General

LAICITA’ DELLA PROFESSIONE QUALE TUTELA DELLE PARI OPPORTUNITA’?


di Dr. Paul Renner, Bolzano, una relazione tenuta in data 09.10.2015 a Bolzano per la Fondazione Forense. Commento di Milena Rampoldi, ProMosaik e.V.: Sono molto felice di essere stata a Bolzano la settimana scorsa ad un convegno sulle PARI OPPORTUNITA’ in cui diversi relatori hanno trattato la tematica LAICITA’ DELLA PROFESSIONE  QUALE TUTELA DELLE PARI OPPORTUNITA’. Per primo vorrei presentare la relazione del Dr. Paul Renner che ha trattato la questione da un punto di vista cristiano-laico, ispirandosi alla prima chiesa cristiana e alla visione della politica e della religione di GESU’ stesso che separava CESARE e DIO ed era  dunque laico. L’obiettivo perseguito dal Dr. Renner nella sua relazione consisteva nell’inquadrare la questione della laicità nel complesso delle
religioni mondiali, in senso diacronico e sincronico. Il Dr. don Paul Renner dirige l’Istituto di Scienze Religiose di Bolzano e si occupa moltissimo di questioni interreligiose, e tra l’altro anche del dialogo con l’Islam.

1  Gli déi e il mondo: un dramma in
tre atti
Semplificando drasticamente, mi
permetto di affermare che gli déi pagani erano malati di ingerenza (poco
umanitaria) nel mondo. Rivendicando il merito di aver creato il mondo,
intervenivano a proposito ed a sproposito, pretendendo dagli uomini tributi,
primizie, sacrifici, fino ad esigere il fiore della gioventù. Tale scenario
cambia radicalmente una prima volta con il Dio di Israele, che già si
autolimita nell’atto del creare (lo zimzum)
e quindi si sceglie un popolo (il più piccolo e di dura cervice, secondo quanto
afferma la stessa Bibbia) esercitando la potestà solo su quello, affermando di
non gradire olocausti, oblazioni, sacrifici ed incenso e dunque concedendo al
mondo una certa autonomia, che culmina con lo scampato sacrificio del
primogenito di Abramo (Isacco per ebrei e cristiani, Ismaele per i musulmani).
La terza fase, il terzo atto di tale dramma si consuma con la venuta di Gesù, inviato
dal Padre che “ha tanto amato il mondo da mandare suo Figlio” (Giovanni 3,16).
Dio non chiede più al mondo di versargli un tributo ma offre al mondo se
stesso, nell’oblazione del Figlio. Quella che si verifica nel cristianesimo è
la prima e grande affermazione di autonomia del mondo rispetto a Dio, la madre
di tutte le laicità.
2  Gesù: un grande laico che fonda
una Chiesa (originariamente) laica
Chi era Gesù? Un laico…per
eccellenza, frequentatore di laici e pagani, membro di nessuna cerchia o stirpe
sacerdotale o iniziatica che fosse, con la quale anzi spesso polemizza per gli
eccessi di ingerenza della stessa, che vorrebbe normare tutta la vita del
popolo.
Laikos viene da laòs = parte del
popolo (di Dio).
Quella che Gesù instaura è la prima
democrazia vera (seppur teocratica) e culmina nel principio formulato da Paolo
che scrive ai Galati: “in Cristo Gesù non c’è più greco né ebreo, non schiavo
né libero, non c’è più uomo né donna…” (Gal 3,28).
Anche per i suoi discepoli (apostoli
= inviati) e poi per chi riveste responsabilità nella Chiesa, non si useranno
titoli ieratico-sacerdotali ma “civili”: presbitero (anziano), episcopo (=
supervisore), diacono (servitore), lettore….
Il cristianesimo distingue tra la
sfera del sacro e quella del pro-fano: senza il fanum non vi sarebbe il pro-fanum!
Si pensi al proverbiale “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è
di Dio!” (Mc 12,17) Il primo è l’ambito del mistero da adorare, il secondo dei
problemi da affrontare e risolvere.
In Oriente o nell’Islam la religione
invece è da sempre integrata nel
vivere.
Il cristianesimo del 1° millennio è
segnato da grandi movimenti laicali: le matrone romane che ospitano la ecclesia, il monachesimo, gli ordini
religiosi (di fatto…laici).
Gradualmente si diffonde una
confusione nel termine ecclesia
rispetto ad Atti 15, identificata sempre più con il magistero/gerarchia.
Nel Medioevo si assiste dunque ad
una clericalizzazione della Chiesa e ad una ecclesializzazione della società,
quella che chiamiamo era della cristianità.
La distinzione delle due sfere non ha significato
sempre un’adeguata e piena autonomia.
