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“L’affare del secolo” è Apartheid

Sheena Anne Arackal  – 28 gennaio 2020
“L’Affare del secolo” fa rinascere e ripristina il Grande Apartheid, un sistema politico razzista che avrebbe dovuto essere lasciato nella pattumiera della Storia.

Con grandi fanfare, il presidente Trump ha finalmente svelato la sua tanto attesa proposta di pace in Medio Oriente. La proposta è stata etichettata “The Deal of the Century” (l’Affare del secolo”) perché avrebbe dovuto offrire una soluzione equa e giusta a uno dei conflitti più complicati del mondo. Invece fa qualcosa di molto diverso. “L’Affare del secolo” fa rinascere e ripristina il Grande Apartheid, un sistema politico razzista che avrebbe dovuto essere lasciato nella pattumiera della Storia.
Secondo il piano di pace svelato dal presidente Trump, ai palestinesi verrà concessa un’autonomia limitata all’interno di una patria palestinese che consiste in più enclavi non contigue sparse in Cisgiordania e Gaza. Il governo israeliano manterrà il controllo di sicurezza sulle enclavi palestinesi e continuerà a controllare i confini, lo spazio aereo, le falde acquifere, le acque marittime e lo spettro elettromagnetico palestinese. Ad Israele sarà permesso di annettere la Valle del Giordano e gli insediamenti ebraici in Cisgiordania. I palestinesi potranno scegliere i leader della loro nuova patria, ma non avranno diritti politici in Israele, lo Stato che in realtà governerebbe su di loro.
Il piano del presidente Trump per il controllo e la segregazione razziale dovrebbe risultare familiare in modo inquietante. Anzi, dovrebbe immediatamente ricordare i Bantustan, ovvero la pietra angolare del “Grande Apartheid” in Sudafrica. Mentre “Piccolo Apartheid” era il termine usato per descrivere la segregazione razziale sugli autobus e nelle strutture pubbliche, il “Grande Apartheid” faceva riferimento alle numerose leggi che imponevano la separazione territoriale e politica tra i sudafricani bianchi e quelli neri.
I Bantustan, che furono fondamentali per la separazione territoriale e politica dei gruppi razziali, ebbero origine con i Land Acts del 1913 e del 1936 che crearono riserve per la popolazione nera nativa. Poi, nel 1970, il Bantu Homelands Citizenship Act dichiarò i neri cittadini legali dei loro Bantustan, negando però loro i diritti politici nel bianco Sudafrica. Il governo sudafricano creò i Bantustan per affermare che il Sud Africa, uno Stato con una maggioranza nera, era in realtà uno Stato con una maggioranza bianca. I Bantustan furono un gioco di prestigio politico; un tentativo scarsamente nascosto di dare al dominio etnico razzista il volto della rispettabilità democratica.
Come il Grande Apartheid del Sudafrica, il piano di Trump separa fisicamente e politicamente i palestinesi collocandoli in uno Stato non contiguo (aree A, B e Gaza) e dichiarandoli cittadini di quello Stato.
Come il Grande Apartheid del Sudafrica, il piano Trump garantisce l’autonomia dello Stato palestinese su questioni civili come l’istruzione e l’assistenza sanitaria, mentre le aree critiche come il commercio, l’immigrazione e la sicurezza rimarranno sotto il controllo israeliano.
Come il Grande Apartheid del Sudafrica, il piano di Trump è un gioco di prestigio politico: un tentativo solo leggermente velato di affermare che Israele, uno Stato che governa all’incirca lo stesso numero di ebrei e di palestinesi, è in realtà uno Stato a maggioranza ebraica.
Come nell’apartheid in Sudafrica, l’amministrazione Trump afferma che i Bantustan sono una soluzione temporanea. Una volta che la popolazione indigena si dimostrerà pronta per l’autogoverno, un giorno le verrà concesso qualcosa che assomiglia a uno Stato.
Utilizzando una combinazione di “bastoni e carote” finanziarie, alcune delle quali sono state svelate lo scorso giugno al vertice economico in Bahrain, l’amministrazione Trump proverà a costringere i palestinesi ad accettare il “piano di pace” e a dichiarare l’indipendenza all’interno della loro patria, proprio come il governo sudafricano cercò di forzare la popolazione nera nativa a dichiarare l’indipendenza all’interno dei loro Bantustan. Nonostante la leadership di alcuni Bantustan avesse effettivamente dichiarato l’indipendenza, il Grande Apartheid sudafricano alla fine fallì perché i leader locali, tra cui l’African National Congress e il leggendario Nelson Mandela, intrapresero una campagna internazionale decisa e potente contro l’apartheid.
Il piano di pace del presidente Trump è stato etichettato come l’”Affare del secolo” perché avrebbe dovuto portare pace e dignità al popolo del Medio Oriente. Invece il “piano di pace” fa esattamente il contrario e fa risorgere l’apartheid, un sistema politico razzista che avrebbe dovuto essere lasciato nella pattumiera della Storia.
Il piano di pace di Trump non può e non deve essere attuato perché dà agli israeliani l’illusione della sicurezza mentre in realtà li intrappola in un regime instabile basato sull’oppressione razziale.
Il piano di pace di Trump non può e non deve essere attuato perché viola gravemente i diritti e la dignità del popolo palestinese e molto probabilmente costituisce un crimine contro l’umanità ai sensi dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale (1998).
Il piano di pace di Trump non può e non deve essere attuato perché una volta che guardiamo oltre le stelle filanti e i coriandoli, si scopre che “The Deal of the Century” altro non è che Apartheid.
Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” –Invictapalestina.org