Capo di una prigione comunista condannato per crimini contro l’umanità
di Camilla Filighera, East Journal, 25 Aprile 2016.
Aleksandru Visinescu
è stato condannato a 20 anni di prigione lo scorso luglio per aver
attuato azioni riconducibili al “regime
of extermination” negli
anni tra il 1956 ed il 1963; fatti per i quali è arrivato il
giudizio definitivo soltanto nelle scorse settimane.
Un quarto di
secolo dopo la caduta di Nicolae Ceausescu,
la sentenza rappresenta un fatto di capitale importanza: si tratta
del primo verdetto di tale natura.
Molti di coloro che hanno commesso
azioni criminali in epoca
comunista sono infatti
rimasti impuniti,
altri, condannati, hanno avuto sconti
di pena per motivi di
salute. A partire dalla dinamica dei fatti sembra quindi opportuno
soffermarsi sulle reazioni alla recente sentenza.
I fatti
Secondo la ricostruzione delle fonti
locali, Aleksandru Visinescu, direttore del carcere di Ramincu Sarat,
sottomise i detenuti a condizioni che li portarono alla
distruzione fisica quanto
mentale,
privandoli di cure mediche, cibo e abusando di loro.
In simili
condizioni quattordici persone persero la vita ed i sopravvissuti
ebbero traumi irreversibili. Tra le testimonianze spicca quanto
affermato da Valentin
Cristea,
ottantaquattrenne e membro, come molti altri, dell’élite
intellettuale dell’epoca.
Unico sopravvissuto alla detenzione
presso il penitenziario di Ramnicu Sarat, ha ricordato come le
immagini di quei giorni di prigionia siano legate al freddo,
all’isolamento
ed alla fame.
Condannato per divulgazione
di segreto di stato e
legami con la resistenza
anti-comunista, ha
ricordato inoltre come ai prigionieri fosse vietato stare sui propri
letti, eccetto durante le ore notturne, e guardare fuori dalla
finestra.
Non solo, all’indomani della sentenza di condanna è
intervenuta Nicoleta Eremia, vedova del generale Ion
Eremia (anch’egli
prigioniero a Ramnicu Sarat, condannato a 25 anni di lavori forzati e
a 14 di prigione per uno scritto
satirico su Stalin).
Ricordando come i detenuti fossero costretti a stare in piedi per
molte ore immersi in secchi
di acqua ghiacciata fino
alle ginocchia, ha aggiunto come il marito, all’uscita dal
carcere, pesasse non più di trenta chili e potesse a stento
camminare. Testimonianze che non fanno che aggravare l’orrore
di quanto accaduto.
Le
reazioni
Una volta soffermatici sui fatti,
sembra opportuno osservare le reazioni alla condanna di Visinescu,
partendo da quanto ha affermato dall’IICCMRE, l’Institute
for Investigation of Comunist Crimes and Memory of Romanian Exile.
Iniziatore delle indagini sullo stesso Visinescu, l’istituto ha
affermato come le vittime
di quel periodo siano oltre due
milioni. Non solo
ingiustamente imprigionati e torturati ma anche uccisi e deportati in
quasi mezzo secolo di repressione. Secondo gli storici sarebbero
oltre seicento mila
i dissidenti
che furono incarcerati per crimini contro lo stato dal 1940 in
avanti.
L’IICCMRE ha stilato una lista
di trentacinque ufficiali colpevoli di crimini,
biasimando allo stesso tempo la dilagante corruzione
in Romania.
Sarebbe, secondo il sopracitato istituto, proprio
quest’ultima ad aver causato un così grave ritardo nella condanna
di Visinescu. Tanto l’ex direttore dell’ IICCMRE
quanto l’attuale sono intervenuti sulla vicenda.
Se Andrei
Muraru ha parlato di
sentenza storica
poiché da questo momento in avanti tutti i crimini commessi in epoca
comunista potranno essere perseguiti, Radu
Preda ha delineato
come tutto il processo a Visinescu sia particolarmente importante
poiché “per la prima volta uno strumento
del terrore comunista si è scontrato con la giustizia”.
Parlando di una Norimberga romena,
anche se arrivata dopo un quarto di secolo dalla condanna di
Ceausescu (25 dicembre 1989), gli attivisti
sperano che la sentenza contro Visinescu possa segnare l’inizio di
una nuova fase,
un periodo nel quale i trentacinque criminali dell’epoca vengano
processati e condannati.