, guidate da determinati
gruppi di interesse, fondazioni e fabbriche del pensiero in questo modo
riescono sempre più facilmente a inserire le loro informazioni tendenziose nel
circuito delle notizie, impedendo dunque una cronaca oggettiva ed indipendente.
Konrad Hummler, presidente del Consiglio di Amministrazione del quotidiano
“Neue Zürcher Zeitung”, non nega che l’”80 percento delle informazioni che ci
raggiungono si sono formate all’interno di costellazioni specifiche di
interesse. Alla fine, dietro le quinte, ci sono sempre questioni di potere che
determinano il tutto.” 
In seguito a questo sviluppo, la militarizzazione dei media in generale e delle notizie e dei
commenti in particolare è diventata una cosa del tutto ovvia. Per mezzo di
informazioni e media linguistici e visuali la militarizzazione persegue lo
scopo di ancorare nelle masse una nuova forma di militarismo. Questo
neo-militarismo focalizza sulla rappresentazione delle “soluzioni” di conflitti
militari-bellici, identiche in tutto il mondo, senza permettere alternative. Le
soluzioni militari-belliche vengono legittimate nel “nome della protezione”, e
quasi nessuno si oppone a questa rappresentazione standard.
Mentre i consumatori ingenui di notizie si fanno
informare e divertire, non si rendono neppure conto delle preparazioni delle
guerre e della condizione bellica, in cui perversa il nostro mondo. Come se si
trattasse del loro pane quotidiano, accettano le notizie sulle minacce terroristiche
e i rapporti bellici del giornalismo inserito all’interno del flusso di
informazioni diffuso nei media.
Qui di seguito si tratta di analizzare la modalità di
funzionamento della militarizzazione odierna: Chi sono gli agenti del
neo-militarismo? Attraverso quali scenari di pericolo si giustifica oggi il
militarismo? Su quali piani strategici si basa? Chi sviluppa questi piani? La
risposta fa riferimento ad un rapporto poco noto di un gruppo di esperti quasi
conosciuto, ovvero il gruppo Venusberg. Questo gruppo già nel 2007 era stato
incaricato dall’influente fondazione Bertelsmann di redigere un documento:
ovvero il rapporto Venusberg, contenente le nuove “linee guida militari per la
politica europea della sicurezza nell’epoca della globalizzazione.”
Il documento del gruppo Venusberg contiene considerazioni
sulla militarizzazione dell’Europa – considerazioni che nel frattempo si
concretizzano sempre di più e che determinano il pensiero militare della nostra
epoca contemporanea. Il concetto è stato diffuso in diversi modi, tra cui uno
dei mezzi importanti era quello collegato al nome di Bertelsmann, ovvero la
fondazione Bertelsmann e il gruppo Bertelsmann sopra menzionati. La fondazione
aveva pubblicato il rapporto Venusberg e il reparto dei media all’interno del
gruppo Bertelsmann partecipava essenzialmente a rendere pubbliche a livello
contenutistico le linee guida ivi contenute sulla militarizzazione dell’Europa
e di ancorarle all’interno del dibattito pubblico. 

Il gruppo Venusberg
Il gruppo, denominato secondo il luogo del suo incontro, Venusberg nei
pressi di Bonn, fu formato nel 1999 nel contesto di un progetto iniziato dal
centro per la ricerca politica applicata Centrum für Angewandte
Politikforschung
(CAP), denominato “La
responsabilità europea nel contesto della politica mondiale”.
Il progetto
fu fondato per “riflettere sul futuro della sicurezza europea”. La composizione
personale avvenne sotto la direzione della fondazione Bertelsmann e del gruppo
di ricerca politica di Bertelsmann “Bertelsmann Forschungsgruppe Politik” del
CAP. I tredici membri del gruppo Venusberg furono reclutati dai ministeri, dal
mondo scientifico, da istituzioni filo-militari e dalla fondazione stessa.
Del gruppo Venusberg tra l’altro facevano parte i seguenti membri:  
·        
Un ex-direttore dello staff di programmazione presso il
ministero federale tedesco della difesa di Berlino;
·        
Il vice-direttore della Fondation pour la recherche
stratégique
di Parigi;
·        
Il vice-direttore della direzione della politica della
sicurezza del ministero federale austriaco della difesa del paese a Vienna;
·        
Un professore del reparto per gli studi strategici del
collegio di difesa nazionale svedese a Stoccolma;
·        
Un professore per l’arte e la scienza della difesa
operazionale dell’accademia di difesa olandese, impiegato come direttore
scientifico dell’accademia di difesa del Regno Unito a Shrivenham;
·        
Un ex-ministro della difesa nazionale polacca da
Varsavia;
·        
Un professore, presidente dell’Istituto Affari
Internazionali ed ex-vice-direttore di stato nel ministero della difesa di
Roma;
·        
Un professore di studi strategici e direttore del centro
dell’Aia di studi strategici all’Aia.
Una caratteristica peculiare del gruppo Venusberg consisteva nel fatto che
era stato costituito da un gruppo di esperti che né al livello della
composizione né al livello dei compiti era legittimato e/o responsabile dal
punto di vista democratico. Ciononostante e inoltre il gruppo Venusberg
mediante la fondazione Bertelsmann e la multinazionale Bertelsmann possedeva un
accesso privilegiato al mondo dei media
in rete.
Linee guida militari per la “politica della sicurezza” europea
Inizialmente il
rapporto Venusberg fu pubblicato nella sua prima edizione inglese del 2007. Nel
2008 fu poi anche resa accessibile la traduzione tedesca, intitolata: “Che cosa
succederà dopo il 2010? Linee guida per la politica della sicurezza europea
nell’epoca della globalizzazione” (Gütersloh: Bertelsmann Stiftung, febbraio
2008; qui di seguito i numeri indicati tra parentesi si riferiscono alle
rispettive pagine dei passaggi citati dal documento del 2008).
Nel 2004 era
stato pubblicato un rapporto Venusberg intitolato “A European Defence Strategy”
(traduzione italiana: Una strategia europea della difesa). Nel 2005 seguiva una
ricerca incentrata sulla seguente domanda: “Why the World needs a Strong Europe
and Europe needs to be Strong. Ten Messages to the European Council” (traduzione
italiana: Per quale motivo il mondo ha bisogno di un’Europa forte e perché l’Europa deve essere forte. Dieci
messaggi al Consiglio Europeo). A differenza di questi documenti Venusberg
incentrati sull’Europa, la fondazione Bertelsmann nel 2006 richiedeva quanto
segue: “La Germania ha bisogno di una strategia di sicurezza nazionale (sic!)”
(autore: Klaus Brummer).
Il documento
delle linee guida del gruppo Venusberg si ripartisce in due sezioni. La prima
sezione focalizza su delle tematiche di carattere generale. Inoltre riporta un
elenco di scenari di minacce e gli “sviluppi” raggiunti fino al 2007 nel
settore della militarizzazione. Nella seconda sezione si presentano le linee
guida militari della “programmazione strategica in ambito politico della
sicurezza”.
Il principio della “sicurezza” militare onnicomprensiva
Il progetto Venusberg della fondazione Bertelsmann sulla
“Corresponsabilità europea nel settore della politica internazionale” formulò
il concetto centrale di “un programma onnicomprensivo di impegno nel settore
della sicurezza strategica nel contesto dell’intero settore civile-militare” (5). Una concezione di questo tipo
richiederebbe “una visione strategica a lungo termine” (6). Il gruppo Venusberg
parlava del suo compito centrale che consisterebbe nel convincere “l’Unione
Europea (UE) della necessità di una politica estera e di sicurezza efficiente
dell’Unione Europea (EU)” (5).
L’approccio inteso relativo ad un “concetto onnicomprensivo di sicurezza” dovrebbe
perseguire lo scopo di creare “un collegamento efficiente dal punto di vista
dei costi e strategico tra la sicurezza e la difesa e (tra) i mezzi e i
progetti civili e militari” (6). Si richiedeva “l’equilibrio tra ‚hard security’
e ‚soft security’”. In altre parole: in Europa si trattava di creare un
equilibrio tra il “componente strategico-militare forte e credibile” da una
parte e la “sicurezza civile all’interno” dall’altra. Ma per un “periodo
prevedibile il rapporto transatlantico [della cooperazione NATO con gli Stati Uniti; R. B.] … costituirebbe
ancora la pietra angolare della sicurezza dell’Europa” (6).
