Violenza contro le donne, quando la punizione per chi si ribella è il rogo
Eretica 20 Aprile 2019 |
Nusrat Jahan Rafi è stata bruciata viva dopo aver denunciato il preside della sua scuola per molestie.
Le notizie dicono che sia stata accerchiata e “punita” dagli altri studenti che volevano obbligarla a ritirare la denuncia. Che succedano cose di questo tipo non può sorprenderci dato che solo poco tempo fa in Italia una ragazzina ha subito un trattamento analogo, seppur senza rogo reale, per la vicenda di Melito di Porto Salvo che vedeva coinvolti il figlio di un criminale della ‘ndrangheta e, pare, perfino il fratello di un poliziotto. Poi c’è la vicenda di San Martino di Taurianova, con la protagonista della storia che dichiara di essere tuttora chiamata “puttana“.
Quello che sappiamo è che questo corrisponde a un modello di comportamento in cui la violenza di genere gode di consenso sociale e spinta all’omertà. E’ violenza sistemica, tipica di contesti patriarcali, e può avvenire ovunque. Dunque che nessuno dica che si tratta di cose che accadono altrove perché in Italia, lo sappiamo bene, molti sono sempre pronti a dare ad altri la responsabilità di un comportamento che è ampiamente diffuso ovunque. Non si tratta neppure di questioni che dipendono dal degrado sociale. Basti ricordare la punizione tramite acidificazione contro Lucia Annibali. Lui era un personaggio benestante, un professionista italiano che secondo alcuni – cosa dubbia – avrebbe importato una pratica barbarica da altre nazioni. Perché il maschilismo tesse una rete ovunque e l’unica cosa che conta è la costrizione al silenzio.
Non si può denunciare qualcuno per stupro, per molestie, per maltrattamenti, per violenze di ogni tipo perché basta che una donna dica di no e si ribelli ed ecco come a lei viene imputata qualunque forma di vendetta che poi dovrà subire. Sono vere e proprie esecuzioni e l’analisi delle modalità in cui avvengono dovrebbe far pensare i politici e governanti che solo per trarne profitto in termini di consenso dicono di occuparsi di violenza contro le donne salvo poi negarne la radice sessista e maschilista.
La guerra contro le donne raggiunge il suo apice nel femminicidio, nel rogo, e quante (ad esempio Violeta, Anna, Maria Antonietta, Gisella, Maria Rita, Leda, Fabiana, Marilia, ma potremmo citare molti altri casi simili) in Italia sono state bruciate vive dagli ex mariti o ex fidanzati che non accettavano la separazione. C’è la lapidazione tramite pettegolezzo, oggi sappiamo che esiste anche il revenge porn, un altro modo violentissimo per ricattare le ex uccidendo la loro reputazione, contando su un moralismo e una sessuofobia crescente alimentata ancora dalla stessa mentalità maschilista.
Ci sono anche lapidazione e rogo virtuali quando schiere di hater commentano le notizie delle denunce per molestie e per stupro negando l’esistenza stessa di questi crimini. Qualcuno dice che le donne che denunciano di essere state stuprate sono solo puttane che se la sono cercata. Qualcuno dice che hanno inventato tutto. In Italia oggi sappiamo che puoi denunciare senza subire lapidazioni virtuali o reali solo se lo stupratore è nero, perché la componente razzista in qualche modo elegge a martire la vittima come simbolo di un altro tipo di meccanismo d’odio: il razzismo.
Si parla bene delle donne vittime di violenze all’interno dei contesti musulmani e dimentichiamo che solo un paio di settimane fa a Verona si è tenuto un congresso per le “famiglie” con interventi di persone che non solo negano la violenza di genere ma che continuano a insultarci chiamandoci assassine se solo rivendichiamo la libera scelta di gestire i nostri corpi.
Parlavamo di un rogo per impedire a una ragazza di denunciare per molestie il preside ma vediamo come la questione si estende a tutti i branchi che in qualche modo proteggono uomini, qualunque sia la posizione di potere che assumono nella società e nelle famiglie, che mai sono realmente chiamati ad assumersi le proprie responsabilità.
Alla piccola Nusrat Jahan Rafi e a ogni altra vittima di rogo reale e virtuale va ovviamente il nostro abbraccio solidale ma mai omertoso. Perché quello che ci insegnano queste donne è che denunciare ha un prezzo ma proprio per questo certi uomini violenti non godranno mai del nostro silenzio.