3  La Chiesa nella laicità
Cosa significa laicità?
La Dignitatis humanae (16) del Concilio Vaticano II afferma le solide
basi la libertà di coscienza, principio e fondamento di ogni concezione umanistica
e democratica ed espressamente fonda la laicità “sul principio di incompetenza dello Stato in materia religiosa.[1]
Tuttavia molti fraintendono la
laicità con il laicismo. A tale riguardo è bene citare la sentenza n. 203 del
1989 della Corte Costituzionale che recita:
Il
principio di laicità (…) implica non indifferenza dello Stato di fronte alle
religioni, ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di
religione, in regime di pluralismo culturale e religioso. (…) L’attitudine
laica dello Stato-comunità (…) si pone al servizio di concrete istanze della
coscienza civile e religiosa dei cittadini
”.
Dunque anche tutela del sentimento
religioso (pure per le vignette antislamiche o anticristiane alla Charlie Hebdo?).
Scrive ancora lo storico Scoppola
pochi anni orsono:
La
Democrazia Cristiana ha svolto per molti anni il ruolo di una mediazione fra la
Chiesa e la politica e ha cercato di far valere, sul piano della vita pubblica
e della legislazione, per quanto possibile, esigenze e valori cristiani. Ma
oggi quel partito non c’è più ed ecco allora che la Chiesa italiana sembra aver
scelto la via di un intervento in presa diretta nella politica, formulando
giudizi e direttive di comportamento sui singoli temi fino a suggerire
l’astensione in un referendum come quello sulla procreazione assistita (
(e
di recente sull’eutanasia o sul testamento biologico)). Non sembra vi siano impedimenti a questi interventi sul piano
strettamente giuridico,ma è inevitabile che questi interventi nel cuore stesso
dei processi legislativi in corso suscitino reazioni in nome della laicità
dello Stato e della distinzione di competenze. D’altra parte giova alla
Chiesa diventare soggetto attivo del dibattito politico al prezzo di una
inevitabile polemica o la sua influenza non sarebbe più efficace e duratura a
un livello non direttamente politico ma culturale e pastorale, nel senso cioè
di creare nel Paese, alla base dalla società, una sensibilità maggiore alle sue
“ragioni” e cioè ai valori di cui è portatrice?
[2] 
E prosegue:
Occorre
soprattutto rifornire, per così dire, la democrazia di quelle riserve e
tensioni etiche di cui ha urgente bisogno e che da sola non è in grado di
darsi. Non dovrebbe essere questo il compito primario della Chiesa, piuttosto
che quello di un intervento in presa diretta sulla vita politica e sulla
attività legislativa?
” (Ibid.)
Ricordo anni fa una tesi all’ISR
della nostra città, in cui una studentessa citava la presa di posizione di un
vescovo che definiva “criminale” la legge 194 che regola le interruzioni di
gravidanza… I vescovi giurano fedeltà alla Repubblica e dunque NON possono fare
simili affermazioni!
La Gaudium et spes afferma che delle cose del mondo devono occuparsi
“i secolari” e dunque si tratta anche – o forse soprattutto – di un problema di
laicità “interna alla Chiesa”, che
permette una sana distinzione degli ambiti se favorisce una seria formazione delle coscienze.
Abbiamo in corso un Sinodo della
Diocesi di Bolzano-Bressanone, proprio per dare più voce al laicato…
Giulio Giorello (Di nessuna
Chiesa. La libertà del laico
) scrive a mio parere con piena ragione:
Nelle
questioni di vita civile, essere di nessuna Chiesa significa non prendere
ordini da istituzioni religiose. C’è un certo tipo di laicismo, al quale non appartengo, che vorrebbe che la fede fosse
solo un fatto privato. Ritengo più interessante l’atteggiamento di chi
manifesta un’adesione pubblica a una tradizione religiosa – e agisce anche in
nome della propria fede – esprimendosi liberamente e senza imporre le regole di
quella tradizione agli altri. La fede deve rimanere un fatto pubblico, ma con
uno spirito pratico di non prevaricazione
”.[3]
Un caso concreto lo si riscontra
quando si tratta del crocifisso nelle scuole e negli ambienti pubblici. Il noto
filosofo Massimo Cacciari afferma al
riguardo:
Gesù
era un maestro di laicità. Chi ha detto che il suo Regno non è di questo mondo?
