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Demolizioni di case palestinesi a Gerusalemme Est: Cronaca di un’epurazione pianificata

Amira Hass 28/07/2019
Dal 1967, Israele espropria terreni per colonie ebraiche a Gerusalemme e costringe i palestinesi della capitale a costruire senza permessi. La decisione della Corte Suprema israeliana su Sur Baher di questa settimana non è che l’ultimo esempio.

Tradotto da Alba Canelli

Le strade che portano alla zona Wadi al-Hummus di Sur Baher sono strette, accidentate, piene di buche e così ripide che la frequenza cardiaca aumenta e la mano scala la prima marcia. Queste strette arterie passano attraverso un conglomerato molto denso, incoerente nello stile e nella qualità.

Qua e là, spiccano alcuni vecchi edifici in pietra, la loro bellezza rimane intatta nonostante le aggiunte affrettate di un piano o di alcune stanze. In assenza di marciapiedi, la gente cammina tra le auto parcheggiate e le auto in strada. Il mix architettonico di Sur Baher è lo sfondo visivo necessario per comprendere le demolizioni che hanno avuto luogo questa settimana al margine sud-est del quartiere.
Sur Baher: il nome potrebbe significare un magnifico muro o un magnifico segreto, quest’ultimo riferito ad un incontro in cui, secondo la tradizione, il califfo Omar Ibn Al-Khattab pianificò la sua entrataoa Gerusalemme nell’anno 637. Gli studi del villaggio includono congetture sui cambiamenti che il nome ha subito dalle epoche precedenti.
Ma nella sua versione attuale è stato menzionata per la prima volta nel censimento ottomano del 1596. All’epoca, nel villaggio vivevano 29 famiglie di agricultori e allevatori, vivevano in grotte e, espandendosi, costruirono case intorno ai cortili.
Per tutto questo tempo hanno continuato a coltivare la terra e ad allevare bestiame nel grande spazio tra Gerusalemme e Betlemme. Quando Israele occupò la Cisgiordania nel 1967, il numero di discendenti di queste famiglie era di circa 4.700.
Oggi, il numero di abitanti del villaggio, che è diventato un “quartiere”, è di circa 24.000, compresi gli abitanti del vicino villaggio di Umm Tuba e di un quartiere creato circa 100 anni fa dai membri della tribù degli Obadiah.
L’intollerabile affollamento non è dovuto al caso. Questo è il risultato della politica israeliana a Sur Baher come in altri villaggi palestinesi che lo Stato ha annesso a Gerusalemme. Israele ha dichiarato il suo desiderio di mantenere la maggioranza ebraica nella città con tutti i mezzi. I suoi strumenti principali sono la mancanza di pianificazione nelle aree palestinesi, la scarsa pianificazione, l’incuria, la discriminazione, le demolizioni, le scarse opportunità di lavoro e il taglio dei quartieri dai loro spazi naturali. Questa politica dimostra una mancanza di rispetto per le profonde radici dei residenti palestinesi nei loro paesi/quartieri e la loro antica appartenenza a Gerusalemme.
Né l’anzianità di Sur Baher né la partecipazione pubblica all’udienza ha suscitato l’interesse dei giudici della Corte Suprema Menachem Mazuz, Uzi Vogelman e Isaac Amit quando, nella loro decisione dell’11 giugno, hanno autorizzato lo Stato a demolire gli alloggi nell’unica riserva fondiaria rimasta nel villaggio. Circa 6.000 persone vivono a Wadi al-Humus, alcune delle quali in torri residenziali vicino alla barriera di separazione. Mercoledì scorso, si poteva sentire il timore degli inquilini che Israele avrebbe demolito anche le loro case.
Gli studi e i rapporti dei gruppi per i diritti umani Bimkom, Ir Amim e B’Tselem, così come l’Istituto di Studi Israeliani di Gerusalemme, l’Ufficio Centrale Palestinese di Statistica e l’Ufficio dell’ONU per il Coordinamento degli Affari Umanitari, OCHA, forniscono i fatti e le cifre qui menzionati e spiegano come è stata spianata la strada a questa palpabile paura.
Alla vigilia dell’occupazione del villaggio nel 1967, il suo territorio era compreso tra i 9.000 e i 10.000 dunum (900-1000 ha). Le diverse fonti hanno cifre alquanto diverse. La maggior parte del villaggio è stato annessa a Gerusalemme e si trova all’interno dei confini della capitale. Circa 1.500-2.000 dunum di Sur Baher rimasero fuori dal confine comunale in Cisgiordania. Ma per gli abitanti, lo spazio è rimasto lo stesso.
Due misure di pianificazione adottate da Israele hanno avuto un impatto molto maggiore sulla popolazione locale: circa 2.250 dunum sono stati confiscati già nel 1970 per costruire Armon Hanatziv, un quartiere israeliano e una colonia illegale per i palestinesi e il diritto internazionale. A metà degli anni ’90, circa 250 dunum in più sono stati confiscati per Har Homa, con il quartiere/colonia che invadeva il villaggio da sud.
Questo non è vero solo per Sur Baher. Dal 1967, Israele ha confiscato circa il 38% dei 70 chilometri quadrati di territorio palestinese annesso alla capitale, al fine di costruire aree verdi ben mantenute per gli ebrei.
Il secondo passo è stato quello di limitare la costruzione dei villaggi palestinesi annessi. Ampie superfici dei loro terreni sono state dichiarate aree aperte dove la costruzione è stata vietata. Allo stesso tempo, per preservare il “carattere rurale”, sono state imposte loro piccole percentuali di costruzioni. In altre parole, l’area edificata consentita in ogni lotto era limitata. Nel frattempo, nelle colonie vicine, sono stati progettati e costruiti grattacieli residenziali per ospitare il maggior numero possibile di ebrei.
