Neurocapitalismo e resistenze nello spazio bioipermediatico Intervista a Giorgio Griziotti
Global Project 24/02/2020 |
Una breve intervista a Giorgio Griziotti, ingegnere informatico e autore di Neurocapitalismo, Mediazioni tecnologiche e linee di fuga (Mimesis, 2016), testo che affronta il tema delle nuove tecnologie in relazione ai processi culturali, antropologici, socio-economici e politici.
Che cosa si intende per “neurocapitalismo”? E in che termini questo intercetta il passaggio storico tra sussunzione reale e sussunzione “vitale” da parte del capitale?
Neurocapitalismo è un termine che ho utilizzato per indicare, nel passaggio dall’era industriale al capitalismo biocognitivo, l’influenza delle tecnologie sulle soggettività e i comportamenti. In particolare le tecnologie della comunicazione e informazione hanno grande influenza, dal punto di vista antropologico, sui processi neuronali.
La questione della sussunzione vitale viene fuori da una riflessione collettiva che ha riguardato più studiosi negli ultimi anni, e forse decenni. Una riflessione che parte dalla messa a valore della vita, nella sua complessità. Nel capitalismo c’è stata una trasformazione epocale, che ha riguardato proprio il passaggio dallo sfruttamento del lavoro produttivo e salariato tradizionale a quello che cerca – senza riuscirci completamente- di sussumere tutto il periodo di vita.
Le tecnologie della comunicazione e dell’informazione, in particolare i dispositivi mobili che io chiamo bioipermediatici, sono i grandi vettori di questo passaggio. Questi dispositivi agiscono infatti sui corpi e sulle menti in ogni istante e in ogni sito.
Il capitalismo biocognitivo individua tanti campi di battaglia e il cyberspazio è uno di quelli prioritari. Come si può costruire movimentazione sociale e organizzazione in questo terreno?
La tecnologia non è neutra. In particolare al giorno d’oggi algoritmi, applicazioni e altri dispositivi dell’ambiente bioipermediatico (termine che mi convince di più rispetto a cyberspazio) sono pensati dal neurocapitalismo con la finalità precisa di modificare le soggettività. Di modificarle sia in termini di assoggettamento sociale sia in termini di asservimento macchinico, in modi in cui non siamo sempre coscienti.
Poi naturalmente, benché queste tecnologie siano state sviluppate con questo tipo di finalità, possono essere utilizzate diversamente. Ma credo che il nostro principale compito oggi non sia tanto quello di concentrarci sull’utilizzo delle tecnologie per sviluppare delle lotte, ma quello di considerare la necessità di andare al di là della “teoria del valore” marxiana. Bisogna quindi considerare le lotte nel quadro della sussunzione vitale, tenendo così presente l’insieme dei soggetti che in questo momento si stanno ribellando.
Il mio parere personale è che le tecnologie saranno necessarie in questo, contrariamente a quanto ci dicono alcuni discorsi troppo radicali sulla “decrescita”, ma il problema vero è come sottrarle al controllo del neurocapitalismo.