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GAZA. In migliaia in piazza contro Abu Mazen

25 febbraio 2019, Nena News
I manifestanti chiedono le dimissioni del presidente dell’Anp, da un anno impegnato in una dura pressione economica sulla Striscia. A Gerusalemme rilasciato il direttore della moschea di al-Aqsa, ma non potrà entrarci per una settimana.

Erano in migliaia ieri nelle strade di Gaza a manifestare contro il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mahmoud Abbas: dimissioni, la richiesta dei gazawi in piazza al-Sarya. La protesta è scoppiata dopo mesi di pressioni politiche ed economiche esercitate dal governo di Ramallah sul movimento islamico Hamas, governo de facto della Striscia. Pressioni che si riverberano su una popolazione già sotto assedio israeliano: il taglio dell’elettricità e dei salari ai dipendenti dell’Anp hanno peggiorato una situazione già drammatica.
Ieri la piazza chiedeva di reintrodurre gli stipendi, sospesi da Abu Mazen nel tentativo di costringere il rivale Hamas a cedere il potere all’Anp. Una manifestazione chiamata dal Movimento popolare per la Salvezza nazionale, formato da diverse fazioni e partiti palestinesi tra cui Hamas: “Siamo qui per ricordare che non siamo schiavi del governante – si legge nel comunicato del movimento – Siamo qui per chiedere elezioni presidenziali, parlamentari e amministrative”.
Nei Territori Occupati non si vota per parlamento e presidente dal 2006, quando a vincere fu Hamas: ne seguì il boicottaggio internazionale e il confronto fratricida tra Hamas e Fatah che portò alla divisione politica di Gaza e Cisgiordania.
La manifestazione di ieri mostra tutta la frustrazione dei due milioni di palestinesi che vivono a Gaza, da 12 anni sotto assedio israeliano e vittime di una crisi umanitaria strutturale che negli ultimi mesi si è drasticamente aggravata. Ma mostra anche la stanchezza della popolazione palestinese nei Territori Occupati per la radicata divisione politica interna, che perdura da più di un decennio e che ha estremamente indebolito la capacità di formulare una strategia nazionale e di riportare sul tavolo l’agenda palestinese.
La protesta, che ha avuto nel mirino anche Israele, si inserisce nel contesto di un anno di manifestazioni lungo le linee di demarcazione con lo Stato israeliano, la Grande Marcia del Ritorno iniziata il 30 marzo 2018 e tuttora in atto. Lo scorso venerdì ha visto ancora migliaia di gazawi manifestare per il ritorno e contro l’occupazione.
E il bilancio delle vittime del fuoco dei cecchini israeliani è tornato a salire: il 15enne Yousef al-Daya è stato ucciso, colpito dalle pallottole a 150 metri dalla rete che divide Gaza e Israele. Yousef è il 48esimo minorenne a essere ucciso. Oltre 250 le vittime totali, oltre 26mila i feriti. Venerdì tra i 115 feriti si contavano anche 16 bambini, dieci donne, un giornalista e un paramedico, secondo le informazioni fornite dal ministero della Salute di Gaza.
Ma la tensione è alta anche a Gerusalemme, dove da più di una settimana i palestinesi protestano per la nuova rete apposta alla porta della Misericordia, Bab al-Rahma, ingresso alla Città Vecchia chiuso da Tel Aviv dal 2003. Da allora sono stati numerosi gli arresti perpetrati dalle autorità israeliane a Gerusalemme est, compreso il capo del consiglio della Wafq, il custode della moschea di al-Aqsa, Sheikh Abd al-Athim Salhab,e del vice direttore Sheikh Najeh Bkerat. Sono stati rilasciati ieri ma gli è impedito di entrare nella Spianata delle Moschee per una settimana.