Proteste in Libano: bloccate tra incudine e martello
Karim Sharara 31 ottobre 2019 |
Non restiamo bloccati sulla semantica della questione. Che si tratti di un’Intifada o di una protesta di massa, il Libano sta attraversando un momento decisivo nella sua storia … e così anche Hezbollah.
In un paese improvvisato dove non sono mancate le manifestazioni di protesta sin dalla sua creazione nel 1920, e ancora di più dalla fine della guerra civile libanese nel 1990, il 17 e 18 ottobre la gente è scesa in strada per protestare contro una situazione diventata insopportabile: corruzione dilagante e cattiva gestione economica hanno portato il Libano quasi alla bancarotta. I poveri diventavano sempre più poveri, la Banca centrale aveva bloccato tutte le transazioni in dollari per evitare che il capitale uscisse dal paese, si dovevano intraprendere riforme necessarie per porre rimedio alla situazione nel caso il Libano dovesse prendere in prestito qualche altro miliardo di dollari da creditori internazionali come parte dell’iniziativa CEDRE.
Una delle riforme proposte? Introduzione di un canone mensile di 6 dollari per le chiamate tramite WhatsApp in un paese che in Medio Oriente è già uno dei più costosi in termini di tariffe cellulari.
L’imposta – se considerata separatamente – non è un importo elevato se non per coloro già impoveriti dal peso esagerato delle tariffe in vigore. Ma per i manifestanti non si è trattato solo della nuova tassa; piuttosto riguarda l’indignazione per tutto questo, oltre a tutti i problemi che il popolo libanese ha dovuto sopportare e che lentamente lo ha divorato, spingendolo a emigrare (quasi un terzo della popolazione libanese se ne sarebbe andata se ne avesse avuto la possibilità, secondo un sondaggio di GALLUP di alcuni anni fa, con una diaspora che è 3 volte il numero degli abitanti del paese). Dovrebbero farsi carico anche dell’incompetente cattiva gestione e la rabbiosa corruzione delle stesse élite politiche che hanno governato negli ultimi 30 anni? Troppo da sopportare: troppo offensivo, troppo umiliante. Ancora più degradante del dover vivere con la crisi dei rifiuti nel 2015. Sono questi i motivi per cui sono scesi in piazza.
Nei primi tre giorni, mentre la gente rimaneva nelle strade, la protesta aveva già realizzato ciò che decenni di inquieta pace dopo la guerra civile non aveva fatto; i libanesi stavano protestando fianco a fianco, senza bandiere (ndt. di partito) ma con la bandiera libanese, nessuna violenza settaria, nessuna violenza tra persone provenienti da partiti politici opposti, solo grida contro le sofferenze che hanno dovuto sopportare per decenni.
Ma c’era molto di cui preoccuparsi. Sì, queste proteste erano spontanee e disorganizzate, ma erano anche prive di leader, il che le rendeva molto vulnerabili a interferenze esterne, appropriazioni o, nel peggiore dei casi, appropriazione indebita. Ciò può avvenire utilizzando infiltrazioni dirette, i media e i social media. Nelle grandi proteste di massa, sono le masse organizzate che sono in grado di far avanzare i loro interessi e possono persino presentarli come rappresentativi dell’intera comunità.
Sayyed Hassan Nasrallah, segretario generale di Hezbollah, il terzo giorno aveva parlato a favore della protesta, dicendo ai manifestanti che avevano ottenuto molto in così poco tempo e che avrebbero dovuto continuare, anche se Hezbollah non avrebbe partecipato ufficialmente alle loro proteste per evitare strumentalizzazioni, come se fosse una manifestazione di Hezbollah, ponendo così fine a tutti gli sforzi della gente. Ha anche detto loro di diffidare di quelli che avrebbero potuto boicottare i loro progressi appropriandosi del loro duro lavoro. Sebbene abbia parlato a favore delle proteste, dai media locali e regionali anti-Hezbollah il suo discorso è stato trasformato nell’esatto contrario.
Al quinto giorno, le cose hanno iniziato a prendere una svolta diversa. Le proteste erano ancora senza leader, i partiti al governo, in gran parte noti per il loro passato sanguinario durante la guerra civile e per essere stati i maggiori responsabili del sistema di corruzione in Libano, si sono dimessi e hanno annunciato che si sarebbero uniti alle proteste e molti paesi, vale a dire quelli della regione, hanno espresso il loro sostegno.
Ciò sarebbe stato positivo, se non fosse per il fatto che dopo questa operazione gli slogan contro Hezbollah hanno iniziato ad aumentare, in contrasto con gli stessi manifestanti che sostengono la Resistenza. E’ a questo punto che la Resistenza ha iniziato ad essere emarginata e presa di mira, e il suo segretario generale demonizzato negli sforzi nazionali e regionali, specialmente sui social media.
Blocchi stradali sono stati creati dai manifestanti in tutto il Libano per esercitare pressioni sul governo. Tuttavia, proprio i partiti che si sono dimessi dal governo (Forze libanesi, Falangi e il Partito socialista progressista) hanno posto blocchi stradali su strade vitali e, in una pratica che ricorda la guerra civile, hanno iniziato a chiedere ai veicoli di passaggio di identificarsi (per mostrare la zona di provenienza, segno rivelatore in Libano della propria appartenenza religiosa).