Per giustificare la richiesta di elaborazione di una
nuova concezione militare-politica – cosa da non credere – si faceva
riferimento all’“aspetto negativo della
globalizzazione”
  e ai “pericoli di
un approccio alle relazioni internazionali, esclusivamente determinato dal
mercato” (9; cfr. anche 17). Quest’argomentazione stupisce alquanto, visto che
la fondazione Bertelsmann è proprio conosciuta come agenzia di propaganda (e la
multinazionale Bertelsmann come fruitore) della globalizzazione, dell’ideologia
neoliberale, dello stato poco invasivo e della politica della privatizzazione.
Nota bene: Non si tratta poi tanto della verità, ma più dell’effetto; infatti
nell’interesse della militarizzazione è obsoleto rifarsi alle leggi di mercato.
Scenari minacciosi del gruppo Venusberg
La lista delle cause
intervenzioniste e belliche
(vedi riquadro
1
), redatta dal gruppo Venusberg, non dimenticava infatti di menzionare
nessuno scenario di conflitto e di crisi immaginabile. Le minacce e dunque i
motivi per agire a livello militare, andavano dai problemi di
approvvigionamento energetico fino alla criminalità organizzata, dal terrorismo
fino agli stati in fallimento, dalle patologie pandemiche fino alla
proliferazione di armi nucleari, dalle limitazioni del commercio internazionale
e della comunicazione fino alle catastrofi naturali e alla distruzione
dell’ambiente.
Riquadro 1: motivi bellici e intervenzionisti secondo il rapporto
Venusberg
Il documento del gruppo Venusberg elenca i seguenti
motivi bellici e intervenzionisti:
1.   
La concorrenza a causa delle scorte limitate di energia;
l’energia (21) e/o l’“assicurazione
dell’approvvigionamento energetico”
(60) per l’Europa rappresenterebbe
“l’interesse vitale numero 1” (21);
2.   
Il radicalismo e il terrorismo motivati dalla religione;
dunque l’“interesse vitale numero 2” consisterebbe nella “lotta al terrorismo e alla criminalità” (21);
3.   
La lotta alla “criminalità organizzata”
internazionale (20), ad esempio della pirateria;
4.   
Il trasferimento di tecnologie con potenziale di
distruzione di massa; “l’interesse vitale numero 3” consisterebbe nell’evitare la “diffusione di armi di
distruzione di massa”
(24);
5.   
La lotta contro le pandemie, quali ad es.
l’“influenza aviaria” (25), come l’“interesse vitale numero 4” dell’Europa
(25);
6.   
L’intervento nel caso di “fallimenti
di stati”
, ad esempio
sul continente africano, quale “interesse fondamentale numero 1” (25);
7.   
Motivo di intervento legato alle
“guerre regionali”
(25);
8.   
Motivo di intervento legato alla
distruzione dell’ambiente
quale
“interesse fondamentale numero 2” (26);
9.   
“Human security”, ovvero violazioni dei diritti umani quale “interesse collettivo numero 1”
(26 s.); 
10.
Aiuti d’urgenza e/o evitare catastrofi naturali quale
“interesse collettivo numero 2” (27 s.), in questo caso si richiedono “operazioni umanitarie europee e di
salvataggio
” (28);
11.
Interventi militari contro
la messa a repentaglio dell’“ordine economico europeo”
(60), incluso
l’obiettivo di sopprimere militarmente i disordini politici interni;
12.
La necessità di provvedimenti
militari al fine di proteggere “le vie internazionali di approvvigionamento e
di comunicazione”
(60);
13.
La necessità di intervenire al fine di evitare danni all’infrastruttura critica e
alle persone”
(60).
Inoltre ci si riferiva anche alla competenza militare,
nel caso in cui il sistema economico europeo fosse stato minacciato – e dunque
nel caso della messa in questione del sistema economico globale, capitalista
neo-liberale (appena citato come “aspetto negativo”). L’esercito fu sempre
dichiarato la forza dell’ordine competente sempre ed ogni luogo – verso
l’esterno e anche verso l’interno. La separazione tra la polizia e l’esercito
viene eliminata.
“Progressi” sul fronte della militarizzazione
Dopo la lista delle minacce e dei conflitti di interesse,
il rapporto Venusberg si mise ad elencare i progressi e gli interventi istituzionali,
raggiunti fino al 2007 in Europa sul fronte militare-strategico (30ss.). In
questo contesto si citavano gli interventi militari in Bosnia-Erzegovina e in
Congo; le “missioni di polizia” in Palestina, Bosnia-Erzegovina e Congo; la
“missione” per il rafforzamento dello stato di diritto iracheno; le “missioni”
in Kosovo e Afghanistan; inoltre una serie di “missioni di osservazione” e
“numerosi altri interventi al di fuori della competenza dell’unione” (31).
E da tempo i
contingenti delle truppe tedesche
si trovano anche in Somalia, sulle
Seychelles, in Kosovo, Libano, nel Sudan meridionale, sul Corno d’Africa, in
Uganda e sul confine turco-siriano. Le navi di spionaggio tedesche sono
stazionate davanti alla costa siriana e riforniscono gli oppositori governativi
con informazioni. La regione d’intervento delle soldatesse e dei soldati
tedeschi nel mese di ottobre del 2013 comprendeva un’areale complessivo di
circa cinque milioni di chilometri quadrati.
Inoltre il gruppo Venusberg mise in rilievo con
riconoscimento la creazione dei Battle
Groups
europei, ovvero delle truppe di intervento UE orientate a seconda
del paese e costituite da rispettivamente 1.500 soldati. Si lodavano anche le
nuove unioni di combattimento dell’aviazione, della marina e delle forze
speciali a sostegno delle Battle Groups (36). Infine il finanziamento della
ricerca sulla sicurezza nel settore della prevenzione dei conflitti venne
riconosciuta dal gruppo Venusberg.
Fino al 2007, all’interno dell’UE, furono create le
seguenti istituzioni importanti a
livello militare
(cfr. 31): il comitato politico e politico della sicurezza
Politische und Sicherheitspolitische Komitee
(PSK); il comitato militare
dell’Unione Europea (EUMC); lo Stato maggiore dell’Unione Europea (EU-MS); la
cellulare civile-militare per la protezione del collegamento tra la gestione
delle crisi civili e militari; il centro di crisi SitCen; il centro satellitare
dell’UE SatCen che mette a disposizione i dati visuali dei satelliti militari e
civili per i decisori dell’UE e i comandanti durante l’intervento; le
istituzioni transfrontalieri della polizia e della giustizia di Europol e
Eurojust.
Orientamenti militari riguardanti la “programmazione
strategica nell’ambito politico della sicurezza”
Il documento di Venusberg quale risultato intermedio mise
in rilievo quanto segue: La politica
della sicurezza e della difesa europea
(PESD) fino ad ora “si era
concentrata su piccole guerre in Europa, anche se gli interessi dell’Europa
pretendono dall’UE sia una visione globale della sicurezza che una risposta
strategica onnipresente” (33); “gli europei non (hanno) altra scelta … che
sviluppare ulteriormente l’ampiezza e l’intensità della loro collaborazione
politica della sicurezza” (ebd.) Da questo fatto il gruppo Venusberg deduceva
la necessità di una programmazione strategica che comprendesse in dettaglio quattro livelli di programmazione: un
programma direzionale, un programma di cooperazione, un programma della difesa
e un programma della solidarietà (40ss.).
1. Il programma direttivo concepito dal gruppo
Venusberg ponderava il ruolo militare degli stati membri dell’UE. Prevedeva
diversi gruppi direzionali:
·        
Un primo gruppo direzionale, costituito da Germania,
Francia e Gran Bretagna quali i “tre grandi investitori europei nel settore
della sicurezza” (10);
·        
Un secondo gruppo direzionale, costituito da Italia,
Paesi Bassi, Spagna, Svezia e Polonia. 
·        
Ad un livello sottostante rispetto a questi primi due
livelli direttivi si trovavano i restanti 19 stati membri. Tra questi alla
Grecia veniva attribuito un ruolo particolare. 
Il documento insisteva su una riforma urgente della
decisionalità. Per sostenere il procedimento di decisione si ritenevano
necessarie “competenze efficienti dei servizi dell’intelligence” (11).
