Normali ingiustizie
Amira
Hass, Internazionale, 18 giugno 2018
Come
prevedevo, il mio autista è arrivato in ritardo di quaranta minuti.
Vive a
Gerusalemme, quindi non sapeva che le strade di Ramallah nelle sere di Ramadan
si riempiono di auto e di persone provenienti da tutti i villaggi della zona.
Solo un
palestinese di Gerusalemme può accompagnarmi all’aeroporto della città. “Quelli
della Cisgiordania pensano che siamo fortunati perché abbiamo un documento
d’identità emesso dal comune di Gerusalemme”, mi ha detto l’autista, che ha 24
anni. Intanto gli indicavo la strada da percorrere attraverso villaggi di cui
non conosceva neanche l’esistenza.
Questa
cosa mi ha rattristato molto: la frammentazione della Cisgiordania è ormai così
impressa nella loro mente che i palestinesi non conoscono più posti lontani
appena venti chilometri da casa.
Il
ragazzo mi ha chiesto quanto pago d’affitto. “Se pagassi così poco, mi sarei
già sposato”. Lui invece vive ancora con i genitori. “Ma se mi trasferissi a
Ramallah, perderei lo status di residente permanente di Gerusalemme. Invece un
israeliano che va a vivere in una colonia mantiene tutti i diritti. È così
ingiusto”. Ero d’accordo con lui.
Sulla
strada d’ingresso all’aeroporto un’agente di sicurezza etiope ci ha chiesto di
consegnarle i documenti e di aspettare. Voleva sapere come avevo conosciuto
l’autista e se eravamo parenti. Ha controllato il bagagliaio. Lui è stato
convocato per un’ispezione. Ero molto arrabbiata. Ma alla fine lui mi ha detto:
“Non preoccuparti, è normale”.