Più precisamente, in diverse aree del Libano, principalmente nelle aree in cui la Resistenza ha una forte presenza, sono stati gridati slogan antagonisti che hanno ricevuto una copertura speciale dai notiziari, provocando un sentimento di grande risentimento verso le proteste da parte di persone fedeli alla Resistenza. I blocchi stradali posti su strade vitali hanno anche creato un nuovo problema, quello della carenza di farina e medicinali, con le persone impossibilitate a raggiungere i loro luoghi di lavoro e provocando la chiusura dei mercati. Questo problema ha raggiunto l’apice a Nabatieh, una regione nota per il suo sentimento pro-resistenza. Nonostante in altre regioni solidali con la Resistenza, come Tyr, i manifestanti abbiano ceduto alle richieste di aprire le strade pur continuando le loro proteste, ciò non è accaduto a Nabatieh che aveva ricevuto una copertura mediatica speciale e dove sono avvenuti scontri tra polizia municipale e manifestanti. I media hanno capitalizzato questo avvenimento per girarlo contro Hezbollah.
Dalla fine della guerra civile, il Libano è stato in gran parte gestito dagli stessi politici e signori della guerra, dagli stessi partiti politici da parti opposte che l’hanno portato sull’orlo del collasso finanziario, svuotandolo lentamente dall’interno. Non sono stati semplicemente avidi, ma sfacciati. Questi gruppi non sono disposti a consentire riforme da parte dei manifestanti che desiderano un cambiamento autentico nel loro paese, perché in effetti ciò significherebbe il loro suicidio. Le riforme (ndt. richieste) dimostrerebbero le loro recenti responsabilità e non potranno permettere che ciò accada. Avrebbero rischiato di cavalcare le ondate delle proteste creando instabilità politica per trovarsi poi ad affrontare le reali conseguenze della loro politica economica che ha dissanguato il paese. Sono tutti armati e pronti a usare le loro armi.
I media sono riusciti a capitalizzare anche un altro scontro avvenuto il 25 ottobre, in cui i sostenitori di Hezbollah erano presenti alle proteste e, in risposta agli slogan contro la Resistenza, hanno cantato a favore. Quel giorno la situazione è rapidamente sfuggita al controllo, lo stesso giorno che Nasrallah aveva programmato di parlare. Si è congratulato con i manifestanti per ciò che avevano realizzato, in quanto erano stati capaci di spingere il governo ad accelerare le riforme economiche, avvertendoli però di essere più attenti e scoprire i finanziamenti dietro le loro proteste e le mani che le guidano, soprattutto dal momento che alcuni dei più corrotti personaggi contro cui protestano, si sono ora uniti a loro e cantano al loro fianco, chiedendo che il presidente (il loro rivale politico) venga rovesciato.
Nasrallah ha anche detto che la Resistenza, come prima, non prenderà parte alla loro protesta; ma ora che la protesta viene espropriata da persone che lavorano dietro le quinte, persone compromesse con poteri locali corrotti che tentano di far quadrare i loro conti politici, per non parlare delle ambasciate straniere, ha chiesto a tutte le persone che sostengono la Resistenza di lasciare il campo alle persone che desiderano rimanere. Le persone a sostegno della Resistenza hanno aderito all’appello, lasciando le proteste in attesa di sviluppi futuri.
Nasrallah per questo discorso è stato nuovamente demonizzato da quegli stessi media, e la ragione è che mentre diceva che c’erano manifestanti patriottici, non affiliati a gruppi di interesse sospetti durante le manifestazioni, ha anche annunciato che Hezbollah non può permettere al Libano di dirigersi verso l’ignoto, per paura di precipitare di nuovo in una guerra civile.
Hezbollah è bloccato tra incudine e martello, e questo perché sta scegliendo ciò che ritiene essere la cosa etica da fare. Lo ha affermato chiaramente Nasrallah quando ha affermato che la Resistenza, che finora ha difeso la vita delle persone, non ci penserà due volte a perdere la faccia per proteggere il Libano dalla spirale verso il collasso.
Da un lato, Hezbollah vuole sostenere i manifestanti onesti e le loro richieste, che però sono disorganizzati, dispersi, privi di finanziamenti e attrezzature adeguate, mentre dall’altra parte della strada ci sono le parti più organizzate e ben finanziate con un’agenda anti-Hezbollah e con obiettivi politici da realizzare per garantire maggiori guadagni nel governo che seguirà.
Dall’altro, Hezbollah deve anche sostenere la stabilità nel paese sostenendo il governo, per quanto corrotto possa essere perché, se dovesse cadere, nelle circostanze attuali (con i signori della guerra civile in lizza per un maggiore controllo) ciò significherebbe effettivamente che il paese sprofonderà nel caos politico.
Il 29, dopo giorni di blocchi di strade vitali con esercito e forze di sicurezza rimasti completamente in disparte, senza nessun intervento per aprire strade e far passare la gente, e proprio mentre cominciavano a emergere le notizie che il Primo Ministro Saad Hariri stava per dimettersi, orde di teppisti sono scese in piazza nel centro di Beirut ad attaccare i manifestanti, distruggendo tende e attrezzature che erano state allestite, lasciando molte persone sconvolte. Poco dopo, Hariri si è dimesso ed è stato annunciato che le strade sarebbero state sbloccate.
Gli scenari, al momento, sono molti, ma Hezbollah invece di mantenere le distanze dovrà farsi avanti. Gli Hezbollah nati dall’essenza del “Movimento dei diseredati” di Sayyed Moussa Sadr devono rafforzare l’impegno per difendere i diritti dei poveri. Sebbene gran parte di questo movimento abbia avuto inizio in risposta a misure che avrebbero preso di mira i poveri, Hezbollah negli ultimi anni si è distinto come difensore dei loro diritti e ha rifiutato qualsiasi misura di riforma in parlamento che avrebbe aggravato la loro situazione; Hezbollah deve mostrare di essere la loro voce, il loro difensore, il loro rifugio.
trad. Invictapalestina.org
(*) Karim Sharara è uno studente libanese di dottorato che vive in Iran dal 2013, dove si sta specializzando in affari iraniani all’Università di Teheran.