2. Il programma di
cooperazione
(46ss.) formulava delle raccomandazioni nel settore della
politica estera. Al di fuori degli Stati Uniti e della NATO quali “pilastri
essenziali per la sicurezza” (48) sarebbero necessarie delle cooperazioni
strategiche con “delle potenze emergenti nuove o con delle vecchie potenze
riemergenti” (46). In questo contesto il documento Venusberg citava la Russia
(46s.), la Cina e l’India (47s.) e inoltre “potenze regionali quali Brasile,
Sudafrica, Corea del Sud ed Australia” (46).
“Programma di difesa” per le forze armate
3. Le forze armate erano la tematica centrale del programma di difesa di Venusberg che in dettaglio trattava i
seguenti punti programmatici di base (51):
(I.)         
La “protezione
territoriale
dell’UE” che comprendeva i seguenti cinque elementi: sistema
di protezione missilistica, dissuasione, difesa convenzionale, sovranità aerea
e superamento delle conseguenze di un attacco “terroristico” (‚consequence
management’)”. (12)
(II.)        
Sulla base di “forze armate efficienti ed adeguate” si
dovrebbe sviluppare la “competenza di esercitare una coercizione efficiente”
(12). L’“impiego di misure coercitive
sarebbe necessario al fine di “castigare gli attori antagonisti” (51).
(III.)       
Un altro “elemento nucleare della strategia europea”
consisterebbe nella “forza di resistenza
nelle misure di stabilizzazione e di ricostruzione”
(51).
(IV.)       La “lista dei compiti militari” (cfr. riquadro 2) dovrebbe essere aggiornata
(52).
(V.)       
Inoltre sarebbero necessarie delle misure di “cooperazione
transfrontaliera tra i rispettivi
servizi di intelligence, la polizia e le forze armate”
(54).
(VI.)       Inoltre
sarebbe necessario il consolidamento
della “base europea dell’industria delle armi e della tecnica delle armi”

(12).
(VII.)     Secondo gli “insegnamenti tratti dall’esperienza in
Afghanistan e in Iraq”
sarebbe necessario reagire “militarmente a sfide
asimmetriche” (54). Letteralmente si afferma: “Gli oppositori asimmetrici […] non hanno un punto di riferimento
naturale come uno stato e di conseguenza non si può affrontarli in senso
classico. Invece sono gli interventi
militari complessi
a trasformarsi nel caso normale. […] Il comitato
militare dell’UE dovrebbe iniziare un programma di ricerca che spieghi le
conseguenze che si avranno nel settore dello sviluppo continuo delle forze
armate europee.” (54) “L’esperienza ci insegna che per le forze armate moderne
su un terreno difficile risulta molto faticoso approfittare in modo ottimale
dei loro vantaggi tecnici.” (Ebd.) – (Cfr. la sezione sui “low intensity
conflicts” in Martin van Creveld, Die Zukunft des Krieges, Monaco di
Baviera 1998.)
Riquadro 2: L’attualizzazione dell’“elenco dei compiti militari”
comprende:
1.   
La “messa a
disposizione di truppe per il rafforzamento della sicurezza interna
dell’UE
o quale elemento nel contesto di una strategia europea per la lotta al
terrorismo” mediante “forze di sicurezza e di supporto a livello regionale”
sotto forma di compagnie di protezione della patria [nella Repubblica Federale
Tedesca nel 2013 sono state istituite le prime forze di sicurezza e di supporto
a livello regionale al fine di sostenere l’esercito federale tedesco
all’interno del paese nel caso di catastrofi e calamità pesanti o assumere
compiti di sorveglianza e di protezione per impianti militari e oggetti civili;
il giornalista pubblicista e avvocato Rolf Gössner considera questo “un
elemento di lotta militare contro le insurrezioni” di “parti della popolazione
in insurrezione”];
2.   
Interventi per sostenere la pace e interventi umanitari”;
3.   
Il “sostegno di provvedimenti
dell’UE al fine di garantire la sicurezza economica”
;
4.   
Interventi in conflitti regionali sia all’interno che all’esterno dell’UE, “possibilmente
anche in collaborazione con la NATO”;
5.   
Interventi
preventivi in tutto il mondo”
al fine di evitare attacchi terroristici in
Europa o contro gli interessi europei;
6.   
L’“applicazione di
sanzioni
nei confronti di stati che si trovano in possesso di armi di
distruzione di massa, incluse la dissuasione nucleare”.
“Su tale base,
una nuova concezione di programmazione dovrebbe anche definire le competenze militari e civili, … accordarle tra loro e sincronizzare i mezzi e le forze necessarie
per gli interventi internazionali…”
(52)
La conclusione del gruppo Venusberg: “L’Europa necessita
di molte più truppe che siano capaci e in grado di eseguire interventi di
coalizione più lunghi e più complessi all’estero. […] Innanzitutto si deve dare
particolare importanza allo sviluppo di
forze robuste da inviare all’estero.
Queste al livello operazionale superiore devono essere dotate di rinforzi da
parte di forze speciali e al livello inferiore da parte di forze di gendarmeria
al fine di potersi rendere conto dei rispettivi compiti di
stabilizzazione.” (13)
“La solidarietà con i nostri soldati”
4. Oltre al programma direzionale, di cooperazione e di
difesa, il gruppo Venusberg aveva concepito un cosiddetto programma di solidarietà. Secondo questo programma il compito dei
“politici dell’UE […] consisterebbe nel convincere tutti insieme la popolazione
che si devono prendere delle misure per un futuro sicuro e che il tutto costerà
molto impegno, responsabilità e denaro” (59). L’esercito stesso dovrebbe anche
impegnarsi per rafforzare i collegamenti tra i soldati e la popolazione e far
sì che “alti funzionari civili” del mondo politico, economico, scientifico e
della società civile sostengano la loro causa. 
Conformemente a quanto previsto nel piano di solidarietà,
nel 2010 in Germania fu istituita una Tavola
rotonda denominata “Solidarietà con i soldati”
, in occasione della quale
sono rappresentate sia le associazioni dei soldati e dei riservisti
dell’esercito sia le chiese e la big band dell’esercito federale tedesco.
L’obiettivo consiste nel far sì che “le soldatesse e i soldati e le loro
famiglie si sentano accettati e capiti da parte del resto della società”. Su
iniziativa della Tavola Rotonda nel 2013 le Poste Federali Tedesche emisero il
“primo francobollo tedesco di
solidarietà con i soldati”.
Un altro esempio della messa in pratica del piano di
solidarietà di Venusberg: nell’ottobre del 2013 il presidente del Land
Schleswig-Holstein, Torsten Albig, partecipò ad un “esercizio di difesa informativo volontario” a Osterholz-Scharmbeck
in Bassa Sassonia. Secondo la cronaca dei media, Albig era lì per farsi un’idea
del lavoro della “base delle forze armate, responsabile del supporto logistico
e dell’approvvigionamento dell’esercito federale tedesco in Germania e
all’estero”.
Il documento Venusberg riassumeva il tutto come segue:
“Ai decisori politici non rimane altra scelta che condurre un dibattito onesto
sulla politica della sicurezza con la popolazione.” (Ebd.) Inoltre,
conformemente a quanto affermato dal concetto di solidarietà, sarebbe giunto il
momento di prendere delle “misure contro
l’immigrazione clandestina, la criminalità internazionale, il terrorismo
strategico e le ideologie nemiche del sistema
” (61).
Nell’intero rapporto della fondazione Bertelsmann, in
collaborazione con il gruppo di ricerca politico di Bertelsmann “Bertelsmann
Forschungsgruppe Politik” del CAP, eccetto che in un’unica occasione, non si
cita mai il termine militarizzazione.
L’unica eccezione recita: “Il presente rapporto del gruppo Venusberg non si
esprime a favore della militarizzazione dell’Europa.” (59) Spetta alla singola
lettrice e al singolo lettore formarsi il proprio giudizio in merito.
Excursus: Gli Stati Uniti come esempio terrificante
Il catalogo di ricerca strategico del gruppo Venusberg
del 2007/08 in tutta una serie di punti aveva ripreso delle posizioni che molti
anni prima avevano rivestito un ruolo importante nel dibattito
strategico-militare negli Stati Uniti. La politica
militare del Pentagono
per la politica europea della sicurezza e della
difesa (PESD) rappresenta un modello terrificante. 
