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Austria, perché il ballottaggio è decisivo per l’Ue

2 Dicembre 2016

L’erede dei nazisti Hofer è il favorito alle Presidenziali del 4 dicembre. Se vince, l’Europa rischia l’effetto domino populista, xenofobo e anti-Unione. Lo sfidante verde Van der Bellen prova a invertire la rotta.

Brxelles e diversi governi nell’Unione europea sono in fibrillazione per i risultati elettorali del 4 dicembre 2016, una data che potrebbe innescare altri scossoni tra le istituzioni continentali. In Italia si vota per il referendum costituzionale, dopo il quale si potrebbe aprire una nuova crisi a Palazzo Chigi. In Austria c’è da rifare il secondo turno delle Presidenziali che, se non altro, metterà fine a un tira e molla durato mesi, anche se all’Hofburg rischia di insediarsi, per la prima volta, il leader di un partito nazionalista erede del nazismo. Deciso a mettere alla porta gli immigrati e, se necessario, uscire dall’euro e dall’Ue.

VOTO DI MAGGIO ANNULLATO. Il 22 maggio 2016 per poco più di 31mila preferenze Alexander Van der Bellen, verde candidato come indipendente, aveva prevalso su Norbert Hofer, esponente euroscettico e antislamico dell’Fpö. Ma i giudici costituzionali hanno poi accettato il ricorso dell’estrema destra sulla leggerezza di iniziare a scrutinare il voto dall’estero prima del via ufficiale della Commissione elettorale. Una prassi, in Austria, anche delle passate consultazioni per velocizzare lo spoglio, ma Van der Bellen aveva vinto grazie soprattutto alla partecipazione degli elettori a distanza e questa procedura era risultata irregolare.


La materia era talmente sensibile che, per le buste difettose, anche il ballottaggio da rifare è stato poi posticipato dal 2 ottobre al 4 dicembre 2016. I sondaggi danno ancora un testa a testa, con la destra radicale di Hofer che vorrebbe anche riannettersi l’Alto Adige in leggero vantaggio (sopra il 50%) su Van der Bellen: un duello aspro, in un Paese che resta spaccato con oltre l’80% degli intervistati di una recente rilevazione che afferma di «non avere più alcuna fiducia nella politica». Al blocco del centrosinistra non è valso neanche ricompattarsi con l’outsider ecologista, né scimmiottare l’Fpö negli slogan e nei provvedimenti anti-migranti.

ELETTORI POLARIZZATI. L’unica certezza è la polarizzazione dell’opinione pubblica austriaca. Le vecchie minestre sono state affossate al primo turno delle Presidenziali: conservatori (Övp) e socialdemocratici (Spö) hanno di poco superato l’11%, spazzati via da Hofer nettamente in testa al 35% e da Van der Bellen, balzato al 21%. Uno choc per i partiti tradizionalmente al governo, dal 2008 in regime di grande coalizione: nonostante il sostanziale buon andamento dell’economia – nel 2016 la disoccupazione è tornata a scendere dopo 5 anni – la gente chiede il cambiamento e non dimentica che, prima della crisi del 2008, la percentuale dei senza lavoro era al 6% e oggi al 9%.


L’ondata dei migranti dell’estate 2015 ha impaurito soprattutto gli austriaci delle zone montane, dove l’Fpö di Hofer e del leader Heinz-Christian Strache ha sempre raccolto maggiori consensi. Ma in ogni Land, non solo nella liberale e tollerante Vienna, la popolazione è divisa tra generosi che si battono a spada tratta per l’accoglienza e chi teme l’invasione e vuole sospendere la libera circolazione di Schengen. Per frenare l’emorragia di voti a destra, Övp e Spö sono pronti a far scattare il blocco al Brennero e in altri valichi: i lavori per controllare i flussi alle frontiere sono stati finiti in tempi record.

GOVERNO A RISCHIO. All’indomani della bastonata alle Presidenziali si è dimesso il cancelliere socialdemocratico Werner Faymann, la colomba che si era accordato con la Germania per far passare e anche ospitare in Austria centinaia di migliaia di profughi. Al suo posto, con l’ennesimo rimpasto, si è insediato il manager di Stato dell’Spö Christian Kern: un passato alla dirigenza delle ferrovie e nella compagnia elettrica. Il neo cancelliere ha prospettato rinnovamento e più posti di lavoro. Ma per alcune sue nomine troppo a sinistra la convivenza con l’Övp è difficile e con Hofer capo di Stato sono probabili elezioni anticipate, come per un ”No” al referendum in Italia.

La campagna elettorale, che si è trascinata per quasi un anno con toni mai così accessi e colpi bassi tra sfidanti (Van Der Bellen è stato costretto a presentare le cartelle di un check up per smentire le voci su un suo cancro), ricorda quella italiana sull’imminente consultazione popolare. L’Austria vive in uno stato di tensione prolungata, ma la fine dello stallo potrebbe coincidere con l’effetto domino in Europa: il 15 marzo 2017 si vota per le Legislative in Olanda e nei sondaggi è in testa la destra xenofoba (Pvv), da anni vicina all’Fpö di Hofer: come primo atto da premier il leader Geert Wilders ha promesso l’uscita dei Paesi Bassi dall’Ue.

LA ROTTA SI INVERTIRÀ? Sia gli austriaci dell’Fpö sia gli olandersi del Pvv conducono una massiccia campagna mediatica populista sui social network e su fogli d’informazione, anche online, simili a Breitbart news: il discusso sito d’informazione americano di estrema destra che ha parteggiato per Donald Trump, dopo aver cavalcato la Brexit fa il tifo anche per Hofer e Wilders. Il 72enne Van der Bellen, figlio di profughi zaristi approdati in Austria, è il professore ieratico e progressista che spera di invertire la rotta dell’Ue, battendo l’estremista dai modi cordiali capace di conquistare la metà degli austriaci.