Pubblicità sessista, i partiti ci dicano chi votare per essere rispettate
Annamaria Arlotta 18 febbraio 2018 |
Permetterete che metà della popolazione sia sempre sessualizzata e accompagnata a da doppi sensi squallidissimi per vendere un prodotto?
Lascerete che negli spot in tv la donna sia muta, che serve a tavola, come negli anni cinquanta? La scelta del voto dipende anche da quanto dimostrate di rispettare le donne.
Sì, esiste già un ente preposto, l’Istituto di autodisciplina pubblicitaria (Iap). Col quale però in quest’ambito non cambia niente, e perciò va sostituito.
Come rivelato dalla ricerca del 2014 di Massimo Guastini, ex presidente dell’associazione di pubblicitari Adci, lo Iap ha riconosciuto solo 143 casi che coinvolgono l’immagine della donna nel periodo 2011-2012. Una frazione inferiore allo 0,1% in relazione con le oltre centomila campagne di comunicazione che escono in Italia, ogni anno.
E’ necessario che all’interno del ministero delle Pari Opportunità del prossimo governo venga istituito un ufficio per il monitoraggio della pubblicità sessista, presieduto da esperte di genere, che faccia seguire ai regolamenti sanzioni economiche per chi trasgredisce.
Recentemente le proteste sulle pagine Facebook delle ditte hanno costretto diverse aziende a sostituire le loro immagini e addirittura modificare costosi spot televisivi. Sotto Natale la Pandora ha modificato i suoi cartelloni a seguito di centinaia di critiche di uomini e donne sulla loro pagina. Per citare due altri casi macroscopici, quest’anno La Santanna, e nel 2014 la Procter&Gamble sono state costrette a modificare i loro costosi spot televisivi a seguito delle proteste.
La consuetudine di limitare la rappresentazione della donna a sexy, casalinga o dolce mammina però persiste. A volte le donne diventano anonimi pezzi di corpo, zone erogene staccate dal resto e messe in risalto ad essere utilizzate per attirare l’attenzione su ogni tipo di prodotto, servizio o evento. In altri casi massaie ossessionate dallo sporco. In un recente spot della Barilla la donna cucina e serve a tavola, in piedi, muta e col grembiule, mentre gli uomini si occupano della produzione del grano.
Tra le molestie e la pubblicità sessista c’è un parallelo: è mancanza di rispetto fare commenti a sfondo sessuale a una donna che passa per strada, è mancanza di rispetto mostrarla in pubblicità come oggetto di sollecitazione erotica. Nella comunicazione commerciale si fa passare per accettabile una forma di molestia estesa a tutte le donne. Con i cibi, per esempio, la donna è presentata come se fosse lei stessa un bocconcino da gustare.
Dalle deludenti risposte dello Iap alle segnalazioni dei cittadini si comprende l’urgenza di creare un sistema diverso:
Fiat Panda “Fidanzata” ( maggio 2016)
Una ragazza è alienata mentre il partner e gli amici guardano la partita. Viene definita “eroe” (al maschile) dalla voce di sottofondo, perché “l’amore consiste nel sacrificarsi”. L’amore della donna, si capisce!
Lo Iap ha risposto alla segnalazione così:
Il messaggio è basato su una rappresentazione per così dire “macchiettistica” dei personaggi, senza trascendere in stereotipiche possano essere ritenuti offensivi della dignità della persona. La fidanzata che non sopporta il calcio (e quindi anche il fidanzato che la domenica non si perde una partita) sono sì luoghi comuni, ma non riconducibili a tipologie di comportamenti discriminanti, specie se inseriti in un contesto palesemente iperbolico quale è quello pubblicitario.
Patrizia Pepe Woman (marzo 2015)
Nel video tutto è moderno, fuorché il messaggio: perfetto per gli anni cinquanta: la donna è al servizio dell’uomo sia per pulire la casa che per soddisfarlo. La facciata moderna e il messaggio retrogrado costituiscono un’operazione che considero subdola e dannosissima.
Lo Iap ha risposto “Si osserva, in via generale, che il sistema autodisciplinare, essendo basato su regole giuridiche, vincola il giudizio all’applicazione di obiettivi parametri di natura tecnico-giuridica”
Piacere Rosaria (gennaio 2015)
Una donna personifica un’arancia. Un uomo la vede e le dice “ti sbuccerei tutta”, cioè “ti spoglierei”.
Alle polemiche lo Iap replica: “(…) La personificazione del prodotto non determina elementi che possano essere ritenuti offensivi della dignità della persona, limitandosi ad un gioco pubblicitario che non svilisce la figura femminile”. Tra le altre risposte “Non si sono superati i livelli di guardia”“lo Iap agisce secondo obiettivi parametri di natura tecnico-giuridica”. In risposta ad una comunicazione via mail hanno scritto “pubblicità c.d. sessista”… Cosiddetta? Come è pensabile che qualcuno che neanche crede nell’esistenza del sessismo in pubblicità se ne occupi?
Diteci, cari partiti: che programmi avete sulla pubblicità sessista? Chi dobbiamo votare per essere rispettate?
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