Nel 1992 i consulenti del ministro della difesa USA di
allora, Dick Cheney, compilarono il documento “Defense Planning Guidance”
(traduzione italiana: Orientamenti per la programmazione della difesa). Il
documento fu anche trasmesso ai quotidiani “New York Times” e “Washington Post”
che lo pubblicarono. Per quanto riguarda gli obiettivi principali della
politica estera degli Stati Uniti, nel documento furono post queste esigenze: “Innanzitutto evitare la formazione di una
qualsiasi superpotenza globale o regionale capace di opporsi agli obiettivi
americani; in secondo luogo assicurare l’accesso alle materie prime, in
particolare al petrolio del Golfo Persico, evitando allo stesso tempo la
diffusione di armi di distruzione di massa; e in terzo luogo l’autorizzazione
unilaterale di operazioni militari quali l’unico mezzo per raggiungere questi
obiettivi.” (Weber 2006: 142)
Quasi nello stesso periodo anche il generale a quattro
stelle dell’esercito federale tedesco e ispettore generale Klaus Naumann
diffuse un documento segreto in cui si richiedeva l’ampliamento delle competenze della NATO. Nel contesto di un “ampio
concetto di sicurezza” fu raccomandato di considerare il “mantenimento di un
commercio internazionale libero e dell’accesso alle materie prime strategiche”
quale “rilevante per la sicurezza”. Questa richiesta di affermazioni degli
interessi economici con mezzi militari in Germania si ripercosse nelle
direttive politiche della difesa “Verteidigungspolitische Richtlinien
(VPR) del 1992.
Dopo la sua nomina nel 2001 a direttore del nuovo ufficio
Office of Force Transformation (traduzione italiana: Ufficio per la
trasformazione delle forze armate), l’ammiraglio fuori servizio Arthur K.
Cebrowski in occasione di un’intervista spiegava: “Quasi tutte le nazioni
passano dall’epoca
dell’industrializzazione a quella dell’informazione.
Una delle
caratteristiche del passaggio verso l’epoca dell’informazione consiste nella
caduta dei prezzi della tecnica dell’informazione di altissimo valore” che
sarebbe accompagnata da “profondi cambiamenti” (citazione da Weber 2006: 135).
Con “cambiamenti profondi” si intendono cambiamenti le cui conseguenze oggi
sono all’ordine del giorno, ad esempio gli attacchi con gli aerei a pilotaggio
remoto e lo spionaggio totale da parte dell’NSA in tutto il mondo.
I cambiamenti ai quali si allude nell’intervista di
Cebrowski per giustificare guerre di aggressione si ritrovavano in un rapporto
del governo statunitense del 2002 sulla strategia della sicurezza nazionale che
recitava. “Gli Stati Uniti, visti gli obiettivi degli stati fantoccio e dei terroristi, non possono fidarsi
esclusivamente di una posizione reattiva come in passato. […] Non dobbiamo
permettere che i nostri nemici colpiscano per primi.” (citazione da Weber 2006:
137.) Questo significa che gli Stati Uniti rivendicano il loro diritto di
colpire per primi.
Nella prefazione del rapporto sopra menzionato sulla
strategia di sicurezza nazionale, il presidente
George W. Bush
si esprimeva come segue: “Oggi come oggi delle reti incerte
di persone singole possono causare un grande disordine e immensa sofferenza nel
nostro paese – e il tutto costa loro meno di un carro armato. […] È una
questione di buonsenso e di autodifesa che gli Stati Uniti procedano contro
queste minacce emergenti prima che acquistino un potere eccessivo.” (citazione da
Weber 2006: 140.)
Agenzia di militarizzazione fondazione Bertelsmann
La politica militare degli Stati Uniti si ritrova anche
in Europa. Un fattore pioniere di questo sviluppo in Germania è la fondazione
Bertelsmann che dalla sua fondazione nel 1977 “è divenuta una delle fabbriche
di pensiero neo-liberali più importante all’interno della Germania”. Questo
fatto fu determinato dai ricercatori della comunicazione Jörg Becker e
Christian Flatz in una brochure pubblicata da DGB-Bildungswerk, intitolata “Medien
im Globalisierungsrausch – Kommt die Demokratie unter die Räder
?”
(traduzione italiana: I media nel delirio della globalizzazione – La democrazia
viene investita?”)  (2003).
La questione riguardante il danno alla democrazia è più
che giustificata. Infatti non senza motivo Thomas Schuler al suo testo di
saggistica, pubblicato nel 2010 e contenente delle ricerche sulla fondazione
Bertelsmann, diede il titolo calzante “Bertelsmannrepublik
Deutschland
. Eine Stiftung macht Politik” (traduzione italiana:
“Repubblica Bertelsmann Tedesca. Una fondazione che fa politica”). Come è noto,
i capi di governo tedeschi Gerhard Schröder e l’amica di Liz-Mohn, Angela
Merkel corteggiavano la fondazione Bertelsmann, rendendole continuamente
omaggio (vedi estratto dell’articolo di
giornale 1
).

Estratto di
giornale 1
: Da “Junge
Welt”, numero 16 del 19 gennaio 2012. L’articolo è intitolato: „Profit aus
Zerstörung. Bertelsmann steigt groß ins Geschäft mit akademischer Bildung ein.
Teilprivatisierung der Hochschulen hatte im Vorfeld die konzerneigene Stiftung
besorgt
“ (traduzione italiana: “Profitto dalla distruzione. Bertelsmann
penetra profondamente negli affari della formazione accademica. La
privatizzazione parziale degli istituti universitari è opera della fondazione
appartenente alla multinazionale”).
La fondazione stessa impiega oltre 300 collaboratori. A
livello internazionale agisce a New York (quale “Bertelsmann Foundation North
America”) e a Barcellona (quale “Fundación Bertelsmann”) e anche mediante un
ufficio di rappresentanza presso la Commissione Europea a Bruxelles. Inoltre
presso la fondazione si trova anche un ufficio detto “Stabsstelle Internationaler
Kulturdialog
” (figura istituzionale del dialogo culturale internazionale).
La fondazione e la multinazionale
La sede centrale della fondazione Bertelsmann si trova a
Gütersloh, anche sede del complesso aziendale Bertelsmann SE & Co. KGaA (società a comandita per azioni con una
Societas Europaea quale socia esecutiva).
La multinazionale Bertelsmann con un fatturato annuo di 18 miliardi di Euro e
un profitto di 619 milioni di Euro (nel 2012) dispone di una rete
internazionale e possiede numerose filiali all’estero.
76,9 % delle quote azionarie di tutta l’impresa
Bertelsmann appartengono alla fondazione. I suoi diritti di voto spettano alla
società amministrativa di Bertelsmann Bertelsmann-Verwaltungsgesellschaft sotto
gli auspici della famiglia dei
proprietari Mohn
(vedi: Thomas Schuler, Die Mohns. Vom
Provinzbuchhändler zum Weltkonzern: Die Familie hinter Bertelsmann
, 2004).
Dal punto di vista economico e legale-fiscale il costrutto aziendale che prevede
il trasferimento di oltre due terzi delle quote azionarie della multinazionale
alla fondazione riconosciuta e priva di scopo di lucro costituisce un modello
per realizzare notevoli risparmi a favore dell’impresa.
La denominazione “fondazione” senza dubbio è ingannevole
e il suo stato privo di scopo di lucro va messo in dubbio. La fondazione
infatti lavora in modo operazionale, ovvero i progetti propri vengono
finanziati esclusivamente con propri mezzi. Non vengono promossi interessi
comuni di altre istituzioni sociali o culturali. La fondazione che può operare senza alcun controllo democratico persegue
innanzitutto l’obiettivo legato al profitto, ovvero del profitto legato
all’influenza politica e del profitto economico dell’impresa Bertelsmann. Anche
nei casi in cui la motivazione di lucro non risulta manifesta, l’attività della
fondazione serve sempre a promuovere l’immagine della fondazione e in fin dei
conti gli interessi dell’omonima multinazionale nel settore del marketing.
Nonostante tutto, le autorità finanziarie del Land Nordrhein-Westfalen
tollerano lo stato privo di scopo di lucro della fondazione.
