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Israele e l’annichilimento del diritto internazionale

Patrizia
Cecconi, Nena News, 30 mag 2018

Patrizia
Cecconi ricorda le drammatiche ore di 8 anni fa quando il traghetto turco Mavi
Marmara diretto verso Gaza per rompere l’assedio sulla Striscia fu attaccato
dai soldati israeliani. Gli attivisti pro-Palestina uccisi da Tel Aviv furono
allora 10. Nessuna commissione indipendente dell’Onu ha potuto investigare su
quanto accaduto a causa dell’opposizione d’Israele e degli Usa
Il
traghetto turco Mavi Marmara
Mentre da Gaza si sta tentando di far uscire 35
feriti che gli ospedali non riescono a curare e che Israele non fa passare via
terra tenendoli bloccati nel suo assedio, torna alla mente la vicenda del 31
maggio del 2010, quando Israele si trasformò in pirata. Quella notte, marina e
aviazione israeliane aggredirono in acque internazionali le barche che
cercavano di entrare a Gaza, portando aiuti umanitari e cercando di smuovere
l’indifferenza mediatica e la non conoscenza da parte dell’opinione pubblica
dell’assedio israeliano della Striscia di Gaza. Assedio successivo
all’evacuazione dei coloni decisa unilateralmente dal falco Sharon.

