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Russia, chi sono i nuovi hooligan e che rapporti hanno con Putin

Riccardo
Amati, Lettera43, 13 giugno 2018

Sono
organizzati in firmy. Combattono 20 contro 20 nelle foreste. E hanno
trascorsi di collaborazione col Cremlino. Che adesso, in vista del
Mondiale di calcio, ha voltato loro le spalle. Il reportage di L43.

Saranno
tenuti a bada dalla polizia e, a quanto pare, anche dalle fruste dei cosacchi
del Don: i violentisimi hooligan russi non potranno far troppi danni durante la
Coppa del Mondo. Ma con ogni probabilità riprenderanno a farne subito dopo. La
repressione sarà solo momentanea. Perché le autorità che ora la esercitano per
evitare figuracce mondiali durante Russia 2018 sono le stesse che fino a ieri
hanno tollerato – e a volte incoraggiato, per poterle eventualmente utilizzare
nel caso di tumulti contro il governo – le squadre di picchiatori bene
organizzate e sommariamente ispirate al nazionalismo xenofobo (e omofobo)
tipiche dell’Okolofutbola, lo strano mondo degli ultrà nel Paese di Vladimir
Putin.
ARRESTI
PREVENTIVI E SCHEDATURE. «L’attenzione dei servizi di sicurezza russi è molto
alta», dice a L43 Piara Powar, segretario di Fare, la maggiore organizzazione
non governativa che monitora gli hooligan a livello internazionale. Arresti
preventivi, schedatura dei personaggi più facinorosi, chiusure di fan club si
sono protratti per mesi. «Non abbiamo dubbi sulla capacità delle autorità di
assicurare uno svolgimento regolare del campionato», spiega Powar, «ma il
problema dell’hooliganismo russo si riproporrà presto». La pseudo-cultura che
lo contraddistingue è radicata. Ed è condivisa e protetta da un sistema di
potere che non storce il naso di fronte al “tifo” più impresentabile.
Ultras
della Dinamo Mosca.

«I nostri
tifosi non sono hooligan, sono guerrieri: potremmo regolamentare i loro
combattimenti, farne uno sport, con vere e proprie gare», ha scritto sul suo
sito alla vigilia di Russia 2018 Igor Lebedev, vicepresidente della Duma (la
Camera dei deputati) e consigliere della Federazione gioco calcio russa.
«Pensate che bello sarebbe un combattimento fra i nostri e gli hooligan
inglesi
, con tanto di regole codificate». E vinca il migliore, cioè
noi. Lebedev fa parte del Partito liberal democratico (di nome ma non di fatto,
visto che stigmatizza e dileggia ogni forma di liberal democrazia) guidato
dall’ultranazionalista Vladimir Zhirinovsky – un sostenitore di Putin più
zarista dello zar.

IL
REFERENDUM DI “ANNA LA ROSSA”. A dar colore agli argomenti di Lebedev
contribuisce “Anna la rossa”, al secolo Anna Kushschenko, l’avvenente
spia dei servizi russi con quoziente d’intelligenza 160 arrestata dall’Fbi nel
2010 negli Usa e poi rimpatriata con uno scambio di prigionieri in perfetto
stile Guerra fredda. «Siete favorevoli alla legalizzazione delle battaglie tra
hooligan?», è la domanda dell’informale referendum che ha lanciato sui social
network. Lei, la bella Anna, da tempo lo è. «Seppur inferiori di numero, i
nostri hanno massacrato gli inglesi», commentò dopo i fatti di Marsiglia – dove
durante i Campionati europei di calcio del 2016 circa 200 “tifosi”
russi, con guanti da arti marziali e telecamerine GoPro per immortalare
l’impresa, assalirono i “nemici” d’oltremanica provocando oltre 35
feriti. «Ben fatto, avanti così», disse allora il già citato Lebedev. D’altra
parte, lo stesso Putin sottolineò compiaciuto «come 200 russi abbiano potuto
spazzar via migliaia di inglesi».
Dalla
metà degli Anni 2000 in poi, il fenomeno degli hooligan in Russia si è
trasformato, secondo un’evoluzione (involuzione?) che segue le orme di
movimenti più ampi avvenuti nella società. Per tutti gli Anni 90 i canoni
furono quelli della versione britannica. I gruppi di ultras si denominarono firmy,
(dall’inglese “firm”, ovvero “ditta”). Birra a fiumi e
botte tra ubriachi. Ma la nuova generazione è molto diversa. «Niente droga e
niente alcol, questi passano le giornate in palestra», dice Elena Bykova,
producer del film del 2013 Okolofutbola, girato dal regista Anton Bormatov con
un cast di hooligan doc. La moda delle arti marziali e del fitness – in parte
promossa dallo stesso presidente Putin, judoka di livello molto fiero della sua
immagine sportiva – ha cambiato radicalmente le firmy. Che somigliano sempre
più a fight club e sempre meno ad associazioni di tifosi. Secondo uno studio
Fare, razzismo e omofobia dilagano, tra i loro componenti.
COMBATTIMENTI
A MANI NUDE 20 VS 20. Per allenarsi a fare a botte, dopo le sedute “a
secco” in palestra si ritrovano la domenica nelle foreste di betulle che
circondano Mosca, San Pietroburgo e le altre grandi città. Due gruppi
selezionati da firmy rivali. Una ventina per parte. Niente armi, solo le mani
nude. La rissa ha un arbitro che dovrebbe intervenire per evitare colpi troppo
sleali, e dura poco, perché dopo nemmeno cinque minuti buona parte dei
partecipanti è a terra.
L’hooligan
Aleksandr Shprygin.

