ALGERIA. Bouteuflika si dimette, piazze in festa ma con prudenza
3 aprile 2019, Nena News |
Ieri il presidente ha lasciato dopo 20 di potere incontrastato. A monte le pressioni dell’esercito. Festa in piazza ma i manifestanti sono consapevoli del pericolo: la lotta contro il sistema continua. Resta la gioia per un momento storico, raggiunto con tenacia da una mobilitazione senza precedenti né spargimenti di sangue.
Dopo 20 anni di potere indiscusso, Abdelaziz Bouteflika non è più presidente dell’Algeria. Si è dimesso ieri sera, in anticipo sulla data indicata, il 28 aprile. Ad annunciarlo è stata ieri sera l’agenzia di stampa di Stato.
Da un mese e mezzo gli algerini stanno, passo dopo passo, realizzando i loro obiettivi con una mobilitazione di massa senza precedenti, senza vittime, spargimenti di sangue, con i colori e l’ironia dei giovani e la tenacia degli anziani. A febbraio sono scesi in piazza a milioni in ogni città dell’Algeria contro il quinto mandato presidenziale a cui Bouteflika, in carica dal 1999, si era candidato alle elezioni presidenziali previste per il 18 aprile. Di fronte alle proteste ininterrotte da parte di ogni settore della società, l’entourage di Bouteflika ha ceduto: nessuna ricandidatura ed elezioni rinviate.
Gli algerini non hanno lasciato le piazze e hanno sostituito lo slogan: non più “No al quinto mandato”, ma “No al 4+”. Con i partiti, sia di governo che di opposizione, presi in contropiede, i manifestanti hanno continuato. E uno a uno i sostenitori del presidente lo hanno abbandonato: defezioni si sono registrate ovunque, dentro l’esercito, dentro il sindacato Ugta, dentro lo stesso partito di governo Nnl.
Fino alle dimissioni arrivate ieri. Ma la protesta non si ferma perché la richiesta della piazza è ben più ampia: non solo la fine dell’era Bouteflika, ma la fine del sistema, del suo “clan” fatto di politici, élite economica, militari. Proprio questi ultimi stanno tentando di gestire una transizione volta a salvare quel sistema.
La scorsa settimana a farsi avanti è stato il capo di stato maggiore Gaid Salah proponendo l’applicazione dell’articolo 102 della Costituzione che prevede la sostituzione del presidente nel caso in cui per ragioni fisiche non sia in grado di governare con il presidente del Senato. E ieri Gaid Salah è tornato alla carica: poco prima dell’annuncio di Bouteflika, ha dato una sorta di ultimatum, sibillino.
Ora il timore, radicato tra i manifestanti, è che l’esercito possa condurre la transizione e perpetrare il sistema di corruzione e mala gestione del paese di cui Bouteflika, soprattutto dall’ictus del 2013, non era che il simbolo. Nel messaggio inviato alla popolazione ieri, l’ex presidente ha annunciato dimissioni effettive da oggi sperando, dice, che questo conduca alla calma e permetta “una transizione collettiva verso un futuro migliore”: “Questa decisione nasce dalla mia preoccupazione di prevenire gli eccessi verbali che stanno segnando involontariamente gli eventi attuali, degenerando in derive potenzialmente pericolose per la protezione di persone e proprietà, che sono le prerogative essenziali dello Stato”.
Lo si è visto poco dopo, per la prima volta da anni, su una sedia a rotelle, vestito in abiti tradizionali, consegnare la lettera di dimissioni al Consiglio costituzionale. Accanto a lui Abdelkader Bensalah, presidente del Senato che reggerà il paese per 90 giorni fino al voto.
La reazione delle piazze è stata immediata: in migliaia sono scesi in strada a festeggiare, avvolti nella bandiera algerina. “Game over”, “L’Algeria è nostra”, gridavano mentre festeggiavano con i fuochi d’artificio. “Sembra il giorno dell’indipendenza”, dice qualcuno. La gioia è tanta ma anche la consapevolezza di dover restare con gli occhi aperti per evitare ora colpi di mano che possano annullare un momento storico.
Abdelaziz Bouteflika ha fatto il suo ingresso nella politica algerina da giovanissimo. Negli anni Cinquanta è entrato a far parte del National Liberation Army, impegnato nella lotta alla Francia coloniale. Nel 1962, anno dell’indipendenza, Bouteflika è entrato nel governo, il più giovane ministro di sempre: a 25 anni ha ottenuto il discastero dei giovani e dello sport, l’anno dopo nel 1963 ministro degli esteri.
Dopo la morte di Houari Boumediene, nel 1978, era convinto di poterlo sostituire come leader del paese per essere però allontanato dall’esercito. Bouteflika ha lasciato il paese, dieci anni trascorsi tra Emirati Arabi e Svizzera, per poi tornare su autorizzazione dell’esercito ed entrare nel Fronte di Liberazione Nazionale nel 1989. Seguono gli anni della guerra civile, 200mila morti che hanno devastato il paese. Bouteflika resta lì, pronto a farsi avanti. L’occasione arriva nel 1999 quando corre come candidato indipendente. Vince le elezioni con il 74% dei voti, dopo che gli altri candidati delle opposizioni fanno un passo indietro.
Gestisce la fine della guerra civile, si mostra come l’unico in grado di condurre alla pacificazione interna. Un momento perfetto con una popolazione stremata dal conflitto. Perfetta anche la situazione economica: con l’aumento del costo del greggio, Bouteflika riesce a rimettere in sesto i conti e a pagare i debiti esteri, arrivando ad accumulare 240 miliardi di dollari di riserve di moneta straniera. Una ricchezza con cui costruisce il primo vero welfare del paese, mentre allontanava con discrezione dal potere le forze armate, allontanandole dal governo e dissolvendo i servizi segreti Drs.
In contemporanea, i quattro mandati presidenziali gli hanno permesso di costruire una rete di fedelissimi, un vero e proprio “clan” che dalla politica all’economia si è spartito il paese. Che ha retto anche durante le primavere arabe del 2011 che l’Algeria non ha vissuto, ancora traumatizzata dal ricordo degli anni Novanta e delle violenze della guerra civile. Lo ha fatto utilizzato le riserve di petrolio per aumentare la spesa pubblica del 25% e tenere a bada le spinte popolari.
Bouteflika ha costruito uno Stato intorno a sé, modificando le leggi per restare al potere: lo ha fatto nel 2008 con l’emendamento alla Costituzione che gli ha permesso di candidarsi per la terza volta e poi per la quarta. Ha ridotto lo spazio di libertà dei sindacati indipendenti e della stampa libera.