Obiettivo della fondazione “riorganizzazione di tutti gli
aspetti della vita”
Il capitale della fondazione comprende 619 milioni di
Euro e il bilancio annuario della fondazione circa 72 milioni di Euro (dati del
2008). Formulando degli obiettivi della fondazione molto ampi (vedi riquadro 3), il fondatore rivendica una
posizione di potere sociale ed ideologico che in una democrazia ai sensi della
costituzione spetta esclusivamente ai partiti e – in Germania – in parte anche
alle Chiese. Comunque i partiti sottostanno ad un certo controllo democratico da
parte del popolo avente diritto di voto e l’influenza delle Chiese si limita
principalmente a prese di posizione relative a questioni di principio etiche. I
responsabili della fondazione Bertelsmann invece non sono stati né votati dal
popolo, né possiedono un’etica che si senta responsabile verso un’altra morale fuorché
quella del denaro.
La fondazione Bertelsmann raggiunge i suoi obiettivi da
una parte raggruppando a livello organizzativo le proprie risorse di ricerca
materiali e personali, e dall’altra mediante le conoscenze scientifiche
acquisite e la competenza degli esperti mediante perizie o ricerche assegnate.
Inoltre la fondazione punta sulla cooperazione con numerose istituzioni: sia
con altre fondazioni – persino con la fondazione vicina ai sindacati Hans
Böckler-Stiftung e la fondazione dei “verdi” Heinrich-Böll-Stiftung – sia con
organizzazioni quali ad esempio la centrale per i media didattici su internet,
l’accademia evangelica Evangelische Akademie Loccum o
l’istituto statale per la pedagogia prescolare Staatsinstitut für Frühpädagogik
(IFP). Inoltre la fondazione, grazie al suo legame con la multinazionale
Bertelsmann – ed è questo l’aspetto decisivo – dispone di un arsenale di
propaganda
“industriale della coscienza”, tipico delle dittature. 
Riquadro 3: Gli obiettivi di fondazione della fondazione
Bertelsmann
Quali
obiettivi di fondazione lo statuto del Think Tank della multinazionale
economica e dell’“impero mediatico”) (Böckelmann/Fischer 2004) cita le seguenti
attività e i seguenti campi d’azione:
1. La ristrutturazione di tutti gli ambiti di vita
secondo i principi del “mondo imprenditoriale e della giustizia meritocratica”
e i sensi del modello di privatizzazione con una “presenza minimizzata dello
stato”, al fine di poter raggiungere i seguenti scopi:
2. dare un contributo alla soluzione dei problemi sociali
attuali e allo sviluppo sociale sulla base della concorrenza e dell’impegno
socio-civile;
3. influenzare direttamente i decisori politici;
4. implementare progetti nei settori tematici di formazione,
economia e sociale, culturale imprenditoriale, salute, dialogo internazionale,
cultura e sviluppo della fondazione;
5. organizzare workshops, seminari e conferenze per
incontri tra ufficiali e politici e gli esperti ideologicamente “vicini” alla
fondazione;
6. il ranking degli attori sociali o dei settori in
ambiti quali servizio di collocamento, sistema sanitario, amministrazione
comunale, istituzioni di formazione, Länder o stati;
7. il ranking delle sedi al fine di valutare la politica
economica di importanti stati industriali e paesi emergenti al fine di valutare
le prospettive di crescita e di occupazione di questi paesi.
La fondazione Bertelsmann come Think Tank (termine che designa una commissione di esperti; tank
nel linguaggio militare significa carro armato) in un certo senso funge da
interfaccia. In essa si sovrappongono ed integrano cinque settori che
rappresentano anche dei campi d’azione della militarizzazione al livello
dell’intera società. In dettaglio si tratta dei settori economia, media,
scienza e politica e degli altri segmenti sociali.
Connessioni tra il settore militare e quello economico
Le connessioni tra il settore militare e quello economico
sono molteplici, ma spesso con riserva di segretezza. Manifesto è il
collegamento militare-economico nel settore dell’industria delle armi. Meno manifeste sono invece le relazioni tra
il settore militare e quello degli ambiti della produzione e dei servizi, che
offrono merci impiegabili anche in ambito civile, ad esempio tutti i tipi di
navi, veicoli ed aerei, stoffe, beni alimentari, mobili, oggetti di
arredamento, elettronica, sistemi di vigilanza, notizie o offerte di
divertimento. 
Altre connessioni si hanno nei punti in cui determinati
compiti rilevanti dal punto di vista militare quali amministrazione,
rifornimento, trasporto e logistica vengono attribuiti a privati (operazione
detta “outsourcing”) – come ad esempio alle ferrovie tedesche, alla posta, a
Siemens e IBM. Eccezion fatta per l’industria delle armi, nei settori economici
civili menzionati, non rilevanti dal punto di vista militare, si manifestano
anche obiettivi imprenditoriali della multinazionale Bertelsmann.
Tra il settore militare e quello economico inoltre si possono osservare
anche collegamenti personali e istituzionali, ad esempio nel caso del circolo
di lavoro dell’esercito e dell’economia “Arbeitskreis Bundeswehr und
Wirtschaft
” con i rispettivi centri di consulenza e il “Celler Trialog”.
Nell’ultimo caso i tratta di un foro costituito da rappresentanti del mondo politico ed economico e dell’esercito
federale tedesco,
organizzato dall’associazione “Deutsche Gesellschaft für
Wehrtechnik e.V
.” (traduzione italiana: società tedesca per la tecnica
della difesa, associazione registrata) e la sua società di studi. Il gruppo
persegue lo scopo di “rafforzare la rete della politica della sicurezza
tedesca”. Nel mese di maggio del 2013 nel “Celler Trialog” si incontrarono il
ministro federale della difesa, il presidente del produttore d’armi Rheinmetall
AG
e l’ispettore generale dell’esercito federale tedesco per discutere della
questione “Politik – Bundeswehr – Wirtschaft: Kooperation oder Konkurrenz?”
(traduzione italiana: Politica – Esercito federale tedesco – Economia:
cooperazione o concorrenza?
). 
Il complesso imprenditoriale di Bertelsmann
Il complesso imprenditoriale di Bertelsmann possiede una
rete internazionale e possiede numerose filiali estere. I circa 105.000
collaboratori si ripartiscono in quattro reparti
dell’impresa
(vedi il riquadro 4):
Arvato AG, BMG/Bertelsmann Rights Management, Be Printers Group e il settore
dei media con delle ramificazioni molto estese. 
Riquadro 4: I settori imprenditoriali della multinazionale
Bertelsmann
1. La società Arvato AG è un fornitore di outsourcing
che dispone di una rete internazionale di 270 affiliate e oltre 63.000 collaboratori
in oltre 35 paesi. L’aspetto centrale dell’offerta di servizi, impiegabile
anche a scopi militari, consiste nella creazione, commercializzazione e
gestione di media di memorizzazione digitale e di prodotti di stampa. Grazie a
uno dei concetti cross-mediali, sviluppati dai settori commerciali dell’Arvato,
con le tastiere di tutti i media (inclusi i social media), a seconda dei gruppi
target, si può gestire l’intera larghezza di banda di richieste tematiche di
clienti ai fini della gestione di campagne di promozione. L’uso è permesso
anche alle amministrazioni pubbliche e all’esercito. Altri reparti dell’Arvato
offrono reti per call center e programmi di assistenza clienti. Altri settori
commerciali si riferiscono allo sviluppo di software e l’uso di servizi
informatici e finanziari, tra cui informazioni economiche, diverse procedure di
recupero crediti e incasso e una “lista nera” di assicurati che danno
nell’occhio. A livello internazionale il reparto dell’impresa ogni giorno
produce oltre sei milioni di supporti dati, CD e DVD, ma anche media stampati.
L’Arvato gestisce propri negozi online per il commercio elettronico e li
installa su richiesta del cliente. Infine la ditta dispone di un’offerta di
soluzioni logistiche e di centri di logistica.
2. Il reparto
dell’impresa BMG / Bertelsmann Rights
Management
comprende un gruppo internazionale di ditte musicali ed è
specializzato nel settore della gestione dei diritti musicali. La sua sede
centrale si trova a Berlino. Altri uffici si trovano a New York, Nashville, Los
Angeles, Londra, Madrid, Milano, Parigi, Monaco di Baviera, Stoccolma, Dublino
e Hilversum (nei Paesi Bassi).