Aleksandr
Shprygin, supporter della Dinamo Mosca, ha partecipato ad alcuni di questi
scontri, e ha avuto paura. «Il rumore delle ossa che si rompono mi ha fatto
venire la pelle d’oca», dice a L43. Shprygin ha fatto parte del comitato
organizzativo di Russia 2018. Era il presidente della Vop (Unione panrussa
delle tifoserie), chiusa dalla polizia dopo il guaio di Marsiglia. È stato
anche arrestato, l’anno scorso, in seguito a tafferugli tra le due principali firmy
moscovite. «L’atteggiamento delle autorità nei nostri confronti è mutato, dopo
Marsiglia e in vista del Mondiale. Siamo tutti schedati, ci controllano, sanno
tutto quel che facciamo. Negli ultimi mesi, poi, gli agenti dell’Fsb (il
servizio segreto interno, ndr) ci arrivano a casa per qualsiasi piccola cosa.
Per arrestarci, come è successo a me. O anche solo per una lavata di testa a
suon di minacce. Il dialogo è finito. Prima, invece, c’era piena
collaborazione». Nel 2012 Shprygin fu invitato a un incontro di Putin con
l’allora presidente della Fifa Sepp Blatter, in preparazione di Russia 2018.
«Parlammo a lungo col presidente, di calcio e di tifoserie. E dopo con Blatter
andai a celebrare bevendo birra».

QUANDO LO
ZAR USAVA LE FIRMY. La “collaborazione” tra le massime autorità
federali e le firmy degli hooligan risale almeno al 2005, secondo quanto
ricostruito da Mikhail Zygar nel suo libro Vsya kremlevskaya rat (Tutti gli
uomini del Cremlino), affresco dell’entourage di Putin. In quell’anno,
rappresentanti delle associazioni dei tifosi più belligeranti presero parte al
primo congresso di Nashi (traducibile in italiano con “nostro”),
organizzazione giovanile creata dal vice capo di gabinetto del presidente
Vladislav Surkov per contrastare una eventuale “rivoluzione colorata”
simile a quella che era appena avvenuta in Ucraina. Gleb Pavlosky, analista
politico che fece parte dello staff di Surkov, arringava i membri di Nashi
sostenendo che l’Occidente considera i russi «paria e nemici» e che quindi era
necessario «essere più duri, imparare a maneggiare un’ arma e a opporsi con la
forza all’avversario». Pavlosky oggi si dice pentito di quelle parole. Ma è
difficile sopravvalutare il terrore che il Cremlino ebbe, e in parte mantiene,
di una “rivoluzione colorata” in Russia. È quel terrore che spiega in
buona parte l’involuzione autoritaria, e per alcuni aspetti totalitaria, del
“sistema Putin”.

L’atteggiamento
delle autorità nei nostri confronti è mutato. L’Fsb ci arriva a casa per
qualsiasi piccola cosa. Il dialogo è finito. Prima, invece, c’era piena
collaborazione

Aleksandr
Shprygin

Dentro
gli stadi e fuori ci sarà un poliziotto ogni 30 metri, dicono le autorità. Gli
hooligan russi saranno tenuti lontani dalla versione locale del nostro Daspo –
che riguarda almeno 500 persone. A Mosca, a Rostov sul Don e a Volgograd,
contribuiranno a mantenere l’ordine anche i militi del “Battaglione
centrale cosacco” e della “Grande armata del Don”, con le loro nagaiky
– le tradizionali fruste di pelle con cui nel corso dei secoli i cosacchi hanno
colpito i nemici degli zar assolvendo al loro storico compito di vigilantes
dell’impero. Le unità cosacche, alcune a cavallo, indosseranno uniformi e
saranno equiparate alle forze dell’ordine. Sono efficienti. Lo hanno dimostrato
anche il 5 maggio scorso prendendo a scudisciate i manifestanti anti-Putin
riuniti in piazza a Pushkin a Mosca. Né sarà la prima volta che vengono utilizzate
in eventi sportivi.

COSACCHI
CONTRO HOOLIGAN. Alle Olimpiadi invernali di Sochi nel 2014, i cosacchi si
distinsero picchiando tre componenti del collettivo punk Pussy Riot. È dal 2005
che il Cremlino ha riesumato i cosacchi per l’ordine pubblico. Subito dopo la
Rivoluzione arancione in Ucraina, quando invitò gli hooligan
nell’organizzazione Nashi per difendere il Paese dalle “rivoluzioni
colorate” istigate dall’Occidente. Nel gioco di specchi tipico della
realtà russa, cosacchi e hooligan rischiano adesso di trovarsi su fronti
opposti. Non deve stupire: il potere a Mosca è “liquido”, non bada al
sottile e non teme di elevare l’opportunismo a strategia. Se servirà, in futuro
si ritireranno fuori anche gli hooligan.