Su quelle
barche c’erano attivisti di tutte le età, compresa la vecchia e coraggiosa infermiera
ebrea americana Hedy Epstein e addirittura un bambino di un anno portato con sé
da una mamma convinta che nulla sarebbe successo perché Israele non poteva
essere criminale fino al punto di aggredire delle barche di pacifisti
disarmati. Non andò così.
Dall’Italia,
nel 2010, seguivamo solo in cinque persone, esattamente da Roma, quella
generosa e coraggiosa impresa di numerosi pacifisti internazionali, cercando di
sollecitare l’attenzione della stampa per dar loro copertura mediatica e
proteggerli da eventuali attacchi israeliani.
Quando le
navi, partite dal nord Europa entrarono nella parte sud del Mediterraneo, ci
demmo turni di sonno di due ore a testa per restare in contatto continuo con
loro. Avevamo paura che Israele potesse attaccarle. Non eravamo riusciti a dare
loro la copertura mediatica sufficiente a proteggerle.
Alle 4
del mattino, da elicotteri da guerra, calarono sulla Mavi Marmara soldati
armati fino ai denti. I pacifisti disarmati presero pezzi di sedili, bastoni e qualunque
possibile oggetto per difendersi ma 9 di loro furono uccisi. Furono assassinati
con colpi sparati alla testa che sapevano più di esecuzione predeterminata che
di risposta alla reazione all’arrembaggio piratesco.
Quel
mattino tragico del 31 maggio del 2010 il notiziario di “radio3 mondo” delle
6,45 diede una notizia su velina israeliana. Chi scrive chiamò “radio3
per dare la notizia vera a Primapagina ma dopo aver spiegato
velocemente la situazione non riuscì a fare il nome dell’infermiera ebrea
allora 85enne perché il dolore per quanto accaduto le bloccò la voce. Comunque
la notizia fu ripresa dalla radio alla trasmissione delle 10 (Tutta la città ne
parla). La notizia era troppo forte per essere ignorata e Rainews24 intervistò
quel giorno due persone nella trasmissione di Roberto Vicaretti. Una era chi
scrive, intervistata negli studi di Roma e l’altra era Vittorio Arrigoni da
Gaza.
In quel
momento, nonostante le direttive israeliane, ci fu molto chiasso mediatico. Ma
a cose fatte! Incredibilmente, Israele, contro ogni decenza e offendendo
l’intelligenza di tutti, ebbe la faccia di affermare che i suoi soldati –
quelli che, armati fino ai denti, avevano aggredito in acque internazionali le
barche calandosi su di esse dagli elicotteri – erano stati aggrediti ed avevano
risposto all’aggressione per legittima difesa.
Le nostre
voci (cioè di tutti gli attivisti) ebbero molta eco in quelle ore ma non bastò.
Israele poteva contare, allora come ora, su molteplici complicità e benevolenze
mediatiche oltre che sulle complicità di governi amici, tra cui il nostro,
disposti, al più, a rimproverarlo per i suoi “eccessi”, senza mai mettere il
dito sulla vera piaga e cioè l’assedio e l’occupazione militare.
Tra i
brillanti scrittori israeliani e filo-israeliani uno, in particolare, spiccò
per la sua oggettiva intelligenza: Abraham Yehoshua il quale, accusando Israele
per l’azione di quella tragica notte, derubricò il crimine per la strage, oltre
che per l’azione piratesca, a “stupidità israeliana”. Sì, Yehoshua scrisse che
Israele aveva commesso una stupidaggine e questo fece sì che ancora una volta
molte anime belle, belle ma “poco attente”, seguitarono a considerare lo
scrittore come difensore di principi democratici includendo in ciò la difesa
dei diritti violati dei palestinesi! Quanto poco ci vuole a cambiare il corso
di quel fiume che porta il nome di verità!
Due
giorni fa Hedy Eptstein, ormai 93enne, ci ha lasciati. Di lei ricordiamo la
grande forza morale, la stessa che non le impedì di sostenere la causa
palestinese davanti ai soldati di qualunque nazione, compresi quelli del
Missouri che, nonostante la sua età, la ammanettarono e l’arrestarono per aver
osato partecipare ad una manifestazione pro Palestina.
Vittorio,
invece, l’anno successivo alla strage della Mavi Marmara fu ucciso per mano
salafita. Le sue parole e il suo esempio però non sono morti e, con un po’ di
necessaria retorica, vogliamo credere che non moriranno mai.
Intanto
Israele seguita a far crescere – ormai spalleggiato alla grande dal più rozzo
presidente che gli Usa abbiano mai avuto – l’odio di cui necessita per
giustificare le sue azioni criminali ed arrivare all’obiettivo che era già di
Ben Gurion e degli ebrei pre-israeliani, cioè l’annessione di tutta la
Palestina dal Giordano al Mediterraneo.
In tutto
questo continuo stillicidio di vite e accrescimento di odio, una cosa che va
ben oltre la vicinanza al martoriato popolo palestinese si fa prepotentemente
strada. E’ la manifesta inutilità della legalità internazionale che, grazie
alla mancanza di sanzioni verso le continue gravissime violazioni israeliane,
si mostra in tutta la sua pericolosa pochezza.
Al
dolore, che afferisce alla sfera personale, che si prova per empatia con il
popolo oppresso da un infernale meccanismo di potere di cui Israele rappresenta
la parte esecutiva, si aggiunge la grave preoccupazione dovuta
all’annichilimento “di fatto” del Diritto internazionale e del Diritto
universale umanitario, pilastri che avrebbero dovuto sorreggere un mondo che
alla legge della forza sostituiva la legge del diritto. Un mondo provato dalle
tragedie del “900 e che sperava di andare verso “sorti magnifiche e
progressive” ma non teneva conto di quel fiume carsico che è la legge del
capitale il quale, se non si prosciuga, né si irreggimenta, troverà sempre la
possibilità di distruggere quelle colonne che sembravano posare su un terreno
ormai solido.
Del resto
proprio nello stesso periodo in cui quei pilastri si piantavano avveniva la
Nakba, palese e drammatica dimostrazione che il Diritto, se non sanziona, è
solo l’orpello di una democrazia che tende a ridursi a sola parola, ormai
inflazionata e ipocritamente utilizzabile a difesa di situazioni indifendibili.
Se il
Diritto internazionale muore, non sarà il suo simulacro a salvare l’umanità
dalla barbarie. Per questo, anche per questo, è importante chiamare i crimini
israeliani col loro nome e imporre sanzioni necessarie a bloccarne la
reiterazione.
Mentre
scriviamo le barche cariche di feriti stanno andando verso Cipro. Forse, quando
quest’articolo sarà pubblicato, Israele le avrà bloccate [così infatti è stato,
ndr]. Forse no. L’auspicio è che, comunque, il Diritto internazionale riprenda
la funzione per cui è stato emanato.