“Si vive nella paura, se si vuole dire qualcosa su Israeleˮ L’affare Kamila Shamsie in Germania
Ruairi Casey 30/09/2019 |
Personalità filo-palestinesi affermano che l’affare Kamila Shamsie dimostra come in Germania il dissenso sia soffocato quando la critica è verso Israele.
Tradotto da Simonetta Lambertini
Berlino, Germania – La decisione di una giuria tedesca di privare Kamila Shamsie, autrice britannico-pakistana, di un premio letterario a causa del suo attivismo filo-palestinese, sottolinea come l’ignorare i diritti dei palestinesi sia ormai la norma in Germania, secondo personaggi filo-palestinesi che vivono nel paese.
Il 18 settembre, pochi giorni dopo la sua precedente decisione, la giuria di otto membri del Premio Nelly Sachs, intitolato alla premio Nobel ebrea tedesca, poetessa e scrittrice teatrale, ha ritirato il suo premio di 16.000 dollari a causa del sostegno di Shamsie al movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni ( BDS).
In un comunicato, hanno detto che il “boicottaggio culturale non trascende i confini, ma colpisce l’intera società israeliana a prescindere dalla sua effettiva eterogeneità politica e culturale.”
Il BDS è stato istituito nel 2005 da attivisti palestinesi per esercitare pressioni economiche e politiche su Israele affinché adempia ai suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale ed è modellato su campagne simili, dal movimento per i diritti civili degli Stati Uniti alla lotta anti-apartheid contro il Sudafrica negli anni ’80.
“Se si parla di Israele o si scrive di Israele, si entra in una zona vietata o pericolosa”, ha detto ad Al Jazeera Iris Hefets, presidente di Jewish Voice for a Just Peace in the Middle East, un gruppo composto principalmente da israeliani, britannici e ebrei americani che vivono in Germania.
Quello che è successo a Shamsie fa parte di un tipo di censura, intimidazione e indebolimento di artisti e personaggi pubblici per le loro opinioni politiche, ha affermato Hefets.
La sua stessa organizzazione, a giugno, si è vista chiudere il conto in banca dopo le continue critiche da parte dei media israeliani e del Simon Wiesenthal Center, un’organizzazione ebraica per i diritti umani, per il suo sostegno al BDS.
“Si vive nella paura se si vuol dire qualcosa su Israele. Bisogna dire che Israele è grande se si vuole essere protetti e essere finanziati.”