Il governatore Cuomo, il Virus, la Nakba ed io
15/05/2020 DI INVICTA PALESTINA |
Per me, un’americana-palestinese, il mondo contaminato dal virus corona è analogo a Israele, contaminato dal male che contiene.
Fonte: English version
Rima Najjar – 12 maggio 2020
Ogni giorno, negli ultimi giorni, ho ascoltato il Governatore di New York Cuomo tenere il suo briefing quotidiano sul virus. Le sue parole risuonavano in me trasformandosi misteriosamente in consigli su come affrontare la crudele presenza in Palestina di Israele come stato coloniale ebraico-sionista di apartheid. Mentre il parlare di “riapertura” di New York aumentava di volume, così faceva la mia immaginazione febbrile.
Per coloro che non lo sanno, la parola araba “Fateh” [فتح], il nome del movimento di liberazione nazionale palestinese, il blocco politico che ora domina l’Autorità palestinese nella Cisgiordania occupata, significa “apertura”. Ha anche il significato di “conquista”. Inoltre, “Fateh” e “chiave” [مفتاح], quella parola profondamente evocativa del desiderio palestinese di tornare, hanno la stessa radice linguistica. Quindi, tutte queste associazioni si affollavano nella mia mente mentre ascoltavo Cuomo.
Ogni giorno aspetto impazientemente il briefing di Cuomo e lo guardo tesa, nervosa, seduta sul limite della sedia , ipnotizzata dalle linee mobili dei suoi fogli che, giuro, spesso si trasformano nel contorno della mappa della Palestina .
La mia mente assorbe automaticamente le parole di Cuomo e le rimanda dalla TV in una forma alterata. Sono musulmana, ma la dinamica che mi attanaglia è simile alla relazione tra il pastore e la sua congregazione in una chiesa di neri. Cuomo chiama e io rispondo, a volte ad alta voce. Mi trattengo dal gridare e dall’urlare alla sua immagine, per non spaventare la mia famiglia.
Accolgo ogni parola del suo messaggio concreto e pieno di speranza: fatti, non ” scuola di vita “; scienza, non miti; impariamo dai nostri errori. Sì!
Traduco le sue frasi in qualcos’altro: dopo decenni di furti della terra, quando finalmente i palestinesi avranno il controllo del loro destino e non saranno soggetti ai capricci di Israele e della comunità internazionale? Dimmi come si comporta oggi Israele; ti dirò come i palestinesi resisteranno tra un anno.
ll virus sionista costituito dallo stato ebraico di Israele deve ancora essere eliminato. Scoppi di focolai sono stati con noi sin dalla Nakba del 1948. Attualmente, si palesano sotto forma dell’orrenda annessione di Israele di alcune parti della Cisgiordania, predatori a spese del più vulnerabile dei popoli. Dobbiamo cercare soluzioni che migliorino le cose per il popolo palestinese. Dobbiamo reinventare lo status quo e porre tale soluzione.
“Nella prima fase, abbiamo dovuto capire con cosa abbiamo a che fare, perché non ne avevamo idea.” Sì, non ne avevamo idea: solo intimazioni di incredibile crudeltà e avidità diabolica! Nel 1947-1948, avevamo davvero poca idea. Ricordate, allora la Palestina era all’80% agraria, nulla a che fare con la sofisticata comunità di Basilea, in Svizzera, dove il complotto per la nostra espropriazione fu covato durante la Prima Conferenza sionista del 1897.
“Nella prima fase, stabilizzare, controllare il danno”, afferma Cuomo. Si scopre che la chiave (ecco di nuovo quella parola!) è l’informazione.
“Ho lavorato duramente ogni giorno per assicurarmi che voi conosceste i fatti. “Fidati del popolo” – Lincoln, vero? Un pubblico informato manterrà questo paese al sicuro. È vero, ed è esattamente quello che è successo qui “, continua Cuomo.
Curioso che Cuomo abbia detto questo, poiché proprio l’altro giorno, su Facebook un amico palestinese, Imad Jibawi, stava dicendo qualcosa di simile. Stava commentando una discussione che avevo pubblicato su Zoom dal titolo “Cosa facciamo adesso?” condotta da Hani al-Masri, direttore generale di Masarat – The Palestinian Center for Policy Research & Strategic Studies (Masri è anche consulente politico per Al-Shabaka).
Imad Jibawi si chiedeva:
Che cosa porterebbe il popolo palestinese a protestare in piazza a migliaia? L’annessione di Gerusalemme? No; l’annessione della Valle del Giordano? No; sono i nuovi insediamenti di Israele, allora? No.
Perché no?