3. Il gruppo Be Printers Group è un ramo dell’impresa Bertelsmann che opera nel settore
dei servizi di stampa e della comunicazione. Questo settore riunisce a livello
organizzativo la maggior parte di tutte le attività di stampa di Bertelsmann
SE & Co. KGaA
. Be Printers Group comprende 17 sedi produttive
distribuite su sei paesi: Stati Uniti, Colombia, Spagna, Gran Bretagna e
Germania. A livello organizzativo, il gruppo si suddivide in tre unità
aziendali: Americas, Southern Europe e Prinovis.
4. I media di Bertelsmann (vedi riquadro 5)
La fondazione Bertelsmann, in particolare per quanto
riguarda i settori degli affari rappresentati all’interno della multinazionale,
è intimamente legata al mondo economico. Questo vale particolarmente per i settori
produttivi e i servizi importanti in ambito militare, in particolare nel
settore dei media dell’impresa. Giornali, radio e televisione da una parte sono
le agenzie centrali della militarizzazione ideologica e dell’implementazione e
del rafforzamento di strutture ideologiche militari. A questo aspetto fa anche riferimento
Daniele Ganser, studioso della pace presso lo studio di ricerca per la politica
della sicurezza presso l’ETH di Zurigo, quando costata: “Non è affatto
difficile mettere popoli e culture una/o
contro l’altra/o.
È avvenuto continuamente nella storia e fa parte del
repertorio di tutte le potenze egemoniche.”
Dall’altra i media – sia il settore dell’intrattenimento
che i settori rivolti a gruppi particolari di spettatori – adempiono il loro
compito di intrattenere, calmare e distrarre. Essi devono anche distrarre dai
pericolo del neo-militarismo e ovviamente dal ruolo svolto da Bertelsmann e dai
media di Bertelsmann nel processo della militarizzazione. Inoltre i mass-media
diffondono i ranking, le dichiarazioni e i dossier della fondazione e dei suoi
satelliti, quali ad esempio il documento del gruppo Venusberg, addobato di dettagli
“scientifici”.
La multinazionale, strettamente collegata con la
fondazione, integra tra loro quattro diversi reparti dei media (vedi il riquadro
5
): ovvero libri, riviste e periodici, radio e televisione e
l’infrastruttura necessaria per i media e il loro funzionamento. Anche le
produzioni televisive rivestono un ruolo di notevole importanza nella
“militarizzazione del pensiero” (Samuel Weber) e nella produzione, diffusione e
nell’ancoraggio della “macchina per la guerra” (Peter Bürger) dell’industria
dei media d’intrattenimento.
Le produzioni di film e televisive dell’industria della
coscienza mediale sono strumenti della militarizzazione. Da una parte
garantiscono i rapporti di dominio e di sfruttamento esistenti, producendo e diffondendo
un clima generale di pericolo individuale e collettivo. Dall’altra
contribuiscono alla pubblicazione e normalizzazione quotidiana della minaccia,
del sospetto, della violenza, distruzione, criminalità, dell’omicidio e
dell’uccisione. Senza muovere alcuna critica razionale, queste produzioni
mirano all’appiattimento della ragione dei loro spettatori, ascoltatori e
lettori. Questo non vale solo per i media che fanno parte della multinazionale
Bertelsmann, ma anche per i media pubblici legali. I media, i media mainstream
e la militarizzazione strisciante nel contesto delle quote degli ascoltatori
rappresentano il tri-astro del
neomilitarismo.
Riquadro 5: I media di Bertelsmann
1. Il reparto Bertelsmann libri è riunito nel gruppo editoriale
Random House (RH) con sede a New York. In Germania RH riunisce 46 case
editrici, tra cui DVA, Goldmann, Siedler, C. Bertelsmann, Heyne e Luchterhand
Literaturverlag.
2. La casa editrice Gruner + Jahr pubblica riviste e periodici. A livello
internazionale commercializza oltre 300 titoli, tra cui oltre 50 in Germania.
Tra le riviste vi sono la rivista artistica Art, Brigitte, Capital, Eltern,
Essen und Trinken, Gala, GEO, National Geographic Deutschland, Schöner
Wohnen, Stern e le riviste di DB e Lufthansa. Bertelsmann detiene anche
partecipazioni alla rivista “Spiegel”.
3. Nel settore radio-televisivo
Bertelsmann, con RTL Group, è il più grande gestore europeo nel settore della
televisione e della radio private, finanziate mediante pubblicità. Il gruppo
RTL è anche rappresentato al di fuori dell’Europa; ad es. come “Big RTL
Thrill” in Joint Venture con l’impresa televisiva indiana Reliance Broadcast
Network. Del gruppo mediatico di RTL in tutto fanno parte 53 canali
televisivi e 28 canali radio, tra cui in Germania le televisioni RTL
Television
, RTL II e Super RTL. RTL Television gestisce canali regionali
in Assonia, ad Amburgo/Nord e a Colonia/Ovest e anche altre affiliate, quali
ad esempio i canali VOX e n-tv e canali televisivi a pagamento quali RTL
Crime, RTL Living e RTL Nitro. I canali di intrattenimento quali RTL e Vox
con Dieter Bohlen e Daniela Katzenberger favoriscono “icone
dell’intrattenimento televisivo” che Bernd Gäbler in una ricerca della
fondazione Otto Brnner di IG Metall chiama “idoli vuoti”. Altri settori
dell’imperio mediatico di RTL sono RTL interactive con le offerte online e
per cellulari, il produttore di notizie info Network, CBC, che si occupa
della produzione e della tecnica, e la società di commercializzazione IP
Deutschland che agisce nel settore della vendita di spazi pubblicitari e
offerte internet.
4. Il quarto segmento del settore mediatico comprende
l’infrastruttura distributiva
della multinazionale Bertelsmann: gli impianti di trasmissione, le tipografie
e il Buch-Club (club libri) con tutte le sue filiali. I club supera i 25
milioni di membri. Oltre ai libri offre anche viaggi, focalizzando sui grandi
mercati europei.
Bertelsmann e la militarizzazione della scienza
Per influenzare le decisioni politiche e/o i decisori
importanti secondo lo scopo della fondazione, la fondazione Bertelsmann non si
serve solo del suo apparato scientifico. Si rifà anche ad una serie di
istituzioni ed esperti scientifici, finanziati dalla fondazione, che dunque non
sono indipendenti. La fondazione e i suoi satelliti academici intervengono come
think tanks particolarmente in cinque
ambiti politici:
la politica dell’istruzione, la politica sanitaria, la
politica del mercato del lavoro, la politica estera e della sicurezza e la
politica dei media.
Nel settore della politica dell’istruzione la fondazione
viene supportata dalle attività del centro per lo sviluppo universitario Centrum
für Hochschulentwicklung
 (CHE) e del progetto della scuola indipendente
Projekt
Selbstständige Schule
” (chiamato anche progetto “scuola
responsabile” o “scuola auto-responsabile”). L’ultimo progetto menzionato
riguarda esperimenti modello e riforme dell’istruzione con i quali la
fondazione Bertelsmann, in cooperazione con i ministeri competenti dei Länder,
persegue lo scopo di rimodellare l’organizzazione della scuola.
La sede del CHE si trova a Gütersloh come la
multinazionale di Bertelsmann. La sede periferica del CHE che esegue delle
attività di consulenza economica è la società CHE Consult GmbH con sede a Berlino. Il centro personalmente si
considera un’“officina di riforme” che persegue l’obiettivo di “liberalizzare e
modernizzare” il panorama universitario tedesco. Questo scopo lo hanno
perseguito progetti all’interno degli istituti universitari, degli studi, delle
pubblicazioni, campagne e workshop e i ranking del CHE, alquanto criticati e
messi in dubbio sul piano scientifico.
Il CHE, prendendo accordi con le associazioni degli
imprenditori, orchestrando il tutto in modo efficiente sul piano mediatico, è
riuscito a preparare le riforme universitarie come il processo Bologna. Nel
corso di questo sviluppo, accompagnato da riduzioni di budget dei bilanci
universitari, il settore della ricerca si apriva sempre di più e dipendeva
maggiormente da professorati di
fondazioni e ordini di ricerca finanziati da imprese
del settore delle armi
(vedi: Jetzt entrüsten! Hochschulen: Zukunftswerkstätten oder Kriegs-„Dienstleister“?,
Stoccarda 2012). Il risultato finale: le riforme e i ranking del CHE hanno
provocato un adattamento unidimensionale degli istituti superiori e delle
università agli imperativi economici e dell’economia delle armi.