Mancanza di alloggi
Nel 2017, quando Ir Amim e Bimkom hanno pubblicato il loro rapporto “Deliberately Planned” che analizza i gravi problemi abitativi della Gerusalemme palestinese, solo l’8,5% di tutta Gerusalemme (o il 15% di Gerusalemme Est) era riservato alle abitazioni palestinesi, mentre il 37% della popolazione della capitale è palestinese.
Anche in questa piccola area, la costruzione consentita è limitata, quindi il numero di persone per stanza è molto più alto tra i palestinesi che tra gli israeliani; ecco perché i figli sposati e le loro famiglie vivono con i genitori nello stesso appartamento. Questa carenza di alloggi ha spinto migliaia di palestinesi da Gerusalemme verso quartieri vicini che non sono stati annessi a Gerusalemme e ha generato la pratica massiccia di costruire senza permesso.
Un piano generale per Gerusalemme preparato nel 2000 e approvato nel 2009 è stato ironicamente sospeso a causa delle opportunità di sviluppo che ha offerto ad alcuni quartieri palestinesi. Gli autori del rapporto del 2017 – l’architetto Efrat Cohen-Bar di Bimkon e Aviv Tatarsky di Ir Amim – notano che i numerosi ordini di demolizione, il peggioramento della carenza di abitazioni e la consapevolezza che il comune non avrebbe più pianificato per i palestinesi locali hanno spinto gli abitanti di Gerusalemme Est a sviluppare a proprie spese dei piani generali dettagliati. Ma il comune sta ritardando la procedura di approvazione.
Dal 2009 alla fine del 2016 sono stati approvati i piani generali dettagliati – l’unico modo per ottenere i permessi di costruzione – per i quartieri ebraici della città, con 10.000 unità abitative. Nei quartieri palestinesi sono stati approvati piani isolati che prevedono solo centinaia di unità abitative. Solo l’8% delle licenze edilizie per gli appartamenti a Gerusalemme a quel tempo erano per i palestinesi.
Dal 2009, le autorità israeliane hanno demolito o costretto i proprietari a demolire 69 strutture a Sur Baher. Il pretesto per le demolizioni era la mancanza di permessi di costruzione. Quarantasei di queste strutture erano case popolate o in costruzione, secondo l’OCHA. Trenta famiglie – 400 persone, di cui circa la metà bambini al di sotto dei 18 anni – hanno perso il tetto sopra la testa.
Degli edifici demoliti, cinque erano al di fuori dei confini di Gerusalemme, cioè nell’area definita come Cisgiordania – tre edifici nella zona C e due nella zona A. Questa settimana, con il pretesto della loro vicinanza alla barriera di separazione, è stata aggiunta la demolizione di 10 strutture a Wadi al-Hummus, due delle quali abitate, e delle fondamenta di tre edifici.
Il trasferimento silenzioso della popolazione
La costruzione del Wadi al-Hummus è iniziata quando si chiamava Cisgiordania e non era ancora stato artificialmente diviso in Area A sotto la responsabilità dell’amministrazione e della polizia palestinese, Area B sotto la responsabilità amministrativa palestinese e Area C sotto l’autorità amministrativa di Israele, oltre alla sua autorità militare su tutta la Cisgiordania. Ciò è avvenuto prima dell’attuazione degli accordi di Oslo II in Cisgiordania e prima del regime di divieto di circolazione tra Gerusalemme e la Cisgiordania, attuato nel marzo 1993.
Una campagna legale condotta dal gruppo per i diritti e il seguimento della vicenda da parte di Ha’aretz ha messo fine a questa assurdità e ha ripristinato lo status del popolo di Wadi al-Hummus. All’inizio del 2000, una successiva battaglia legale ha impedito la separazione artificiale dell’area di Gerusalemme di Sur Baher e nel 2005 è stata costruita la barriera di separazione a poche centinaia di metri ad est del confine comunale. Così, nelle classificazioni artificiali delle occupazioni e degli accordi, Wadi al-Hummus è una zona ibrida.
È anche un ibrido sociologico: è abitato da abitanti di Gerusalemme e della Cisgiordania, alcuni sposati con gerosolimitani. Ogni sei mesi, i cittadini della Cisgiordania sono tenuti a rinnovare il permesso di soggiorno se vogliono vivere nella propria casa.
Vi vivono anche persone che si sono trasferite da altri quartieri palestinesi, compreso il campo profughi di Shoafat. La necessità di risolvere la carenza di alloggi supera il timore delle comunità tradizionali di accogliere gli “stranieri”. Un appartamento costruito con un permesso dell’Autorità Palestinese costa tra i 70.000 e i 100.000 dollari, rispetto ai 300.000-350.000 dollari di un appartamento simile nella zona Sur Baher di Gerusalemme.
Quando nel 2011 è stato emanato il decreto militare che vietava qualsiasi costruzione su una striscia di 300 metri di larghezza su entrambi i lati della barriera di separazione, nella zona vietata a Wadi al-Hummus c’erano già 134 strutture. La carenza di alloggi a Gerusalemme è stata maggiore di qualsiasi altro ordine, e da allora sono stati costruiti circa 100 altri edifici. Sono tutti divisi tra le zone A, B e C. Le demolizioni hanno portato ad un’ondata di denunce dall’estero.
Fermeranno le prossime demolizioni?