Penso che la risposta sia nella domanda: chi ci aspettiamo che scenda in piazza? Quelli che hanno meno di 30 anni, cioè la generazione di Oslo.
Questi palestinesi sono nati e cresciuti nella realtà dell’Autorità Palestinese, di un governo, di ministeri, di VIP, di posti di lavoro, di prestiti, ecc.
Preservarlo è stato il progetto nazionale per il quale il nostro popolo si è sacrificato per anni. Ciò che lo trattiene ora , sono le linee rosse del sostentamento. Le loro preoccupazioni sono il movimento degli insegnanti, il movimento di sicurezza sociale, il movimento “vogliamo vivere”.
La domanda che riguarda la classe politica nel suo insieme è questa: quale futuro? Cosa fare? La risposta è: ricominciamo da capo con il nostro ABC. La prima lezione è: chi sono i palestinesi? Quali sono i confini della patria Palestina? La seconda lezione è: chi è il nostro nemico? E cosa vogliamo?
Si ricerca: una nuova consapevolezza nazionale… [ la traduzione dall’arabo è mia]
Ma poi, mentre continuavo ad ascoltare Cuomo, mi sono resa conto che, sebbene lui e Jibawi stessero facendo appello alle persone affinché agissero collettivamente nel loro interesse guardando a se stesse, piuttosto che ai loro governi, c’è una differenza fondamentale.
Cuomo sta invocando la sicurezza della salute, della famiglia e del sostentamento come ragion d’essere per un certo insieme di comportamenti collettivi, mentre ciò per cui Jibawi sta spingendo, necessariamente data la condizione palestinese, è una coscienza nazionale rivoluzionaria che richiede in sacrificio quelle stesse cose che Cuomo protegge per i newyorkesi.
Per Jibawi, l’ideale della casa e del focolare (sicurezza del lavoro, assistenza sanitaria, istruzione, ecc., come attualmente previsto dall’Autorità Palestinese e dal trattato di Oslo) deve essere sostituito dall’ideale di libertà, giustizia e uguaglianza per un popolo sotto occupazione , finora sfuggito al genocidio di Israele, ma che continua ad essere espropriato, brutalmente soggiogato e oppresso da una feroce e potente entità giudeo-fascista e dai suoi alleati.
Cuomo dice: “Non so quando il governo è diventato così politico. Si trattava solo di retorica piuttosto che di effettiva competenza, ma da qualche parte lungo la strada è accaduto che il governo non poteva gestire la situazione da solo . Le persone dovevano impegnarsi; le persone dovevano essere informate e questa è la nuova cosa che ho fatto. Si sono impegnate perché contava: non stiamo infatti parlando di un problema astratto, stiamo parlando della vita e della salute delle persone e della vita e della salute dei loro figli “.
S’impegneranno perché è importante farlo. Sia per i palestinesi che per i newyorkesi, queste non sono questioni astratte. Lontane da loro. Nel nostro caso, tutto ciò che dovete fare per rendervi conto della realtà, è sintonizzarvi sulle notizie quotidiane di furti e barbarie che il regime israeliano infligge al popolo palestinese. nelle loro innumerevoli forme.
Molti chiedono, se non l’Autorità Palestinese, se non lo status quo dell’autogoverno per i palestinesi in Cisgiordania e Gaza, che cosa? La mia risposta è questa: in primo luogo, per quanto per molti sia difficile, dobbiamo trovare la volontà e la fermezza per attuare un’insurrezione che riprenda l’interrotta rivoluzione palestinese, tornando alle strutture politiche e comunitarie che erano sorte per favorire la prima intifada. Con l’aiuto dei palestinesi in esilio abbiamo bisogno di una manifestazione suprema di resistenza popolare contro l’Autorità palestinese e contro Israele in tutta la Palestina occupata, dal fiume al mare.
Cuomo ha ragione! “Nessun governo può imporre nessuna di queste cose … Restare in casa. Chiudere ogni scuola. Fermare tutti gli autobus. Il governo statale non può farcela. Le persone dovevano capire i fatti così che potessero impegnarsi a governare se stesse come non facevano da decenni … Siamo fermi, intelligenti, uniti, disciplinati e amorevoli “, anche se i nostri governi non lo sono. Siamo samidoun.
Amen! Hallelujah!
Rima Najjar è una palestinese la cui famiglia paterna proviene dal villaggio di Lifta, evacuato con la forza, nella periferia occidentale di Gerusalemme. È attivista, ricercatrice e professoressa in pensione di letteratura inglese dell’Al-Quds University, nella Cisgiordania occupata.
Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” –Invictapalestina.org