Gay e cattolici, si può fare
Federica
Villa, Lettera Donna, 20 giugno 2017
Per
Benedetto XVI l'omosessualità era un «disordine morale». Ora invece nella
Chiesa c'è aria di cambiamento. A tu per tu con Emanuele, del gruppo di fedeli
Lgbt La Fonte.
«Come
accade per ogni altro disordine morale, l'attività omosessuale impedisce la
propria realizzazione e felicità perché è contraria alla sapienza creatrice di
Dio». Recita così un passaggio della Lettera ai
Vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali.
Il documento, datato 10 ottobre 1986, porta anche la firma del prefetto Joseph
Card. Ratzinger, lo stesso che nel 2005 divenne Papa, per poi rinunciare al suo
ministero nel febbraio 2013. Sempre nel documento si legge che «dovrà essere
ritirato qualsiasi appoggio a qualunque organizzazione cerchi di sovvertire
l’insegnamento della Chiesa, che sia ambigua nei suoi confronti o che la
trascuri completamente». Ma, più di 30 anni dopo, in Italia i precetti della
lettera sembrano essere stati superati, con la costituzione, in tutto il Paese,
di gruppi di omosessuali cattolici. Il solco più netto con la tradizione, negli
ultimi anni, l’ha tracciato Papa Francesco. «Se una persona è gay e cerca il
Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?», così rispondeva il
pontefice nel 2013 a una domanda dei giornalisti che tornavano con lui a Roma
da Rio de Janeiro, aprendo di fatto una stagione di avvicinamento del mondo
cattolico alle istanze Lgbt. Nel 2016, in un viaggio dall’Armenia, è poi
arrivata un’altra frase di rottura: «Io credo che la Chiesa non solo debba
chiedere scusa ai gay che ha offeso, ma anche ai poveri, alle donne e ai
bambini sfruttati». Per Emanuele Macca, del gruppo di credenti omosessuali
milanesi La Fonte «anche se non c’è
nulla di dottrinale, questa è stata un’uscita allo scoperto e ora noi stessi
percepiamo meno problemi a esporci e a vivere, per esempio, le realtà di
coppia». Con Papa Francesco «ci siamo ritrovati davanti a una maggiore apertura
e alla possibilità di una maggiore sperimentazione, anche se nella dottrina non
ci sono documenti che parlino o certifichino tutto ciò». Si respira,
finalmente, «un’aria di cambiamento» e le associazioni di gay cattolici
cominciano a trovare appoggio in alcune parrocchie e tra i fedeli, anche se
esporsi risulta ancora difficile.
Chiesa e
lgbt, il dialogo è possibile
A Milano
da una parte c'è, appunto, La Fonte che «è una delle realtà italiane più vicine
a quella ecclesiastica e alle parrocchie». Dall'altra troviamo Il Guado «più autonomo e legato alla comunità
Lgbt», spiega Emanuele sulla base della sua lunga militanza nel mondo
omosessuale cattolico. Ma attenzione: non si tratta solo di un fenomeno tipico
del capoluogo lombardo. «Pian piano c’è stata una diffusione a livello
nazionale con esempi anche in città come Roma e Firenze. Fenomeni che nascono
sempre dal basso e cercano di offrire una sintesi fra le diverse posizioni». A
Catania, poi, i Fratelli dell’Elpis (gruppo parrocchiale di omosessuali
credenti) hanno organizzato nel 2015, per il loro 25esimo anniversario, un
dibattito sul tema, alla presenza dell’arcivescovo della città, Salvatore
Gristina. A Torino, invece, nel 2017 è stato organizzato un ritiro diocesano
per cristiani Lgbt, in cui si è dialogato con Cesare Nosiglia, a capo
dell'Arcidiocesi cittadina. Mentre tra Napoli e la Capitale, negli anni, è
stata pensata una lectio spirituale, dal titolo Chiesa Casa per tutti, con
l’esplicito invito di partecipazione a laici, preti, a omosessuali ed
eterosessuali, a italiani e stranieri. In modo che quel «tutti» fosse davvero
rispettato, superando i pregiudizi. Ma c’è stato anche un progetto che è
riuscito a superare i confini nazionali arrivando fino a Malta e in Spagna. Si
tratta delle veglie organizzate per le vittime dell’omotransfobia. «Sono state
coinvolte diverse città italiane», spiega Emanuele, «per riuscire, attraverso
la preghiera e la spiritualità, a ricordare chi è stato colpito dall’odio per
via dei suoi orientamenti sessuali. Abbiamo pregato per le vittime, certo, poi
però ci siamo detti che dovevamo anche guardarci intorno e vedere il buono.
Così abbiamo scelto di includere negli incontri anche delle testimonianze
positive, per far capire che il bene c’è, comunque». Questo tipo di iniziative
hanno consentito ai gruppi di omosessuali cattolici l'avvio di un nuovo dialogo
con la comunità Lgbt, «anche se non c’è nulla di forzato. Per esempio, noi non
aderiamo ai Pride come organizzazione, ma lasciamo sempre che siano i singoli a
scegliere», spiega ancora Emanuele.
Luci ed
ombre
Certo per
chi è omosessuale e credente non è tutto rose e fiori perché da una parte l'universo
arcobaleno fatica ad accettare chi si dichiara religioso e dall'altra il mondo
cattolico tende a respingere i gay dichiarati. Ma Emanuele è abbastanza
ottimista visto che la sempre maggiore visibilità dei gruppi ha consentito di
affrontare tematiche importanti fino ad oggi tabù come le unioni civili.
«Sarebbe bello avere sostegno degli altri fedeli, esattamente come succede per
le coppie eterosessuali». Anche se è importante ricordare come certe visioni
conservatrici continuino ad indurirsi: «Per qualcuno l’omosessualità è ancora
una patologia che quindi annulla qualsiasi possibilità di futuro per la coppia
all'interno della Chiesa».
Il fatto
che manchi ancora una politica generale di accoglienza verso il mondo Lgbt si
riflette in un fenomeno mai sconfitto: l’allontanamento dai gruppi di fedeli e
dalle parrocchie dei giovani che scoprono le loro tendenze sessuali e si
trovano a pensare immediatamente: «È sbagliato, non posso più andare in
chiesa». Secondo Emanuele, «fare coming out rimane un passaggio difficile. Se
hai un ruolo, fosse anche solo quello del catechista, e si scopre che sei gay,
inizia l’esclusione», anche se molto dipende dal parroco che gestisce la
comunità. «Ce ne sono alcuni che mettono a disposizione le sale per i nostri
incontri, e basta, la cosa finisce lì», racconta Emanuele, «altri invece si
fanno coinvolgere, parlano con i ragazzi e cercano di far conoscere le loro
storie agli altri parrocchiani. E questi sono i casi che danno i risultati
migliori». Ma anche sul versante dei fedeli, gli atteggiamenti si sdoppiano:
alcuni hanno iniziato a esporsi in prima persona e sono nati gruppi di genitori
con figli omosessuali che raccontano la loro esperienza. D'altra parte, c’è chi
ancora non ne vuole sapere. Per questo, in molti casi, si sente ancora che
esiste una realtà cui si appartiene come fedeli, «ma che è pronta a respingerti
non appena ti mostri per quello che sei veramente».