Ue-Lega araba, la «nuova era di cooperazione» legittima il faraone el Sisi
Michele Giorgio 26 febbraio 2019 |
Leader europei pronti a collaborare con quelli arabi in ogni settore, dalla sicurezza all’economia, chiudendo gli occhi di fronte alle violazioni dei diritti umani. Conte è convinto che el Sisi accerterà la verità sull’omicidio di Giulio Regeni.
Al Jazeera qualche giorno fa aveva liquidato il vertice Ue-Lega araba come «simbolico», senza sostanza. E in parte ha avuto ragione. «La nuova era di cooperazione» di cui parlavano ieri i partecipanti alla fine della due giorni di Sharm el Sheikh è solo uno slogan. Ciò nonostante sarebbe un errore trascurare alcuni degli esiti, in qualche caso preoccupanti, del primo summit tra capi di Stato e di governo dei paesi dell’Unione europea e della Lega araba sui temi della sicurezza, migrazione, le crisi e guerre regionali. Così come sarebbe in errore sottovalutare che il presidente egiziano Abdel Fattah el Sisi, a capo di un regime brutale, ha ricevuto sul Mar Rosso una piena legittimazione da parte dell’Europa.
«Andando a Sharm el Sheikh (i leader europei) hanno approvato, consapevolmente o meno, il peggior dittatore che l’Egitto abbia visto nei tempi moderni…Tusk, Juncker e i 20 capi di Stato che hanno aderito all’evento, non sono altro che gli utili idioti di el Sisi», ha scritto senza peli sulla lingua David Hearst, giornalista di fama internazionale. Hearst ha ricordato il recente emendamento alla Costituzione egiziana che farà di el Sisi un faraone, al potere a tempo indeterminato. Di fronte a ciò non si può non provare una profonda amarezza leggendo le dichiarazioni di Conte. El Sisi, ha assicurato il presidente del consiglio, rinnova l’impegno per arrivare alla verità sul brutale assassinio di Giulio Regeni. Il governo italiano assegna credibilità a colui che agisce unicamente per insabbiare la vicenda di Regeni. Conte piuttosto avrebbe dovuto indignarsi ascoltando il rais egiziano che, nel suo discorso, ha chiesto all’Europa di comprendere che «nei paesi arabi la priorità è la stabilità ed evitare che cadano nella distruzione, com’è avvenuto in diversi Stati dell’area». Una premessa volta a giustificare le gravi violazioni dei diritti umani in Egitto. «La pena di morte che viene decisa dai tribunali penali in Egitto è uno strumento per tutelare i diritti delle vittime degli attacchi terroristici ed è parte della cultura e dei valori della regione», ha risposto el Sisi ai giornalisti che gli chiedevano delle esecuzioni in Egitto (15 solo nel mese di febbraio).
El Sisi chiede mano libera contro oppositori e dissidenti e l’Italia e il resto dell’Europa acconsentono. L’Ue intende cooperare proprio con il regime egiziano nella sicurezza e di «lotta al terrorismo» e il portale d’informazione mediorientale Middle East Eye (Mee) ieri riferiva in esclusiva che funzionari europei hanno avviato colloqui con le controparti al Cairo e in alcuni paesi mediorientali – Algeria, Giordania, Libano, Marocco, Tunisia e Turchia (con Israele già accade da anni) – per la condivisione con Europol di informazioni personali tra cui i dati riguardanti la razza e l’origine etnica di una persona, le sue opinioni politiche e credenze religiose, l’affiliazione sindacale, i dati genetici, quelli relativi alla loro salute e persino alla vita sessuale. Un portavoce della Commissione europea ha rivelato a Mee che i negoziatori hanno tenuto tra novembre e dicembre colloqui con la Turchia e rappresentanti egiziani e di vari paesi arabi. Incontri che significano un’ulteriore normalizzazione della cooperazione con i servizi di sicurezza di el Sisi responsabili, come tutti gli elementi lasciano credere, dell’omicidio di Giulio Regeni oltre che di abusi, torture e violazioni a danno di migliaia di cittadini egiziani.
Nella dichiarazione finale del vertice a Sharm el Sheikh, divisa in 17 punti, Ue e Lega araba affermano inoltre la necessità di risolvere in modo politico le crisi regionali, in conformità con il diritto internazionale e il diritto umanitario. Ribadiscono il sostegno comune alla soluzione a Due Stati (Israele e Palestina) in base ai confini del 1967 e Gerusalemme est come capitale del futuro Stato palestinese ed esprimono preoccupazione per la situazione nella Striscia di Gaza. Sostengono di voler preservare l’unità, la sovranità, l’integrità territoriale e l’indipendenza di Siria e Yemen. Si stenta a crederlo guardando a ciò che hanno deciso e fatto in quei due paesi dal 2011 in poi.