Un festival nel nome degli altri
I
versi di Mariella Mehr, tra gli ospiti più attesi della settima
edizione del “Festival dei Matti” che si terrà a Venezia dal 13
al 15 maggio.
Assieme a Mariella Meher
parteciperanno all’edizione
2016 del Festival anche Valentina Pedicini, Anna Ruchat, Michele
Serra, Simona Vinci, Massimo Cirri, Peppe Dell’Acqua, Franco
Rotelli, Pierpaolo Capovilla, Wu Ming 2.
Ci
sono sevizie mascherate da giochi di prestigio, intenzioni di cura,
rimedio o precauzione. Sevizie contraffatte da parole patinate e
gesti performanti che vorrebbero, senza riuscirci, far sparire la
violenza che le abita.
I“matti”, in troppi
luoghi ancora, subiscono sevizie come queste, insieme all’astuzia
di tacerne e di metterli a tacere. Dire “matto” è già spostare
altrove.
Un dire che dà
corpo a una barriera, un qui e un là, un dentro e un fuori.
Sono sempre ‘gli altri’
a contrapporre, a costruire muri, a tenersi la “ragione”.
Così il pericolo presunto torna
indietro e le parti si rovesciano.
Pericolosi alla fine sono “gli altri”
nel cui nome l’altro, il matto, si cancella.
La settima edizione del Festival dei
Matti, “Nel nome degli altri”, intende raccontare tutto questo
ovvero: le sopraffazioni, gli abusi, le contenzioni, l’esclusione
sociale, la miseria indotta, insomma la persistente pericolosità dei
“non devianti”, in pace e in guerra, per chi è giudicato
“matto”, e dunque “altro” in un’attribuzione che è quasi
sempre una sentenza. (Anna
Poma, curatrice del Festival dei Matti)
Sopravvissuta, testimone rara e unica,
dagli anni Settanta e dopo un percorso di reinserimento sociale e di
studi, Mariella Mehr inizia la propria denuncia; la sua rivalsa è in
primo luogo politica e umana insieme, affrontata da una cittadina
vittima di gravi forme di segregazione; la formazione della sua
coscienza, i termini pratici, e giornalistico-letterari, si
considerano a partire dal primo libro, del 1981, steinzeit.
Oggi conosce sei
lingue, e in almeno tre di queste parla e/o scrive (il tedesco,
l’italiano, il romanès, la lingua dei rom). Vive in Italia dal
1996.
La sua vicenda, complessa e stratificata, è
narrata in alcuni suoi libri (tradotti in moltissime altre lingue e
diffusi nel mondo) e da lei stessa raccontata in alcune interviste.
L’ultima raccolta significativa uscita in lingua italiana con testo
a fronte è Ognuno incatenato
alla sua ora. 1983-2014
(Einaudi, con trad. di Anna Ruchat, ospite dell’incontro dedicato a
Mehr). Mehr ha affrontato molti altri aspetti riguardanti la sua
vita e la sua creatività e anche quelli dolorosi della segregazione
che segna per sempre un percorso di perdita dell’Identità;
tuttavia il suo sguardo-somma acutissimo sul passato ma ancorato al
futuro, è segno di un’indipendenza vitale e poetica assieme:
Io sono nata in un mondo molto
violento. Era la prima cosa che ho conosciuto quando ero piccola. È
normale che io mi preoccupi di quello perché ha formato la mia vita,
la mia forma di pensare e tutto quello. Ma oggi quella non è più la
mia vita; io non scrivo più autobiografico, così tutti questi libri
sono finzione. Oggi mi interessa la violenza in tutto il mondo perché
come si potrà cambiare tutto quello? Tutta questa violenza, in una
forma di discutere insieme, di parlare insieme, di vedere i problemi
che abbiamo assieme.
L’incontro con Mariella Mehr
rappresenta un momento cruciale delle tre giornate.
Nella sua poesia,
infatti, come ricorda Anna Ruchat “risuona un visionario a volte
allucinato, grido di dolore al confine con la follia”, un appello
all’ascolto che non cerca consolazione nel linguaggio, ma usa la
lama del paradosso per far emergere nei paesaggi, nei corpi, nel
firmamento i bagliori di un senso perduto, aprendo uno spiraglio
sulla spietata ipoteca del quotidiano.
Mehr, nel solco di Paul Celan
e Nelly Sachs pedina le ombre e non si stanca di affondare il
coltello nella memoria di una persecuzione che, se non è stata di
sterminio come quella dei nazisti, ha operato in un contesto di
violenza psichica estrema, ottenendo – tramite la persecuzione di
intere generazioni di zingari – dei viandanti senza viaggio, dei
genitori senza figli, dei figli senza radici”.
Nel
nome degli altri, appunto.
Le parole più presenti nella sua
poesia sono (r)esistenza ma anche libertà e bellezza, e impegno,
costanza, immaginazione. La sua vita è stata un’esistenza-resistenza
di “esilio e sradicamento”, di vertigine e di rimpatri che non
tengono …
“Mi annido in briciole straniere
e sono a me parola
sufficiente. Effimero,
mi dico perché presto cesserà ogni annidare, e scorre via il
resto di ogni ora”.
Diceva Hannah Arendt: «La
libertà dev’essere rimessa al mondo ogni giorno»;
quale miglior auspicio per leggere Mariella Mehr, che sarà
protagonista del Festival dei Matti venerdì 13 maggio (ore 18.00
presso il Teatrino di Palazzo Grassi).