Più laico di così… La grande tentazione demoniaca è quella del potere terreno.
Gesù è la figura che nel modo più esplicito ha manifestato la libertà
dell’anima spirituale di ciascuno. Se invece del crocifisso ci fosse appeso un
cartellone con l’immagine di tutti i papi… capirei la protesta. Anch’io sarei
molto contrario e vorrei venisse tolto
”.[4]
Così suona la determinazione
in merito del Consiglio di Stato, sentenza 556 del febbraio 2006 sul crocifisso
nelle scuole:
Occorre sempre valutare se si tratta
di finalità religiose e se è inteso come simbolo religioso, oppure se “…esso è in grado di rappresentare e di
richiamare in forma sintetica immediatamente percepibile ed intuibile (al pari
di ogni simbolo), valori civilmente rilevanti.” (…) “si tratta di quei valori
che soggiacciono ed ispirano il nostro ordine costituzionale…in tal senso il
crocifisso può svolgere, anche in un orizzonte ‘laico’ diverso da quello
religioso che gli è proprio, una funzione simbolica alta,mente educativa, a
prescindere dalla religione professata dagli alunni.”
            “…è evidente che in Italia
il crocifisso è atto ad esprimere, appunto in chiave simbolica ma in modo adeguato,
l’origine religiosa dei valori di tolleranza, di rispetto reciproco, di
valorizzazione della persona, di affermazione dei suoi diritti, di riguardo
alla sua libertà di autonomia della sua coscienza morale nei confronti
dell’autorità, di solidarietà umana, di rifiuto di ogni discriminazione, che
connotano la civiltà italiana.”
            Il richiamo attraverso il
crocifisso dell’”origine religiosa” di questi valori e della “loro piena e
radicale consonanza con gli insegnamenti cristiani”, “serve dunque a porre in
evidenza la loro trascendentale fondazione, senza mettere in discussione, anzi ribadendo l’autonomia (non la
contrapposizione
sottesa ad una interpretazione ideologica della laicità,
che non trova riscontro alcuno nella nostra Carta fondamentale) dell’ordine temporale
rispetto all’ordine spirituale, e senza sminuire la loro specifica
“laicità”.     (…)
            “Non si può però pensare
al crocifisso esposto nelle aule scolastiche come a una suppellettile e oggetto
di arredo e neppure come ad un oggetto di culto; si deve pensare piuttosto come
ad un simbolo idoneo ad esprimere l’elevato fondamento dei valori civili sopra
richiamati, che sono poi i valori che delineano la laicità nell’attuale
ordinamento dello Stato.
[5] 
4  Alcune questioni attuali e
principi di fondo
Lo Stato dunque, e chi nelle diverse
professioni opera a servizio della collettività, non deve dunque ignorare o
osteggiare la fede dei singoli e le organizzazioni religiose in cui la stessa
si concretizza.
Si deve tuttavia vigilare – come
singoli operatori e come strutture dell’ente pubblico – che vengano garantiti
alcuni standard o criteri di fondo, delineati in sostanza dalla Dichiarazione universale dei diritti umani
formulata dall’ONU nel 1948.
Tra questi, oltre alla libertà di
professione della religione con tutti gi aspetti ad essa collegati (luoghi di
culto, formazione religiosa nelle scuole previ accordi con lo Stato,
riconoscimento dei ministri di culto, ecc.) va ricordata la possibilità che lo
Stato riconosca o misconosca diverse comunità religiose, in base ai loro
statuti o alla loro prassi nell’ambito della società civile.
Lo Stato poi può e deve imporre a
tutti gli esponenti delle diverse denominazioni religiose il rispetto di alcune
norme di ordine di genere (uguale dignità ed opportunità per uomini e donne),
etico (es. poligamia), sanitario (sepoltura con determinati criteri, sacrifici
animali in luoghi appositi, circoncisione in ospedale) e civile (tasse ecc.)
condivise al suo interno.
Si deve anche evitare di farsi
condizionare dal ruolo impressionante dei media, da quel “Quarto potere” che
può creare mostri e diffondere disinformazione ed ideologie, anziché
rappresentare un servizio di civiltà. 
(vd. la presunta mancanza di donne al Sinodo sulla famiglia che si
svolge in Vaticano).
Occorre poi sfatare dei miti
pesanti, dei discorsi “da bar”, che non fanno onore a chi esercita delle
professioni delicate e di vitale importanza per le dinamiche civili.
      
