Poesia del giorno. Ghiannis Ritsos
Mi hai preso intero…
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Mi hai preso intero. Non avrà più niente da prendere la morte.
Respiro nel tuo corpo. Ho gettato il seme di mille ragazzi nel tuo sudato campo;
mille cavalli galoppano sul monte, trascinando con sé abeti sradicati,
scendono fino alle porte della città, sollevano la testa,
guardano con gli occhi neri a mandorla l’Acropoli, gli alti lampioni,
battendo le ciglia corte. I segnali verdi e rossi gli procurano
uno spiacevole imbarazzo. E quel vigile
muove le mani come per cogliere un invisibile frutto dalla notte
o afferrare una stella per la coda. Girano il dorso
come sconfitti in una battaglia che non c’è stata. E d’improvviso
scuotono ancora la criniera e galoppano verso il mare. Sul più bianco
cavalchi nuda tu. Ti chiamo. Sui tuoi seni
due rami d’edera incrociati. Una chiocciola
immobile sui tuoi capelli. Ti chiamo, amore. Tre giocatori di carte, dopo una notte insonne,
entrano nella latteria qui accanto. Albeggia.
Si spengono le luci della città. Si versa liscio il gran pallore
sulla tua pelle. Sono dentro di te. Chiamo da dentro. Ti chiamo
qui dove convergono rombando i fiumi e rotola giù il cielo
nel corpo umano, sollevando con sé
creature mortali e cose — anatre selvatiche, bufali, finestre,
i tuoi sandali estivi, un tuo braccialetto, un riccio di mare, due colombi,
nel recinto aperto di un’inspiegabile, non richiesta immortalità.