In modo simile come la fondazione Bertelsmann promuove il
CHE nel settore della politica dell’istruzione ed universitaria, nel settore
sanitario finanzia il centro di gestione ospedaliera Centrum für Krankenhaus-Management (CKM) presso l’università di
Münster. Qui inoltre finanzia un professorato della fondazione per la gestione
ospedaliera. In questo e in altri modi la fondazione influenza la politica
sanitaria (vedi Matthias Volke 2010 e Hermann Werle 2010). L’interesse della
famiglia Mohn, proprietaria di Bertelsmann, nel settore commerciale-sanitario
si manifesta tra l’altro nei seguenti aspetti: Barbara Mohn è membro del
comitato esecutivo di Rhön-Klinikum AG,
di cui era anche membro l’ex ministro della difesa tedesco zu Guttenberg (vedi estratto
dell’articolo di giornale 2
)
. Nel caso di Rhön-Klinikum AG si tratta
di una società di amministrazione di ospedali, cliniche e centri di
approvvigionamento medico quotata in borsa. La società per azioni nel 2012
ottenne un profitto di 91,97 milioni di Euro con un fatturato complessivo di
2,87 miliardi di Euro.
Estratto di
giornale 2
: Da “Weser
Kurier”, numero 244 del 17 ottobre 2009 in occasione di un rapporto sul
funerale di Reinhard Mohn, il capofamiglia defunto della famiglia Mohn,
proprietaria di Bertelsmann.
Relazioni personali quali quelle del CKM sussistono anche
nel settore della ricerca, dell’insegnamento e della consulenza attraverso il
centro per gli investimenti e le innovazioni sociali Centrum für soziale
Investitionen und Innovationen

(CSI) presso l’università di Heidelberg. Il CSI agisce quale agenzia di ricerca
per il settore non lucrativo in Germania ed Europa. Il suo direttore delegato,
Volker
Then, in passato era il direttore del settore sulle fondazioni e la società
civile presso la fondazione Bertelsmann. 
Vicina all’“imperio mediatico” di Bertelsmann (Böckelmann/Fischler
2004), la fondazione, come ci si aspetta, agisce anch’essa nel settore politico
dei media (vedi Leidinger/Schöller 2010). Ma anche le regolamentazioni nel
settore della politica del mercato del lavoro e le riduzioni del regime IV furono propagate dalla fondazione
Bertelsmann.
L’esperta di diritto sociale Helga Spindler ha dimostrato
in dettaglio come i gruppi di lavoro della fondazione Bertelsmann “dal 1999,
insieme a numerosi esperti, hanno lavorato in modo mirato su questo tema e
propagato costantemente il peggioramento delle posizioni giuridiche dei
disoccupati” (Spindler 2010, 303). In seguito alle regole di Hartz e il suo
“taglio” quasi militare, le lavoratrici e i lavoratori temporanei vengono
spostati da un luogo di lavoro all’altro, come su un fronte bellico. 
Bertelsmann e la militarizzazione
della politica
Uno strumento particolarmente efficiente per influenzare
politica e società consiste nel centro sopra menzionato in relazione al gruppo
Venusberg, il centro di ricerca politica applicata Centrum für angewandte Politikforschung (CAP) presso
l’università Ludwig-Maximilian di Monaco di Baviera. Il CAP si considera il più
grande istituto universitario di consulenza politica in Germania. Si colloca
all’interfaccia tra scienza, politica e media, si occupa di questioni europee
ed internazionali e fornisce progetti di riforme dell’UE e analisi militari
rilevanti e raccomandazioni sulla “politica della sicurezza” della Germania e
dell’UE. 
Il CAP parla dell’unione europea come della sua area di
lavoro principale in senso lato. In questo contesto vengono integrate questioni
sull’armamento e militari e tematiche quali il Medio Oriente, le relazioni
transatlantiche con gli USA e l’estensione orientale (della NATO). La
fondazione Bertelsmann finanzia anche il gruppo di ricerca “Bertelsmann Forschungsgruppe
Politik2
, fondato nel 1999 presso il CAP.
Nel contesto della penetrazione militare della società
rivestono anche un ruolo importante i progetti della fondazione Bertelsmann nel
settore della sicurezza interna e del
volontariato.
La fondazione si impegna a cooperare con i sindaci e le
amministrazioni comunali, associazioni di beneficienza e organizzazione della
società civile, come le chiese ed altre fondazioni. Inoltre intrattiene
relazioni con le fondazioni dei partiti e con l’unione tedesca dei sindacati Deutscher
Gewerkschaftsbund
(vedi estratto di
giornale 3
).
Estratto di
giornale 3:
Da “Junge
Welt”, numero 244 del 21 ottobre 2013. Titolo: “Friedenspolitik à la DGB”
(traduzione italiana: politica della pace à la DGB).
Riassumendo, la fondazione Bertelsmann è un tipo di
centrale all’interno di una rete da essa finanziata nei settori
dell’informazione e della comunicazione che riveste quattro funzioni.
·        
Da una parte attraverso i collegamenti della rete gli
obiettivi politico-economici e le concezioni neoliberali, incluse le visioni
politico-militari della fondazione e della casa madre Bertelsmann, vengono
comunicate e diffuse, tra l’altro servendosi dei media stampati, radio e
televisivi che appartengono alla multinazionale. Anche il mondo della politica,
tra cui il cancelliere Angela Merkel, ama far riferimento alla cronaca
favorevole e alle home stories, provando un legame di amicizia con la dirigente
di Bertelsmann, Liz Mohn (vedi estratto
di giornale 4
).

Estratto di
giornale 4:
Da “Der Tagesspiegel”,
numero 19 321 del 24 settembre 2006. L’articolo di Harald Schumann è
intitolato: „Macht ohne Mandat. Die Experten der Bertelsmann-Stiftung sind
in der deutschen Politik allgegenwärtig: Von den Kommunen bis zum Kanzleramt,
von den Hochschulen bis zur Sozialhilfe. Frage: Beraten sie die Politiker nur –
oder machen sie selbst Politik?
“ (traduzione italiana: Potere senza
mandato. Gli esperti della fondazione di Bertelsmann sono onnipresenti sulla
scena politica tedesca: Dai comuni fino all’ufficio del cancelliere, dalle
università fino ai sussidi sociali. Domanda: Offrono solo consulenza ai
politici, o fanno politica loro stessi?”
·        
In secondo luogo, la fondazione, rappresentata a Madrid e
New York con le sue filiali internazionali, mediante il suo modo di presentarsi
pseudo-serio e sostenuto da risultati di studi scientifici, si dimostra utile a
livello globale per curare l’immagine nell’interesse di tutti i settori
dell’impresa di Bertelsmann SE & Co. KGaA.
·        
In terzo luogo: I contatti e i programmi della fondazione
servono a curare i clienti e soprattutto a generare una domanda di prodotti
della multinazionale e ottenere nuovi clienti ed acquirenti. Questo aspetto si
manifesta tra l’altro nel settore dell’istruzione e della formazione, delle
amministrazioni comunali e nelle scienze dell’informazione, nella vendita e
gestione degli indirizzi, nelle campagne e nella logistica.
·        
Infine, la fondazione Bertelsmann, nel contesto del calcolo
della massimizzazione dei profitti della multinazionale, ha un posto fisso non
solo come agenzia di marketing insospettabile, ma anche come “oasi fiscale”. 
La nostra presunta pace
Il gruppo di Venusberg, fondato dalla “Bertelsmann
Forschungsgruppe Politik” del CAP, si esprime con veemenza a favore di una
militarizzazione dell’Europa, mentre lo nega. Infatti la scelta militaristica
costituita dalla fabbrica del “pensiero” della fondazione Bertelsmann e il
gruppo “Bertelsmann Forschungsgruppe Politik” del CAP viene imballata con
agilità linguistica in una pellicola di
sicurezza e di responsabilità di protezione
e servita in modo talmente
affascinante che si potrebbe pensare: chi qui pensa male, è un monello.
Negare l’intenzione della militarizzazione e il suo
camuffamento con i mezzi linguistici sono altre manifestazioni del
neo-militarismo. Sono tipiche dei suoi agenti che sono guerrafondai “soft”.