I preti non sono
tutti ricchi e pedofili
      
I musulmani non
sono tutti ignoranti e terroristi
      
Gli induisti non
sono tutti pacifici e tolleranti
      
Chi crede tende
al fanatismo ed all’intolleranza
      
Le religioni monoteistiche
sono fonte di assolutismo e di violenza
      
La religione è
faccenda privata…
Dinamica delicata
e privata è di sicuro la fede delle persone, sulla quale non si possono
esprimeregiudizi. La religione è invece un fattore sociale che non possiamo ignorare né combattere ma
cercare di capire (anche se laici) e di normare, affinché sia fattore di
identificazione non “contro” qualcuno ma “per” il mondo. Si pensi al “Progetto
per un’etica mondiale” del teologo Hans Küng
(sul quale è in corso una mostra alla LUB di Bressanone), il quale teorizza
“Non può esserci pace tra le nazioni senza pace tra le religioni”. Ma si pensi
anche al testo di Paolo Prodi, Il
sacramento del potere
, in cui nota che il defilarsi della fede e la mancata
condivisione della Bibbia quale testo su cui giurare veracità, crea non pochi
problemi alla celebrazione dei processi in alcuni Paesi.
Le religioni in questi tempi stanno
scoprendo il rispetto per le realtà civili e stanno anche facendo sforzi di
avvicinamento e di collaborazione. E se ancora sussistono delle forte sacche di
anticlericalismo, c’è da interrogarsi se queste non vadano forse imputate anche
al persistere di clericalismo, sostenuto da Enzo Bianchi.[6]
Concludendo:
Sant’Agostino spiegava il
proverbiale “Date a Cesare quel che è di Cesare…” nei seguenti termini: sulla
moneta vi è l’immagine dell’Imperatore e va restituita a lui; l’uomo reca
invece in sé l’immagine di Dio e va a Lui ricondotto.
La dignità della
persona deve essere ancorata in ultima istanza in Dio (“a sua immagine e
somiglianza”): ogni altro fondamento (etico, giuridico…) risulta provvisorio e
mutevole, seppur utile e gestire la convivenza sociale in maniera condivisa e
sostenibile per il futuro.
Dio infatti – almeno nella visione
ebraica e cristiana – non è Colui che occupa ogni spazio nella vita degli
umani, bensì è sempre “Colui che viene”, come ricorda anche Moni Ovadia in un
piacevole aneddoto riferito al mondo yddish:
“Un bátlen
rincasa e, raggiante, annuncia alla madre disperata per quel figlio
sfaccendato: “Mame, mamele! Ho trovato un lavoro. Devo andare in cima al
villaggio a vedere se arriva il Messia. Se vedo lui devo fare annuncio. Mamele
sei contenta? Mi danno cinque groschen la settimana.” La mamma imbestialita:
“Che figlio deficiente! Che razza di lavoro ‘avvistatore di Messia’? Con cinque
groschen faremo la fame!” “Si, ce l’hai ragione, mamele. Ma almeno è lavoro
permanente!”[7]


[1] P.Scoppola, Jesus 3(2006)49.
[2] P.
Scoppola, Jesus 3(2006)51.
[3] G. Giorello, Jesus 3(2006)59.
[4] M.
Cacciari, Erasmus, 3-4(2006)22.
[5] Citazione tratta da Erasmus
3-4(2006)22-23
[6] E. Bianchi, La differenza cristiana,
Einaudi 2006
[7] M.
Ovadia, L’ebreo che ride, Torino 1998, 32.