Tematizzare questo aspetto, analizzando i suoi dettagli, presuppone la
spiegazione di metodi di inganno di dimensioni orwelliane (vedi Orwell, 1984: “Guerra è pace, libertà schiavismo, e
ignoranza forza.”) e la messa a nudo delle manipolazioni di annebbiamento del
dizionario dell’uomo-bestia moderno (vedi Sternberger / Storz / Süskind: Aus
dem Wörterbuch des Unmenschen
, Amburgo 1957; Monaco di Baviera 1962). 
Ma va nuovamente accentuato che i portavoce e le agenzie
della militarizzazione attuale agiscono in una relazione di collegamento in
rete democratica incontrollata che non deve giustificarsi nei confronti della
popolazione e che dall’estero non si riesce a comprendere e perscrutare.
Inoltre ottengono una risonanza mediatica particolare che non deve sfidare
alcun dibattito pubblico antagonistico di rilievo. Sulla base dell’esempio
degli scenari minacciosi e delle linee guida da essi dedotte a livello
strategico militare del gruppo Venusberg abbiamo avuto modo di rilevare che i
processi e le funzioni della militarizzazione oggi sono molto più molteplici e
stratificati rispetto al passato, anche grazie all’elettronica e al suo
sviluppo. 
Nella società dell’informazione e dei media dell’epoca
digitale domina ovunque la presenza
dell’aspetto militare
. La neo-militarizzazione penetra nel mondo delle
informazioni e della loro presentazione mediatica. Il concetto attuale della
strategia militare da una parte si orienta ancora all’idea
classico-tradizionale del militarismo della grande guerra di “uno stato contro
l’altro” o di un “blocco contro un blocco” o “dei buoni e degli intenzionati
contro gli stati fantoccio”. Al fine di intervenire a livello militare, da un
lato si parte ancora da un nemico dall’altra parte. Normalmente si tratta delle
forze armate di un altro stato territoriale o di altri stati territoriali
alleati tra loro. 
Lo spazio di lotta civile-militare
Dall’altra, la concezione tradizionale della battaglia
“simmetrica” contro un esercito nemico non identificabile viene integrata e
superata per mezzo dell’idea paranoica
della guerra “asimmetrica”
neo-militarista. Al posto del campo di battaglia
bidimensionale, in cui gli eserciti si contrappongono e si combattono, ora si
colloca l’idea di uno spazio di lotta tridimensionale (“battle space”) che si
estende a tutto il mondo. Questo tipo di guerra non conosce confini
territoriali, ma parte dal presupposto dell’onnipresenza della minaccia, del
sabotaggio e del terrorismo.
Finché non si risveglia la coscienza critica, opponendosi
ai rapporti dominanti, l’aspetto civile e militare nell’epoca digitale
si sovrappongono e si amalgamano. Già nel 1982 il politologo e sociologo
militare Wilfried von Bredow nel suo studio intitolato “Moderner Militarismus”
faceva presente che si “sta offuscando sempre di più la separazione rigida tra
i settori civile e militare” (pag. 111). Per questo il neo-militarismo appare
meno marziale e bellico del militarismo classico delle guerre mondiali del
Novecento. La guerra nell’epoca digitale non è meno brutale della guerra del
passato, ma appare più morbida, variopinta, dinamica e eccitante e variegata,
come il gioco sulle console da gioco.
Visto che il settore civile e quello militare si
penetrano a vicenda, ci sentiamo ancora dei soggetti liberi, anche se in verità
siamo vittime della militarizzazione. Quando ci informiamo o comunichiamo gli
uni con gli altri, quando consumiamo qualcosa o organizziamo e programmiamo
qualcosa, quando prendiamo un appuntamento con qualcuno o vogliamo sapere
qualcosa, quando studiamo e lavoriamo – siamo nel mirino del neo-militarismo e
dunque una potenziale vittima dello stesso. Tutti noi e ognuno di noi siamo
visti come potenziali nemici. Ognuna e ognuno di noi, ovvero noi tutti,
tendiamo essere presi di mira da una macchina
di sorveglianza, di spionaggio e di eliminazione
che spara a caso addosso a tutto e tutti. Allo stesso tempo e in modo
sostenibile ognuno di noi e ognuna di noi siamo infettati con il
virus della paura, che ci dice che il
nostro vicino è il nostro nemico.
Da questo punto di vista e a causa della presenza
mediatica quotidiana dell’evento bellico nel mondo, fin da oggi ci troviamo nel mezzo di una guerra. La situazione
bellica è presente, anche se in Germania in questo momento non ci sono soldati
uccisi e non ci sono civili militari uccisi, non ci sono abitazioni colpite da
bombe, fabbriche distrutte e infrastrutture rovinate, non ci sono immigrate ed
immigrati le cui barche da fuggitivi si ribaltano davanti alle nostre coste,
non ci sono profughi di guerra che deteriorano in campi di massa … tutti questi
scenario sono lontani da noi.
Ma questa situazione di “ancora-pace” è un’illusione
ingannevole. Si basa sul fatto che altre persone in un altro luogo e al posto
nostro sanguinano, vengono sloggiate, imprigionate, torturate ed uccise, che in
un altro luogo domina la distruzione e che in un altro luogo si devono portare
dei sacrifici indescrivibili e allo stesso tempo insensati.
Elenco delle fonti utilizzate e di testi di approfondimento
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Su Bertelsmann, la fondazione
Bertelsmann e i media
Barth, Thomas: Bertelsmann. Ein
globales Medienimperium macht Politik. Amburgo 2006
Bauer, Rudolph: Kommerz statt Kommune.
Bertelsmann(-Stiftung) und Kommunalpolitik. In: Wernicke et alia, 403-428
Idem: Die Bertelsmann-Stiftung –
Wegbereiterin für Arvato Government Services. In: Wernicke et alia, 429-439
Idem: Bürgergesellschaft als
Bertelsmann-Projekt. In: Bode u. a. (editore), Bürgergesellschaft als Projekt.
Wiesbaden 2009, 265-291
Idem: “Bertelsmannisierung” der
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Idem: Global Player Bertelsmann. In:
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Biermann, Werner / Arno Klönne: Agenda
Bertelsmann. Ein Konzern stiftet Politik. Colonia 2007
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DGB Bildungswerk (editore): Medien im
Globalisierungsrausch – Kommt die Demokratie unter die Räder? Düsseldorf 2003
Friedländer, Saul et alia: Bertelsmann
im Dritten Reich. Monaco di Baviera 2002
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Francoforte sul Meno 2012
Lehning, Thomas: Das Medienhaus.
Geschichte und Gegenwart des Bertelsmann-Konzerns. Monaco di Baviera 2004
Leidinger, Christiane / Oliver
Schöller: Medienpolitische Aktivitäten der Bertelsmann Stiftung. In: Wernicke
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Schuler, Thomas: Die Mohns. Vom
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Idem: Bertelsmannrepublik Deutschland.
Eine Stiftung macht Politik. Francoforte / New York 2010
Spindler, Helga: War auch die
Hartz-Reform ein Bertelsmann-Projekt? In: Wernicke et alia, 279-311
Trepp, Gian: Bertelsmann. Eine
deutsche Geschichte. Zurigo 2007
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Volke, Matthias: Das Konzept
„Eigenverantwortung“ und die Individualisierung der Gesundheitsprävention. In:
Wernicke et alia, 247-260
Werle, Hermann: Nach der Reform ist
vor der Reform. In: Wernicke et alia, 261-275
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Sulla guerra, la militarizzazione e il
militarismo
Bertelsmann-Stiftung (editore): Was
folgt nach 2010? Leitlinien für die europäische Sicherheitspolitik im Zeitalter
der Globalisierung. Gütersloh 2008
Bredow, Wilfried von: Moderner
Militarismus. Analyse und Kritik. Stoccarda, Berlino, Colonia, Magonza 1982
Bürger, Peter: Bildermaschine für den
Krieg. Das Kino und die Militarisierung der Weltgesellschaft. Hannover 2007
Creveld, Martin van: Die Zukunft des
Krieges, Monaco di Baviera 2001
Jetzt entrüsten! Hochschulen:
Zukunftswerkstätten oder Kriegs-„Dienstleister“? Stoccarda 2012
Solidar-Werkstatt Österreich
(editore): „Denn der Menschheit drohen Kriege …“  Neutralität contra EU-Großmachtswahn. Linz
20013
Weber, Samuel: Gelegenheitsziele. Zur
Militarisierung des Denkens. Zurigo, Berlino 2006
Elenco dei collegamenti ipertestuali
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Sulla critica nei confronti di
Bertelsmann